Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 13-01-2011) 22-02-2011, n. 6473

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 7 aprile 2010, la Corte d’Appello di Torino, 3A sezione penale, in parziale riforma della sentenza del GIP del Tribunale in sede appellata da E.R., E.F.R. e N.A., con la quale questi erano stati dichiarati colpevoli di concorso in cinque delitti di rapina aggravata, due delitti di lesioni personali volontarie, porto ingiustificato di oggetti atti ad offendere nonchè ricettazione di autovettura provento di furto e (il solo E.F.) resistenza a pubblici ufficiali, riqualificava per gli ultimi due il reato di ricettazione in furto aggravato; confermava nel resto la decisione impugnata con la quale erano stati condannati il primo alla pena di quattro anni di reclusione ed Euro 1000,00 di multa con interdizione dai pubblici uffici per cinque anni, il secondo alla pena di sei anni un mese di reclusione ed Euro 1640,00 di multa, il terzo alla pena di sei anni dieci giorni di reclusione ed Euro 1400,00 di multa, con interdizione perpetua dai pubblici uffici e interdizione legale per la durata della pena per gli ultimi due.

Contro tale decisione hanno proposto distinti ricorsi gli imputati, che ne hanno chiesto l’annullamento per i seguenti motivi:

1) E.R., a mezzo del difensore avv. Salvo Lo Greco:

– a norma dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) in relazione all’art. 192 c.p.p. e motivazione illogica e apparente perchè il giudizio di responsabilità in ordine alla rapina di cui al capo A si è fondato solo su un riconoscimento effettuato dalla persona offesa a distanza di tempo previa visione di una fotografia, con margine di incertezza;

– motivazione illogica e travisamento del fatto in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, sul presupposto della mancanza di resipiscenza, laddove l’imputato si è dichiarato estraneo ai fatti;

2) E.F.T., a mezzo del difensore avv. Elena Speranza:

– mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza dei reati di cui ai capi A e B, essendo la sentenza impugnata per relationem senza tenere conto delle contraddizioni in cui è incorsa la persona offesa, dell’incompatibilità delle lesioni repertate in relazione alla denunciata violenza dell’aggressione, della inaffidabilità del riconoscimento fotografico. E’ stata inoltre travisata la prova laddove si afferma che si tratta di rapine commesse da tre persone a bordo di un’ auto con intervento fisico di uno solo, circostanza dalla quale la Corte desume l’identità sostanziale delle condotte, laddove il fatto del (OMISSIS) è stato commesso con modalità diverse; – mancanza di motivazione in ordine alle ragioni per le quali, nonostante la derubricazione del delitto di ricettazione in furto non si è operata alcuna riduzione di pena;

3) N.A., a mezzo del difensore avv. Vincenzo L. Colluccio a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b):

– in relazione al reato di cui all’art. 110 c.p., art. 628 c.p., commi 1 e 3 e di cui agli artt. 582 e 585 c.p. in relazione all’art. 576 c.p., n. 1, art. 61 c.p., n. 2 e art. 110 c.p. in riferimento all’art. 530 c.p.p. perchè per i fatti di cui al (OMISSIS) per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto l’imputato colpevole dei delitti di cui ai capi A e B sulla base di riconoscimento fotografico con grado di certezza limitato, per rapina commessa con modus operandi diverso rispetto alle altre rapine;

– in relazione al mancato riconoscimento delle attenuante generiche tenuto conto della giovane età e dell’incensuratezza nonchè dell’ammissione della propria responsabilità per gli altri reati;

– mancanza di motivazione in relazione alla determinazione della pena per la continuazione; – erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 163 c.p. per la mancata concessione della sospensione condizionale della pena.
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo i tre ricorsi, ancorchè formalmente articolati in maniera diversa (come mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ovvero come violazione di legge) svolgono argomenti comuni in ragione della ritenuta carenza di prova per inaffidabilità del riconoscimento fotografico, effettuato con un margine di certezza pari all’80%, ovvero denunciano asserita contraddittorietà delle versioni accusatorie della denunciante, per le diverse modalità di esecuzione della rapina di cui al capo A) rispetto alle altre ascritte a N. e E.F., ma finiscono tutti con il sollecitare una diversa valutazione di natura fattuale, come tale non consentita in questa sede, senza criticare in maniera specifica la sentenza impugnata, che ha ampiamente giustificato il convincimento di attendibilità sia delle dichiarazioni della denunciante sia del riconoscimento operato, ancorchè a mezzo di fotografie, ma accompagnato da descrizione degli aggressori i cui dati somatici sono stati ritenuti corrispondenti a quelli degli odierni ricorrenti. La sentenza ha altresì valorizzato lo stato di turbamento della vittima per effetto delle intimidazioni subite sia contestualmente all’aggressione, sia successivamente allorchè parenti e amici di E. e E.F. le chiedevano di ritrattare le accuse, promettendole in cambio danaro, dichiarazioni queste ultime riscontrate dalle verifiche sui tabulati telefonici e dal contenuto delle corrispondenza oggetto di sequestro. Tali passaggi argomentativi non sono stati oggetto di critica alcuna e quindi valgono come giustificazione della decisione adottata. Per N. il difetto del suo coinvolgimento nel tentativo di subornazione della teste non elimina la congruità della valutazione operata dai giudici di merito sull’attendibilità del riconoscimento, il cui margine di incertezza è stato giustificato dallo stato di agitazione conseguente alla violenza dell’aggressione e alle minacce espresse.

La denuncia di travisamento della prova (ricorso di E.F.) è manifestamente infondata perchè il passaggio argomentativo oggetto di critica (pag. 13) va confrontato con altro passaggio della sentenza (pag 8) laddove essa si occupa delle rapine ascritte ai soli E.F. e N., rapine che sono state messe a segno con le medesime modalità da due persone, con analoghe distinzioni dei ruoli. L’erroneità del passaggio argomentativi oggetto di critica (quello a pag. 13) pertanto non è determinante, anche perchè sviluppato come argomento residuale, rispetto al convincimento già giustificato in ragione della ritenuta piena attendibilità del riconoscimento operato dalla vittima della rapina di cui al capo A) e delle lesioni sub B).

2. Il secondo motivo di ricorso, nell’interesse di E., è infondato, perchè le attenuanti generiche sono state negate non solo "per la pluralità dei fatti commessi" (pluralità che sussiste anche per il ricorrente, in quanto chiamato a rispondere anche del delitto di lesioni personali volontarie aggravate) ma anche per la "gratuita violenza alla M.", per la gravità dei danni psicologici arrecati alla vittima nonchè per l’assenza di resipiscenza. Di tali argomenti solo l’ultimo è stato oggetto di critica, ma con rilievo che richiama la strategia difensiva del ricorrente, che non ha ammesso la sua responsabilità, laddove proprio la mancanza di ammissione della responsabilità, a fronte di un compendio probatorio ritenuto esaustivo, è stata oggetto di valutazione negativa.

3. Il secondo motivo di ricorso nell’interesse di E.F. è manifestamente infondato. Innanzi tutto la richiesta di derubricazione, formulata con l’appello, non era accompagnata da quella di riduzione di pena. La sentenza si limita conclusivamente a dire che il trattamento sanzionatorio è congruo. Nessuna spiegazione aggiuntiva invero andava fornita perchè lo stesso appellante aveva rappresentato che il furto, del quale aveva confessato la commissione, era avvenuto in tempo di notte e l’autovettura sottratta era parcheggiata sulla pubblica via. Trattando di furto doppiamente aggravato, la pena edittale è superiore sia nel minimo che nel massimo a quella prevista per la ricettazione.

4. I residui motivi di ricorso nell’interesse di N. sono inammissibili, perchè formulati (quanto alla pretesa violazione dell’art. 62 bis c.p.) con riferimento a condizioni di natura fattuale (eccessività della pena, giovane età e incensuratezza, ammissione), come tali non valutabili in questa sede di legittimità, tenuto conto dei limiti di cognizione imposti dall’art. 606 c.p.p.;

ovvero perchè formulati (quanto alla pretesa violazione dell’art. 81 c.p.) in maniera generica attraverso il semplice rilievo secondo il quale "i reati, connessi e funzionali l’uno all’altro, avrebbero dovuto essere sanzionati con pena quantitativamente minore", ma senza spiegare le ragione di tale richiesta. La doglianza è cioè proposta in violazione dell’art. 581 c.p.p., lett. c), che impone che ogni richiesta sia giustificata dall’indicazione specifica delle ragioni di diritto (e degli elementi in fatto) a sostegno della richiesta stessa, violazione sanzionata con l’inammissibilità dall’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c; perchè manifestamente infondati in relazione alla pretesa violazione dell’art. 163 c.p., il beneficio della sospensione condizionale essendo previsto solo allorchè la pena detentiva non sia superiore a due anni.

5. I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili e i ricorrenti vanno in conseguenza condannati al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma, che in ragione dei motivi di inammissibilità, si stima equo liquidare in Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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