T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 16-02-2011, n. 271 Illeciti e sanzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La S.P. S.r.l., che gestisce un albergo di proprietà all’insegna "H.S.", con sede in un immobile storico vincolato in Gardone Riviera, ha ricevuto il decreto meglio indicato in epigrafe, che applica la sanzione indicata "vista la nota n°5647/5573 del 25 giugno 1997, con la quale il Soprintendente per i beni ambientali e architettonici di Brescia ha quantificato… la sanzione pecuniaria per opere non ripristinabili realizzate in violazione della legge sulla tutela nell’immobile suindicato" (doc. 1 ricorrente, copia provvedimento impugnato).

La S., premettendo in fatto di avere inutilmente richiesto per iscritto copia della nota in parola (doc. 2 ricorrente, copia richiesta), impugna il decreto stesso sulla base di tre motivi:

– con il primo di essi, deduce violazione dell’art. 3 della l. 7 agosto 1990 n°241, in quanto la motivazione del provvedimento non consentirebbe di ricostruire le ragioni che hanno portato a emanarlo;

– con il secondo motivo, deduce eccesso di potere per travisamento dei fatti. In proposito, premette in sintesi che sull’immobile sede dell’albergo sono stati effettuati lavori di ristrutturazione e ampliamento, che la Soprintendenza, ritenendo una difformità dalle autorizzazioni rilasciate, aveva sospeso con due distinti provvedimenti, entrambi impugnati in sede giurisdizionale e annullati con sentenza di questo TAR 15 febbraio 2001 n°74, passata in giudicato (cfr. copia di essa allegata alla memoria del ricorrente 3 dicembre 2010). Afferma allora che, ammesso e non concesso che la sanzione si riferisca alla stessa vicenda, essa sarebbe a maggior ragione illegittima, dato che la correttezza del proprio operato è stata riconosciuta nella sentenza citata;

– con il terzo motivo, deduce infine violazione dell’art. 131 del d. lgs. 29 ottobre 1999 n°490, per esser stato l’importo della sanzione determinato senza la previa necessaria offerta all’obbligato.

Si è costituita l’amministrazione intimata con atto 25 ottobre 2000, domandando la reiezione del ricorso.

La Sezione all’udienza del giorno 12 gennaio 2011, dopo che il difensore della ricorrente ribadiva ai sensi dell’art. 82 c.p.a. l’interesse in proposito, tratteneva il ricorso in decisione.
Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso è fondato e assorbente. In termini generali, è del tutto noto che la motivazione di un qualunque provvedimento amministrativo deve consentire di in modo agevole di ripercorrere il percorso logico seguito nell’emanare il provvedimento stesso: sul principio, si veda per tutte C.d.S. sez. V 11 novembre 2005 n°6347. La regola è intesa in modo ampio, nel senso che la motivazione si considera presente in tutti i casi in cui anche "a prescindere dal tenore letterale dell’atto finale, i documenti dell’istruttoria offrano elementi sufficienti ed univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete ragioni… della determinazione assunta", come affermato di recente da C.d.S. sez. IV 10 maggio 2005 n°2231; rimane fermo però che tale ricostruzione deve essere possibile, e non meramente ipotetica o congetturale.

2. L’onere di motivazione poi, come previsto in modo espresso dall’art. 3 della l. 7 agosto 1990 n°241, può essere assolto anche con il rinvio esplicito ad uno degli atti del procedimento, cd. motivazione per relationem: come dispone il comma 3 dell’articolo in questione, infatti, "se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell’amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest’ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma della presente legge, anche l’atto cui essa si richiama". In proposito, come ha chiarito la giurisprudenza, l’atto richiamato deve essere offerto in copia o per lo meno in visione, e ciò su istanza di parte, si che non può dolersi di un difetto di motivazione chi non possa provare di avere richiesto l’accesso all’atto e di non essere stato in ciò soddisfatto: così sul punto C.d.S. sez. IV 24 dicembre 2007 n° 6653 e 20 ottobre 2000 n° 5619.

3. Nel caso di specie, il provvedimento impugnato, come detto in narrativa, non spiega in alcun modo quali sarebbero le "opere non ripristinabili" asseritamente abusive per le quali applica la sanzione, limitandosi a rinviare ad una "nota n°5647/5573 del 25 giugno 1997" del Soprintendente per i beni ambientali e architettonici di Brescia. Di tale nota, la ricorrente asserisce di avere richiesto copia mediante raccomandata 29 settembre 2000 (doc. 2 ricorrente, copia testo relativo), che non avrebbe avuto risposta: a fronte di ciò, sta di fatto che il punto specifico non è stato contestato dall’amministrazione costituita, né la copia della nota è stata in alcun modo prodotta agli atti.

4. In tali termini, non sono ricostruibili le ragioni che hanno portato ad emanare il provvedimento impugnato, restando una pura ipotesi quella formulata dalla ricorrente, ovvero che esso si riferisca in qualche modo alle opere asseritamente abusive per le quali la citata Soprintendenza ha emanato i provvedimenti di sospensione impugnati con il ricorso n°269/97 R.G. di questo Tribunale. E’ però appena il caso di notare che, se così fosse, le conclusioni da raggiungere nella presente sede, non cambierebbero, dato che nel giudizio citato tali provvedimenti di sospensione sono stati annullati con sentenza della Sezione 15 febbraio 2001 n°74, passata in giudicato, la quale ha ritenuto la legittimità delle opere stesse (v. copia prodotta dalla ricorrente, ove anche gli estremi del ricorso). E’ quindi evidente che, in ogni caso, non si potrebbe irrogare una sanzione per opere legittimamente realizzate: il provvedimento impugnato va comunque annullato.

5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto:

a) annulla il decreto 18 maggio 2000, con il quale il Ministero per i beni e le attività culturali, Ufficio centrale per i beni archeologici, architettonici, artistici e storici ha irrogato alla ricorrente una sanzione pecuniaria di Lit. 16.909.700;

b) condanna l’amministrazione intimata a rifondere alla S.P. S.r.l. le spese del giudizio, spese che liquida in Euro 1.000 (mille/00) oltre accessori di legge, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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