Cass. civ. Sez. III, Sent., 05-04-2011, n. 7726 Danno

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La Firs S.p.A, impugna la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro, depositata il 24 agosto 2005, la quale sui punti che qui rilevano: a. ha, anzichè condannato, dichiarato la Firs tenuta al pagamento della somma indicata dal primo giudice s titolo di risarcimento danni; b. ha rigettato gli altri motivi di appello tra cui quello relativo alla mancata dimostrazione del danno patrimoniale da lucro cessante.

L’assicuratrice Firs propone due motivi di ricorso; resistono il M., con controricorso, in cui deduce l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza dei motivi, e l’Assitalia con controricorso "adesivo". Entrambi i resistenti hanno depositato memoria.

Infondata si rivela la prima censura – con cui la compagnia lamenta violazione della L. n. 990 del 1969, art. 25, comma 2, artt. 19 e 21 ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione – perchè, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, la Corte d’Appello ha, accogliendo la deduzione della stessa compagnia, ritenuto che l’apertura della liquidazione coatta impedisse l’adozione di una pronuncia di condanna nei confronti della stessa, ma ha, in maniera altrettanto corretta, aggiunto che la decisione di condanna nei confronti di società ammessa alla procedura concorsuale equivale ad una sentenza di accertamento del credito da iscrivere al passivo (si veda, sul punto, Cass. n. 23298/04) e, in dispositivo, chiaramente e senza contraddizioni con la riferita motivazione, ha dichiarato la compagnia stessa tenuta al relativo pagamento. Sia il dispositivo eh la motivazione sono, infatti, conformi al consolidato orientamento di questa S.C., secondo cui nell’ipotesi di sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa in corso di causa (come nella specie) dell’impresa assicuratrice del danneggiante, l’impresa designata per la liquidazione dei sinistri per conto del Fondo di garanzia delle vittime della strada diviene passivamente legittimata nel giudizio intrapreso dal danneggiato contro la compagnia assicuratrice del danneggiante, ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 19, lett. c) mentre lo stesso giudizio, se prosegue anche nei confronti degli organi della procedura concorsuale e venga poi definito con una sentenza di accoglimento della domanda del danneggiato, implica che il giudice è tenuto ad emettere, nei confronti dell’impresa in liquidazione coatta amministrativa, una pronuncia con valore di mero accertamento del credito, essendo preclusa, ai sensi degli artt. 51, 52 e 201, L. Fall., una pronuncia di condanna (Cass. n. 18192 e 1190/07; 19150 e 4874/05; 5731/04;

6820/01).

Il ricorrente col secondo motivo deduce: violazione dell’art. 112 c.p.c. e L. n. 39 del 1977; motivazione illogica, insufficiente;

omessa motivazione e difetto assoluto di motivazione ex art. 132 c.p.c.. Nel nucleo centrale della censura, si duole che la Corte territoriale avrebbe erroneamente confermato il criterio di calcolo del triplo della pensione sociale, adottato in primo grado, nella liquidazione del danno da lucro cessante, non essendo impiegabile detto criterio sussidiario mancando qualsiasi prova circa l’effettiva sussistenza del danno. Al riguardo, la Corte d’Appello ha affermato che, in base alla documentazione in atti (attestato della Commissione Artigianato) il M. aveva iniziato l’attività di barbiere il (OMISSIS), pochi giorni prima dell’incidente ((OMISSIS)), sicchè non poteva considerarsi ingiustificato ed arbitrario il ricorso del Tribunale a criteri equitativi (triplo della pensione sociale rapportato al coefficiente dell’età dell’infortunato, alla percentuale d’invalidità ed allo scarto tra vita fisica e lavorativa) per la determinazione del mancato guadagno da riduzione della capacità lavorativa specifica.

La censura è infondata sotto ogni profilo. La motivazione sul punto esiste, non è meramente apparente e da congruamente conto degli apprezzamenti effettuati dalla Corte territoriale, in ordine, da un lato, all’attività svolta dall’infortunato ed alla motivata mancanza di una prova specifica del relativo reddito (perchè intrapresa poco prima del sinistro) e, dall’altro, dei parametri ai quali è stato rapportato il criterio equitativo correttamente adottato. Infatti, la sentenza impugnata ha fatto buon governo del consolidato orientamento di questa S.C., secondo cui, in materia di risarcimento dei danni a seguito di incidente stradale, una volta ritenuta provata l’attività lavorativa svolta dal danneggiato e la compromissione della medesima (quindi l’an debeatur), in mancanza di una prova specifica del di lui reddito, si può correttamente fare ricorso ai criteri di quantificazione del danno indicati dalla L. 26 febbraio 1977, n. 39, art. 4 (Cass. n. 17179/07; 1120/06; 10026/04).

Stante la loro genericità e la formulazione in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione si rivelano inammissibili le altre censure prospettate nella parte finale del secondo motivo, circa la sussistenza del presupposto per la liquidazione del danno morale e sulla quantificazione del danno biologico e degli interessi. Si deve, invero, ribadire che, in tema di contenuto del ricorso per cassazione, poichè la finalità della norma di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4 è quella di assicurare che il ricorso presenti l’autonomia necessaria a consentire, senza il sussidio di altre fonti, l’immediata e pronta individuazione delle questioni da risolvere, sono inammissibili i motivi che, anzichè precisare le ragioni delle proposte censure, si esauriscano in una generica postulazione di erroneità della sentenza impugnata e nella conseguente istanza di cassazione (Cass. 20 novembre 2003 n. 17627).

Inoltre, diversamente da quanto praticato dalla ricorrente, quando si denuncia il difetto di motivazione, oltre alla precisazione del punto della controversia al quale detto vizio si riferisce, è necessaria anche l’indicazione delle questioni che si assumono obliterate nella sentenza, senza che sia sufficiente il richiamo generico a deduzioni e difese svolte davanti ai giudici di merito (Cass. 25 luglio 2002 n. 10945).

Ne deriva il rigetto del ricorso. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza nei rapporti tra la Firs ed il danneggiato;

considerato l’esito della lite, in relazione alle comuni tesi sostenute, vanno compensate quelle tra la Firs e l’Assitalia.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento nei confronti del M. delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 8.700=, di cui Euro 8.500= per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge. Compensa le spese tra la Firs e l’Assitalia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *