Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 06-04-2011, n. 7899 Istruzione pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

getto.
Svolgimento del processo

La vicenda processuale in esame nasce dal fatto che l’Istituto tecnico industriale di Stato (OMISSIS), in assenza per causa di malattia del titolare della cattedra di discipline meccaniche e di tecnologia e in mancanza nelle graduatorie dell’Istituto di aspiranti muniti del relativo titolo, aveva incaricato della supplenza fino al 31 dicembre 2002 e, in data 27 novembre 2002, a seguito del decesso del titolare, della docenza per l’intero anno scolastico (OMISSIS) l’arch. G., incluso nella graduatoria dell’Istituto per una materia affine.

Il 20 dicembre 2002 era peraltro pervenuta all’Istituto una domanda di insegnamento della materia indicata da parte di D.D. A., munito del titolo di studio specifico, per cui l’Istituto aveva revocato l’incarico al prof. G., conferendo in data 15 gennaio 2003, con contratto a termine, l’incarico per la restante parte dell’anno al D.D., poi peraltro revocandolo il 22 febbraio 2003 a seguito della minaccia di azione giudiziaria da parte del G., al quale aveva pertanto ripristinato il precedente incarico.

Da tale vicenda nasce l’iniziativa giudiziaria di D.D. A., diretta ad ottenere il risarcimento del danno conseguente alla anticipata risoluzione del rapporto di lavoro a tempo determinato priva di giusta causa, determinato in Euro 11.456,74 per mancato guadagno ed Euro 100.000, 00 per danno esistenziale e alla carriera.

Sia il giudice di primo grado che la Corte d’appello di Milano, quest’ultima con sentenza depositata l’8 febbraio 2007 e notificata il successivo 16 maggio, hanno respinto le domande del D.D..

In particolare, la Corte territoriale ha argomentato, quanto al rigetto della domanda di risarcimento del danno esistenziale, dalla mancanza di specifiche allegazioni circa l’esistenza e le caratteristiche del pregiudizio subito. Quanto poi alla domanda di risarcimento del danno economico, i giudici dell’appello lo hanno escluso, affermando che l’Istituto avrebbe offerto all’originario ricorrente, in sede di tentativo obbligatorio di conciliazione, un incarico equivalente presso una scuola professionale di (OMISSIS), ingiustificatamente rifiutato dal D.D..

La Corte ha infine aggiunto, "invertendo l’ordine delle questioni", che la interruzione del rapporto col G. avrebbe significato "spezzare irragionevolmente quella continuità didattica, che comunque rappresenta il prevalente interesse sotteso alla disciplina in materia".

Avverso tale sentenza il D.D. propone, con un unico articolato motivo, ricorso per cassazione, notificato il 10 luglio 2007.

L’Istituto intimato resiste alle domande con rituale controricorso.
Motivi della decisione

Col ricorso, D.D.A. denuncia l’insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza nonchè la violazione del D.M. 25 maggio 2000 n. 201, del D.M. 30 gennaio 1998, tabella A, del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 35, comma 1, lett. A e art. 3, lett. B, D.M. 20 febbraio 2000, n. 201, art. 7, comma 3, della L. n. 604 del 1966, artt. 1 e 8, L. n. 108 del 1990, artt. 1 e 2, art. 2119 c.c. e L. n. 300 del 1970, art. 18 e l’errata valutazione della documentazione allegata.

Il motivo attiene alla valutazione della legittimità dell’anticipata risoluzione del rapporto di lavoro a termine, valutazione che la Corte territoriale ha ritenuto inutile, dato che comunque ha accertato l’assenza di danni in conseguenza di tale anticipata risoluzione.

I giudici dell’appello hanno peraltro in ogni caso rilevato che nella peculiare situazione descritta l’operato dell’Istituto poteva trovare giustificazione nella esigenza di continuità didattica, con ciò implicitamente ritenendo la risoluzione sostenuta da una giusta causa.

Le censure di violazione dei DD.MM. citati, dell’art. 2119 c.c. e del D.Lgs. n. 165 del 2001 di cui alla rubrica sono tutte riferibili al primo tema, quello della assenza di una giusta causa dell’anticipata risoluzione del rapporto di impiego.

In ordine ad esse, richiamate in questa sede dalla ricorrente, la Corte territoriale ha omesso ogni motivazione, salvo un oscuro accenno alle esigenze di continuità didattica che giustificherebbero il ripristino dell’incarico al G., comunque non sufficientemente argomentate in concreto, come rilevato dal ricorrente.

Ne consegue la valutazione di fondatezza della censura di insufficiente motivazione nell’identificare la giusta causa della anticipata risoluzione nella esigenza di continuità didattica.

All’argomento della ritenuta assenza di danni sono viceversa dedicate le deduzioni di vizio di motivazione e di violazione delle L. n. 604 del 1966, L. n. 300 del 1970 e L. n. 108 del 1990.

Esaminando per prima la dedotta violazione di tali ultime leggi, va subito rilevato che, poichè l’incarico di insegnamento al ricorrente era stato attribuito con un contratto a tempo determinato, il richiamo in parola resta estraneo al presente giudizio, in ragione del fatto che le leggi indicate attengono alla disciplina di un licenziamento operato nell’ambito di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e delle conseguenze economiche connesse all’accertamento della sua invalidità o inefficacia.

Per quanto riguarda il vizio di motivazione, il ricorso investe l’accertamento della Corte territoriale secondo cui sarebbero mancate in giudizio le necessarie allegazioni in ordine all’esistenza e consistenza del danno esistenziale di cui è richiesto il risarcimento nonchè l’affermazione che al D.D., in sede di tentativo obbligatorio di conciliazione, sarebbe stato offerto un incarico equivalente.

Nello sviluppo argomentativo del motivo, le censure si concentrano peraltro sulla seconda affermazione (per cui sul rigetto della domanda di risarcimento del danno esistenziale deve ritenersi formato il giudicato), che il ricorrente sostiene derivare da una mera affermazione dell’Istituto non corrispondente a verità e che comunque sarebbe insostenibile nei suoi effetti se si tiene conto che la revoca dell’incarico era avvenuta il 22 febbraio 2003 mentre il tentativo di conciliazione era stato svolto il successivo 4 giugno, pochi giorni prima della chiusura dell’anno scolastico.

Anche la censura in esame, di insufficiente motivazione della sentenza in ordine al rigetto della domanda di risarcimento del danno economico, è fondata.

Sul punto, non è anzitutto chiaro dalla lettura della sentenza impugnata se la Corte territoriale ritenga inesistenti allegazioni del ricorrente anche in ordine all’esistenza e consistenza del danno economico.

Se così dovesse essere interpretata la frase che si svolge nell’ultima riga di pagina 3 e nella prima riga della pag. 4 della sentenza (il che peraltro sembra smentito dalla frase immediatamente successiva, sotto riprodotta, dalla quale si desume che la Corte ha ben presente di quale danno economico il D.D. chiede il risarcimento), essa sarebbe qui stata giustamente censurata dal ricorrente, in quanto questi aveva chiaramente precisato che trattavasi del danno per mancato guadagno per il periodo dalla revoca dell’incarico alla scadenza del contratto a termine revocato, indicando come componenti dello stesso il mancato percepimento di retribuzioni, del t.f.r., etc. La Corte territoriale ha poi, immediatamente dopo, affermato che tale danno economico del D.D. era da escludere "tanto più che egli ha rifiutato in sede di tentativo obbligatorio di conciliazione … un incarico di insegnamento presso altra scuola professionale (di (OMISSIS)) che, se fosse stato accertato, non gli avrebbe comportato la perdita di alcun giorno di servizio e di retribuzione rispetto all’altro contratto".

Trattasi di valutazione che, in assenza di specificazioni ulteriori, non appare pienamente comprensibile e quindi è censurabile in questa sede di legittimità, in quanto, come rilevato dal ricorrente, il tentativo obbligatorio di conciliazione nel corso del quale sarebbe stato offerto al D.D. un incarico in altra scuola è avvenuto il 4 giugno 2003 (tra l’altro a pochi giorni dalla fine dell’anno scolastico) e quindi non può che riguardare il breve periodo successivo a tale data e la sua eventuale accettazione da parte del ricorrente non avrebbe potuto consentire allo stesso di non perdere anzianità di servizio e retribuzione relativamente al periodo precedente dal 22 febbraio al 4 giugno 2003, cui è riferita la domanda risarcitoria.

In base alle argomentazioni svolte, il ricorso va accolto, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata, con rinvio, anche per le spese di questo giudizio di cassazione alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, la quale dovrà altresì prendere in esame le censure, ritenute assorbite dal giudice di appello, di violazione di legge in ordine alla revoca dell’incarico al D.D. non esaminate in sede di appello.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio, alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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