Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 20-01-2011) 22-02-2011, n. 6531 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza del 3.8.2010, il Tribunale della Libertà di Catanzaro, rigettava l’istanza di riesame proposta da C.A., classe (OMISSIS), avverso l’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere emessa nei suoi confronti dal gip dello stesso Tribunale il 17.7.2010, per i reati di associazione mafiosa e associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti.

Il tribunale collocava i fatti all’interno del contesto criminale del coriglianese, caratterizzato,secondo i giudici territoriali, dall’assenza di una leadership riconosciuta, e dall’esistenza di due fazioni in lotta tra di loro, facenti capo, rispettivamente, a B.M. e Mo.Pi.Sa., il primo legato al gruppo di zingari che verso la fine degli anni 90 erano riusciti a costituire una "locale" autonoma rispetto alla ndrina insediata sullo stesso territorio (i termini "locale" e "ndrina" designano particolari articolazioni organizzative della criminalità organizzata del calabrese); il secondo legato, anche per personali rapporti di familiarità, a vecchi uomini "di rispetto" come G. V. e C.A., e ad Ma.Al., figlio del più noto (OMISSIS), da tempo in carcere per plurime condanne all’ergastolo.

Le due fazioni, in particolare, si sarebbero contese il monopolio del traffico di sostanze stupefacenti, settore di attività che vedeva il Mo. in contatto con fornitori di cocaina dell’area milanese, per il tramite della famiglia Presta di Reggiano Gravina. Il tribunale ricordava che l’esistenza di un’associazione per delinquere di stampo mafioso radicatasi nel coriglianese risultava da numerose sentenze passate in cosa giudicata, la prima emessa dal Tribunale di Rossano il 27.11.1995, che aveva accertato l’affermazione sul territorio della "locale di Carigliano" composta tra gli altri da Ca.

S. detto "il (OMISSIS)", F.G.V., Ma.An., S.D., C.A., M. G., R.T. e ci.gi..

Il gruppo si era emancipato dalla "locale" di Sibari, guidata da c.g., verso la fine degli anni 80, e aveva attratto nella propria sfera di influenza criminale le ndrine di Altomonte, Francavilla, Cassano, Castrovillari, Saracena, Rossano e San Lorenzo del Vallo. Il Ca. aveva riorganizzato le ndrine conquistate ai propri progetti criminali, perseguendo i propri copi con la sistematica eliminazione fisica dei soggetti rimasti fedeli al c., fino ad essere coinvolto in vicende giudiziarie che gli erano costate pesanti condanne e una non più interrotta detenzione.

Gli era succeduto tale Ma., trovatosi però ben presto a fronteggiare l’opposizione interna del F., sfociata nella faida criminale ricostruita dalla sentenza della Corte di Assise di Cosenza del 24.2.2001.

Le tappe successive della faida, nella ricostruzione "giudiziaria" del tribunale, sono oggetto di una sentenza del Dicembre del 2005; al comando della cosca guidata dal Ma., decimata dai processi e dagli arresti, era subentrato, P.N. detto "(OMISSIS)", e il gruppo aveva perso la sua autonomia, cadendo sotto il controllo del locale di Cassano, costituito da A.F. con l’autorizzazione della cosca di Cirò. Uscito dal carcere, F.V. aveva tentato di risollevare le sorti della locale Coriglianese, ma era stato ucciso.

Le indagini più recenti, infine, avevano ricostruito gli affari della cosca coriglianese, impegnata soprattutto in estorsioni in danno di proprietari terrieri attraverso l’imposizione delle guardianie, nella conquista del monopolio della vendita di video- giochi, in fatti di usura ecc…

Il Tribunale si soffermava quindi sulle fonti di prova relative all’assetto organizzativo del sodalizio, tra le quali le attività intercettative, i servizi di ocp, gli arresti, i seqestri di armi e sostanze stupefacenti e, infine, le dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia come R.T., Ci.Gi., Ba.Gi., Ci.An., C.A., Co.

G., A.C. e Cu.Vi..

I giudici esaminavano quindi gli essenziali aspetti organizzativi della cellula criminale in questione rilevando:

quanto alla disponibilità di armi comuni, che essa si desumeva dalle dichiarazioni rese dall’ A. il 10.10.2007 su un viaggio in (OMISSIS) dallo stesso effettuato insieme a M.C. per l’acquisto di armi, una delle quali asseritamente corrispondente quella sequestrata su sua indicazione; riscontrate da quelle di Co.Gi., Ba.Gi. e R.T. e dal contenuto della conversazione n. 170 del 2.11.2008, intercettata nei confronti del D.I. e di tale G., riferita all’uso di una pistola a scopo intimidatorio da parte del Mo.; e della conversazione delle ore 17,47 del 5.10.2008, captata all’interno dell’autovettura in uso a C.P. tra quest’ultimo, l’omonimo zio e Ma.Al., nel corso della quale il Ma. ricordava di avere poco tempo trasportato a (OMISSIS) armi e droga.

Peraltro, la disponibilità di armi era stata clamorosamente confermata, nel tempo, dai sanguinosi agguati che avevano caratterizzato le locali faide criminali. Secondo l’ A. e altri collaboratori, inoltre, la cosca disponeva di una cassa comune alimentata dai proventi delle illecite attività dei sodali e che a sua volta forniva i fondi per il pagamento di spese legali, per l’esercizio di attività usurarie, per l’acquisto di sostanze stupefacenti, per il pagamento degli "stipendi" degli associati ecc….

La cosca sarebbe stata particolarmente attiva anche nel settore del taglieggiamento della attività commerciali e imprenditoriali, attraverso la sistematica imposizione del "pizzo", pratica criminale che oltre che dalle dichiarazioni dei collaboratori risultava dal contenuto di alcune conversazioni intercettate, come quella, già ricordata, n. 170 del 2.11.2008. L’analisi della gravità indiziaria per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, procedeva, nelle valutazioni dei giudici territoriali, dalla considerazione della forma non particolarmente strutturata dell’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti secondo il modello legislativo, e dei molteplici modi dell’esplicazione dell’affectio societatis.

Con riferimento allo specifico gruppo criminale oggetto di una delle imputazioni cautelari, cioè quello che sarebbe stato diretto da Mo.Pi., il tribunale ne riteneva l’esistenza sulla base di molteplici fonti di prova, tra le quali numerose intercettazioni telefoniche, sequestri di droga, arresti, dichiarazioni di collaboratori di giustizia ecc, ricordando tra le altre le dichiarazioni dell’ A..

Prima di procedere all’analisi degli indizi a carico del ricorrente, il tribunale premetteva un’ampia digressione sui principi in materia di valutazione delle propalazioni accusatorie dei soggetti indicati dall’art. 210 c.p.p., e concludeva nel senso di una generale valutazione di attendibilità di tutti i collaboratori di giustizia autori di contributi dichiarativi nel corso delle indagini.

Quanto alla posizione del ricorrente, il tribunale rilevava la sussistenza di gravi indizi di reità a suo carico in ordine ad entrambi i reati associativi oggetto di imputazione. I giudici ricordavano, relativamente al reato di cui all’art. 416 bis c.p., le chiamate in correità del Co., del Cu., dell’ A. del Ci., ritenendole convergenti nel senso dell’attribuzione al ricorrente di un ruolo di primo piano all’interno dell’associazione mafiosa, esplicatosi attraverso la partecipazione a riunioni operative in cui si discuteva della distribuzione degli appalti, con l’assunzione di compiti di esazione del "pizzo", con il mantenimento di rapporti con gli affiliati latitanti ecc…

La partecipazione del ricorrente all’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti veniva desunta dal tribunale in termini di gravità indiziaria dalle dichiarazioni del Co., del Ba., dell’ A. e dal contenuto di alcune conversazioni intercettate, ritenendo i giudici piuttosto chiaro il riferimento dei dialoganti a sostanze stupefacenti, accompagnato in qualche inciso dall’indicazione della "qualità" e della quantità della droga oggetto delle interlocuzioni.

Ricorre il difensore, deducendo il vizio di violazione di legge e il difetto di motivazione del provvedimento impugnato ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b), c), ed e).

Sotto un primo profilo, i giudici territoriali avrebbero illegittimamente utilizzato le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia anche nella parte relativa a quelle rese oltre il termine di centoottanta giorni dalla manifestazione della scelta di collaborazione, in violazione della L. n. 81 del 1992, art. 16 quater, comma 1.

La Corte di merito, inoltre, non avrebbe osservato i criteri di legge per la validazione probatoria delle dichiarazioni rese dai soggetti indicati dall’art. 210 c.p.p., mancando di vagliare l’attendibilità intrinseca ed estrinseca dei vari dichiaranti, e finendo con l’utilizzare impropriamente il criterio della convergenza del molteplice, nonostante i narrati di ciascun collaborante non solo non fossero convergenti, ma si caratterizzassero anzi per numerose contraddizioni interne.

Queste ultime riflessioni sono ulteriormente sviluppate dalla difesa con il secondo motivo di ricorso, con il quale è denunciato il vizio di motivazione del provvedimento ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), in relazione agli artt. 273 e 192 c.p.p., per avere i giudici territoriali ritenuto la gravità indiziaria a seguito di un percorso argomentativo contraddistinto da gravi lacune in ordine all’apprezzamento dell’attendibilità dei dichiaranti, alla valenza individualizzante dei rispettivi contributi e al vaglio dei necessari riscontri.

Anche la tecnica argomentativa del rinvio alle motivazioni dell’ordinanza cautelare sarebbe stata utilizzata dai giudici territoriali oltre i limiti in cui possa ritenersi ammissibile l’integrazione del provvedimento genetico con le valutazioni del tribunale del riesame, non avendo l’ordinanza impugnata dato conto dei rilievi difensivi, nè essendo rilevabile nel provvedimento la meditata ricognizione dei contenuti di quello impugnato.

I denunciati vizi motivazionali sarebbero poi specificamente rilevabili a proposito dell’analisi delle dichiarazioni del Cu. e dell’ A., soprattutto nella parte riferibile ad informazioni de relato, quante volte non sia stata indicata dai dichiaranti la fonte diretta.

Riguardo alle dichiarazioni del Cu. e dell’ A., la difesa rileva peraltro la loro generale inutilizzabilità perchè rese senza l’osservanza delle garanzie previste dall’art. 64, commi 3 e 3 bis, non ancora vigente nella sua attuale formulazione all’epoca degli interrogatori dei due collaboranti, senza che il loro esame fosse stato rinnovato ai sensi della L. 1 marzo 2000, n. 63, art. 26.

Con riferimento alle due fattispecie associative oggetto di contestazione, la difesa dopo avere ribadito l’avviso della inutilizzabilità delle dichiarazioni del Cu. e dell’ A., rileva comunque che mancherebbero del tutto nelle dichiarazioni degli stessi e degli altri collaboranti, indicazione idonee ad evocare l’esistenza delle strutture associative e l’adesione del ricorrente ai programmi delinquenziali di entrambe, così come sarebbe del tutto carente l’indicazione del concreto contributo che il C. avrebbe offerto ai due gruppi criminali.

I giudici territoriali avrebbero inoltre operato un’indebita commistione probatoria nella valutazione della partecipazione del ricorrente ai due gruppi associativi, traendo dalla ritenuta gravità indiziaria della partecipazione del ricorrente all’associazione ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, la conseguenza della sua appartenenza anche all’associazione mafiosa.

La duplicazione delle imputazioni associative sarebbe inoltre in contrasto con la dottrina che segnala il rapporto di specialità reciproca tra il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 e l’art. 416 bis c.p., e l’affermazione della possibilità del concorso tra i due reati violerebbe il principio del ne bis in idem.

Ma anche volendo aderire ai contrari orientamenti giurisprudenziali, occorrerebbe pur sempre la dimostrazione che lo stesso soggetto abbia fatto parte di due associazioni diverse, con riferimento a tutti gli elementi, oggettivi e soggettivi, della condotta di partecipazione.

Ma le risultanze istruttorie indicherebbero, al più, il coinvolgimento del C. in attività "individuali" di spaccio di sostanze stupefacenti.

Le ultime censure difensive attengono alla sussistenza delle esigenze cautelari.

I giudici territoriali non avrebbero tenuto conto del fatto che il ricorrente svolge una onesta attività lavorativa, e che le sue supposte deviazioni criminali non corrispondono ad un radicato stile di vita.

Sarebbe quindi del tutto apodittica la valutazione del pericolo di reiterazione dei reati da parte del Tribunale del riesame, nei confronti di un soggetto che vive una situazione sociale ed economica del tutto normale; e tanto più immotivata la conclusione che il periculum libertatis potrebbe essere fronteggiato, nella specie, solo con la più grave misura custodiale.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Ed invero, quanto alle presunta inutilizzabilità delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, in quanto rese oltre il termine di centottanta giorni dalla manifestazione della volontà di collaborare la questione è stata ormai definitivamente risolta dalla giurisprudenza di legittimità nel senso che il limite non opera nella fase delle indagini preliminari, in particolare ai fini della emissione delle misure cautelari personali e reali, nè nell’udienza preliminare e nel giudizio abbreviato (Corte di Cassazione SEZ. U nr 01149 25/09/2008 Magistris).

Incomprensibile è poi il riferimento della difesa alla L. 1 marzo 2000, n. 63, art. 26, poichè le dichiarazioni dei vari collaboratori citate nel provvedimento impugnato, sono state tutte rese dopo la modifica dell’art. 64 c.p.p. e non nelle situazioni regolate dalla norma transitoria. Per il resto, le deduzioni del ricorrente sono alquanto generiche e assertive. Il Tribunale del riesame ricostruisce in realtà in modo compiuto e approfondito i contesti associativi di riferimento delle condotte di partecipazione attribuite al ricorrente, alla stregua di una più che significativa pluralità di fonti dichiarative, rispetto alle quali i rilievi di inattendibilità della difesa non vanno molto oltre la irrituale citazione per relationem dei motivi formulati con l’istanza di riesame.

E, ciò, senza considerare il concorso di fonti di prova di indubbia genuinità come le intercettazioni telefoniche, che costituiscono uno dei capisaldi argomentativi dell’ordinanza. Non è affatto vero, poi, che i giudici territoriali abbiano operato una sorta di indebita commistione degli elementi di prova riferibili all’una o all’altra associazione, dal momento che l’inserimento del ricorrente nell’associazione mafiosa è dedotto tra l’altro sulla base delle indicazioni del suo coinvolgimento nelle attività estorsive della cosca coriglianese, e la sua partecipazione all’associazione ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, dallo specifico riferimento a traffici di droga.

Quanto alla non meglio identificata dottrina che negherebbe la possibilità del concorso tra le due forme di associazione, essa sarebbe comunque non condivisibile. Le vaghe deduzioni difensive su presunti stili di vita del ricorrente conformi alle regole del normale vivere sociale, non sono infine in nessun modo idonee a vincere la presunzione di pericolosità connessa ad entrambi i titoli associativi, che impone, in assenza di concrete indicazioni contrarie, l’applicazione della più grave misura custodiale.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende della somma di Euro 1000,00, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità. Il cancelliere dovrà provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende della somma di Euro 1000,00; manda al cancelliere per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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