Cass. civ. Sez. III, Sent., 05-04-2011, n. 7713 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. S.A. otteneva dal Tribunale la condanna dei coniugi F.A. e Si.Ma.Ca. al pagamento in suo favore di circa L. 6 milioni per l’esecuzione di lavori di imbianchino e similari.

In parziale accoglimento dell’appello proposto dai coniugi F., il giudice di secondo grado condannava questi ultimi al pagamento di circa Euro 400,00 (sentenza del 16 settembre 2008).

Avverso la suddetta sentenza gli eredi di S.A. hanno proposto ricorso per cassazione, con quattro motivi corredati da quesiti.

Hanno resistito con controricorso i coniugi F..

2. La sentenza impugnata ha posto alla base del rapporto di prestazione d’opera, intercorso tra le parti, la scrittura privata manoscritta del 4 aprile 1982, prodotta dai coniugi, nella quale erano individuate le opere da eseguirsi, il prezzo per metro quadro e le modalità di pagamento.

Constatato il riconoscimento della sottoscrizione, apposta sul terzo foglio, da parte dello S., la sentenza ha ritenuto, senza attribuire valore al generico disconoscimento del contenuto fatto dallo S., utilizzabile l’intero contenuto sulla base del principio consolidato, secondo cui: "In ipotesi di dichiarazione sottoscritta, pur se contenuta in più fogli dei quali solo l’ultimo firmato, poichè la sottoscrizione, ai sensi dell’art. 2702 cod. civ., si riferisce all’intera dichiarazione e non al solo foglio che la contiene, la scrittura privata deve ritenersi valida ed efficace nel suo complesso, rimanendo irrilevante la mancata sottoscrizione dei fogli precedenti, con la conseguenza che, al fine di impedire che l’intero contenuto della scrittura faccia stato nei confronti del sottoscrittore, quest’ultimo ha l’onere di proporre querela di falso". (Cass. n. 4886 del 2007).

Quindi, il giudice ha determinato l’importo dovuto dai coniugi allo S. come pari a circa 4.300,00, risultante dalla considerazione del prezzo unitario individuato in contratto per i lavori effettuati, aggiungendo – secondo lo stesso prezzo – le opere realizzate, anche se non concordate in contratto, e diminuendo l’importo dal costo di accessori, concordati e non realizzati (il tutto sulla base della consulenza tecnica).

Infine, all’importo così determinato, il giudice ha sottratto l’importo del debito estinto mediante pagamenti. Dei sei assegni prodotti dai coniugi, al fine di dimostrare l’estinzione del debito (esclusi due che la stessa F. aveva riconosciuto versati alla moglie di S. per diversa causa) ne ha ritenuto utili quattro: – per aver ammesso lo S. di averli ricevuti – anche se per altra causa, rimasta, però, non specificata e non provata; – in applicazione del principio, ex art. 1193 c.c., secondo cui se il debitore dimostri di aver corrisposto una somma idonea a estinguere il debito, spetta al creditore, il quale sostenga che il pagamento debba imputarsi ad altra causa, dimostrare l’esistenza di quest’ultima; non avendo il creditore a ciò assolto; – non potendosi ritenere operante il limite all’operatività del suddetto principio stabilito dalla giurisprudenza di legittimità rispetto al pagamento con assegni, atteso che, nella specie, gli assegni risultano emessi in data del tutto contestuale all’epoca di svolgimento dei lavori e la loro negoziazione corrisponde sostanzialmente all’esecuzione programmata in ordine a tempi e modalità di pagamento.

3. I primi tre motivi concernono la parte della sentenza che riguarda l’imputazione di pagamento dei quattro assegni. Nella rubrica, tutti e tre i motivi denunciano la violazione delle stesse norme ( artt. 1218, 2697, 1193, 1813 e 2225 c.c.). Il secondo, denuncia, anche, omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su fatti controversi e decisivi; il terzo, anche, l’intero R.D. n. 1736 del 1933. I motivi si concludono con undici quesiti (il primo), con sette momenti di sintesi in ordine al profilo della motivazione (il secondo), con due quesiti (il terzo). Il quarto motivo, che investe la prima parte della sentenza, con la quale si riconosce valore probatorio al contenuto della scrittura e si afferma che sarebbe stata necessaria querela di falso, denuncia la violazione delle stesse norme ( artt. 1218, 2697, 1193, 1813 e 2225 c.c.) di cui ai primi tre motivi, con l’aggiunta dell’art. 2702 c.c., si conclude con due quesiti.

Tutti i motivi sono inammissibili, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., per inadeguatezza dei quesiti ad individuare univocamente le specifiche censure mosse alla sentenza impugnata. In questa direzione concorrono: la formulazione di distinti e plurimi quesiti di diritto in esito all’illustrazione di un unico motivo, senza che la disarticolazione corrisponda a diverse e concorrenti violazioni di legge e senza che possano isolarsi, all’interno dei plurimi quesiti, censure che trovino idoneo riscontro nell’illustrazione del complesso motivo e nella rubrica (per l’ammissibilità in presenza di tali condizioni cass. n. 13868 del 2010; cass. n. 5624 del 2009); – l’astrattezza e la genericità dei quesiti, scollegati da pertinente nesso di collegamento con la fattispecie decisa; – l’inidoneità di sette momenti di sintesi, rispetto alla motivazione della sentenza, a concretizzare una esposizione chiara e sintetica dei fatti controversi, in relazione ai quali la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione; – la non corrispondenza tra illustrazione del motivo e norme di diritto richiamate in rubrica, accentuata dalla ripetizione delle stesse norme in tutti i motivi, salvo l’aggiunta di altre, tra cui il richiamo di un intero testo normativo; condizione, che non rende univocamente comprensibili le questioni di diritto che i ricorrenti avevano intenzione di sottoporre al sindacato di legittimità.

Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti, eredi di S.A., al pagamento, in favore F.A. e Si.Ma.Ca., delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 1.400,00, di cui Euro 200,00, per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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