Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 13-01-2011) 22-02-2011, n. 6556 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.A. è stato condannato dalla Corte d’Appello di Catanzaro, con sentenza in data 24.6.2008, alla pena complessiva di anni 11 di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa.

Il predetto ha proposto ricorso avverso la suddetta sentenza e la Corte di Cassazione, con sentenza in data 1.10.2009, ha rigettato l’impugnazione.

Tra i motivi di ricorso, la difesa di M. aveva eccepito l’inutiiizzabilita delle intercettazioni ambientali disposte all’interno dell’autovettura di S.D. e delle successive intercettazioni effettuate nel carcere di (OMISSIS) (cfr. paragrafo 3 della sentenza).

I suddetti motivi sono stati ritenuti infondati dalla Corte.

Con ulteriori motivi (cfr. paragrafo 4 della sentenza) la stessa difesa aveva eccepito, sotto altro aspetto, l’inutilizzabilità delle intercettazioni, sostenendo che le stesse erano state disposte in assenza dei gravi indizi di reità che devono essere posti a base dell’attività di intercettazione. La Corte ha ritenuto infondati anche questi motivi di gravame affermando, tra l’altro, quanto segue:

"I rilievi sulla interpretazione delle conversazioni intercettate, sul rilievo dimostrativo del loro contenuto, sul metodo valutativo delle dichiarazioni dei chiamanti in correità, sulla ricostruzione dei fatti d’estorsione, sulla valutazione del ruolo apicale nell’associazione mafiosa assegnato al ricorrente, sulla sussistenza dell’aggravante della L. n. 203 del 1991, ex art. 7 da un lato, ripetono critiche già espresse nei motivi d’appello e respinte dalla corte territoriale con apparato argomentativo strettamente correlato alle risultanze processuali ed esposto con impeccabile linearità logico-giuridica; dall’altro, costituiscono …".

M.A. ha presentato a questa Corte ricorso straordinario, ex art. 625 bis c.p.p., sostenendo l’erroneità dell’affermazione che i difensori si fossero limitati a ripetere critiche già espresse nei motivi d’appello e respinte dalla Corte territoriale.

Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello di Catanzaro, su precise e puntuali contestazioni della difesa, non aveva affatto motivato, come era stato specificato nei motivi di ricorso; in particolare si era specificato in questi motivi che la Corte territoriale si era limitata a richiamare quanto dedotto dal Tribunale, senza prendere in esame i motivi d’appello, e che aveva disatteso totalmente le evidenze processuali, non preoccupandosi di motivare su un punto chiarissimo della vicenda che, dando credito alla ricostruzione del Tribunale, avrebbe visto estromesso M.A. dalla vicenda per la quale era imputato.

Quindi la Corte di Cassazione aveva omesso di valutare, per superficialità, specifici motivi di doglianza riguardanti "una clamorosa mancanza di motivazione della sentenza della Corte d’Appello".
Motivi della decisione

Il ricorso è palesemente inammissibile.

L’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto del rimedio previsto dall’art. 625-bis c.p.p. consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di Cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso (V. Sez. U. sent. N. 16103 del 27.3.2002, Rv. 221280). L’omesso esame di un motivo di ricorso non da causa ad errore di fatto, nè determina incompletezza della motivazione della sentenza, quando, pur in mancanza di espressa disamina, la censura debba considerarsi implicitamente disattesa perchè incompatibile con la struttura e l’impianto della motivazione nonchè con le premesse, logiche e giuridiche, che compendiano la ratio decidendi della sentenza (V. Sez. 4 sent. N. 34156 del 21.6.2004, Rv. 229099).

Il ricorrente lamenta che la Corte di Cassazione abbia erroneamente ritenuto che la Corte di Appello di Catanzaro aveva risposto alle doglianze esposte nei motivi d’appello presentati dall’imputato, ma non ha indicato nè quali motivi la Corte territoriale avrebbe omesso di esaminare, nè su quale motivo specifico vi sarebbe stato un equivoco o una svista da parte del Supremo Collegio.

Risulta peraltro evidente che il ricorrente, con il ricorso in esame, non ha fatto altro che criticare il complessivo giudizio espresso nella sentenza sui rilievi contenuti nei motivi aggiunti. Il ricorso è pertanto inammissibile non solo perchè non vi è alcuna specifica indicazione della svista o dell’equivoco in cui sarebbe incorsa la Corte, ma anche perchè esula dall’invocato istituto la deduzione di un qualsivoglia errore di giudizio.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione (Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 2000), al versamento della somma alla Cassa delle Ammende indicata nel dispositivo, ritenuta congrua da questa Corte.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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