Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 13-01-2011) 22-02-2011, n. 6494 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 6 settembre 2010, il Tribunale di Trento, sezione penale, dichiarata l’incompetenza territoriale, Sussistendo quella dell’Autorità giudiziaria di Milano, confermava nel resto l’ordinanza del GIP in sede, con la quale era stata disposta la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di A. A. in ordine ai delitti di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e art. 74 nn. 3 e 4, art. 80.

Il Tribunale, rammentato che l’ ordinanza del 18 gennaio 2010, applicativa della misura era stata annullata con rinvio con sentenza di questa Corte, 6A sezione penale, ripercorreva i risultati delle indagini compiute, principalmente tramite attività di intercettazione telefonica che consentiva di individuare l’esistenza di un’associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti del tipo cocaina ed eroina facente capo a B.A., che si avvaleva di vari esercizi pubblici per gli incontri con gli acquirenti "(fra i quali il bar " (OMISSIS)", corrente in (OMISSIS), gestito K.A.).

I diretti fornitori venivano identificati in Z.R. ed H.H., il primo dei quali in grado di concludere transazioni per rilevanti quantitativi di sostanze stupefacenti tramite altro gruppo facente capo a C.M.. I contatti telefonici con questi e tali M. e R.M. consentivano l’arresto in flagranza da parte della G.diF. di Catanzaro in data 25.5.2008 di D.N.C. e da parte dei CC ROS di Milano, in data 22.4.2008, di A.M. e S. H..

Dalle intercettazioni sulle utenze in uso a F.L., collaboratore di Z., emergeva il contatto con personaggi dell’area garganica capeggiati da A.A. nonchè l’esistenza di altri gruppi operanti in Val d’Aosta e in Francia.

La complessa struttura associativa si avvaleva di forte coesione, principalmente su base etnica (magrebina), di mezzi operativi (telefoni, autovetture, appartamenti ed altri luoghi, documenti contraffatti ed armi da fuoco, disponibilità di danaro liquido consegnato in "conto vendita" in occasione dei vari viaggi da parte di sodali nei mercati di approvvigionamento). L’appartenenza di A.A. alla compagine associativa era provata dai contatti telefonici con Z.R., dagli acquisti effettuati a (OMISSIS) per il successivo smercio nel mercato pugliese, avvalendosi di due collaboratori ( N.A. e P.M.).

In particolare si rammentavano tre episodi in particolare li trattative per l’acquisto di sostanza stupefacente per il quale era stata anticipata la somma di Euro 300.000,00.

Sussisteva la competenza territoriale del Tribunale di Milano, perchè in tale città era realizzata una parte dell’attività tipica dell’associazione e il luogo dove stabilmente risiedevano ed operavano i capi dell’associazione.

Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’indagato, a mezzo dei difensori, che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi: – violazione dell’art. 627 c.p.p., comma 3 nonchè mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione in ordine al reato di partecipazione all’associazione per delinquere, perchè la Corte di Cassazione, con la sentenza di annullamento dell’ordinanza del Tribunale di Trento del 12.3.2010, aveva indicato il principio di diritto, costituito dalla individuazione dei criteri distintivi tra il delitto di associazione per delinquere e il concorso di persone nel reato continuato, al quale il giudice del rinvio avrebbe dovuto attenersi. Il Tribunale, dopo essersi intrattenuto a lungo per dimostrare l’esistenza di un’associazione per delinquere ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, relativamente alla posizione di A. si è limitato ad affermare l’esistenza di intercettazioni da cui emergono "tre episodi di carattere organizzativo attinenti all’acquisto e alla cessione di stupefacenti" dai quali si evince il contatto tra A. e Z. per il tramite di N. e P., con reiterazione dell’errore già censurato dalla S.C..
Motivi della decisione

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perchè proposto avverso ordinanza del Tribunale che ha contemporaneamente dichiarato l’incompetenza territoriale del GIP. Ed invero una volta dichiarata l’incompetenza territoriale del giudice che ha disposto la misura e trasmessi gli atti al giudice ritenuto competente è soltanto possibile, ex art. 27 c.p.p., che la misura sia nuovamente adottata da quest’ultimo entro il termine di venti giorni e lo "status libertatis" dell’indagato trova la propria regolamentazione nel secondo titolo, ovvero che la misura non sia nuovamente e tempestivamente disposta e, in tal caso, quella originaria perde efficacia. Ne deriva che in entrambi i casi l’indagato ha interesse ad impugnare l’ordinanza originaria solo ai fini della previsione di cui all’art. 314 c.p.p. (riparazione per l’ingiusta detenzione) deducendo la mancanza di gravi indizi di colpevolezza, mentre ogni ulteriore censura è da ritenersi preclusa essendo nel primo caso ormai priva di incidenza la pregressa ordinanza e nel secondo ormai estinta la misura (Cass. Sez. 5, 2.2.2006 n. 4270; Casa. Sez. 5, 18.7.2007 n. 28563; Cass. Sez. 6, 29.7.2008 n. 31801).

Il ricorrente deve essere in conseguenza condannato al pagamento delle spese processuali e della somma, che in ragione dei motivi di inammissibilità, si stima equo liquidare in Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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