Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 06-04-2011, n. 7898 Divieto di intermediazione e di interposizione nelle assunzioni di lavoratori Lavoro subordinato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato tra il 18 e il 22 gennaio 2007, la s.c. teatrale a r.l. Nuova Commedia chiede, con quattro motivi, la cassazione della sentenza depositata il 6 febbraio 2006, con la quale il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice di appello, ha confermato la decisione del giudice di primo grado, di accoglimento delle domande di accertamento della ingiustificatezza della interruzione del rapporto di lavoro, da parte della s.c. a r.l. Sud Marketing, degli addetti a lavori di pulizia del Teatro (OMISSIS), Q.C., R.U. e R.A. e, previo accertamento della sussistenza di una interposizione vietata di manodopera, di condanna della interponente Nuova Commedia a pagare loro la retribuzione dal momento dell’interruzione e le differenze retributive per il passato, oltre a versare i contributi all’ENPALS. Resistono alle domande l’INPS e l’ENPALS con rituale controricorso, mentre i lavoratori intimati e la Sud Marketing non si sono costituiti in questa sede.
Motivi della decisione

1 – Col primo motivo, la società deduce il vizio di motivazione della sentenza in ordine al rigetto dell’eccezione di incapacità a testimoniare dei lavoratori ricorrenti, dato che l’accertamento della pretesa intermediazione avrebbe coinvolto tutti.

2 – Il secondo motivo attiene anch’esso ad un preteso vizio di motivazione e alla violazione della L. n. 1369 del 1960, art. 1:

secondo la società, il Tribunale sarebbe infatti arbitrariamente giunto alla conclusione della esistenza della dedotta interposizione di manodopera sulla base di incredibile e sconclusionato richiamo alla prova testimoniale", senza evidenziare "il filo logico che legherebbe le riportate testimonianze alla conclusione cui perviene" e "sulla base di due elementi solo astrattamente enunciati", senza riferimento al fatto concreto e senza tenere alcun conto delle deduzioni in fatto formulate dalla società. 3 – Col terzo motivo, la società denuncia l’omessa motivazione della sentenza sulla dedotta inammissibilità della domanda originaria per difetto degli elementi prescritti dall’art. 156 c.p.c., comma 2. 4 – Con l’ultimo motivo, la difesa della ricorrente deduce la violazione del D.L.C.P.S. 16 luglio 1947, n. 708, art. 3 convertito con modificazioni con L. 29 novembre 1952 n. 2388, per avere il Tribunale erroneamente ritenuto che i contributi previdenziali per i lavoratori spettassero all’ENPALS e non all’INPS, senza che il primo ente avesse in giudizio fornito la prova che tali lavoratori, seppur nello svolgimento dell’attività di pulizia, avessero operato nei locali destinati alla produzione di spettacoli.

Il terzo motivo di ricorso, il cui esame appare preliminare, è inammissibile per difetto del requisito di autosufficienza del ricorso per cassazione (su cui cfr. ad es. Cass. sentt. nn. 5043/09, 4823/09 e 338/09), in quanto, denunciando la genericità del ricorso introduttivo nella esposizione delle circostanze di fatto sulle quali esso fonderebbe, deduzione già ritenuta implicitamente infondata dal Giudice di Appello col confermare la pronuncia di primo grado, non riproduce la parte di tale ricorso dalla quale tale genericità sarebbe desumibile, così impedendo a questa Corte di valutare la rilevanza della censura in questione.

Il secondo motivo di ricorso è viceversa fondato, per insufficienza della motivazione che non consente di ripercorrere l’iter logico- giuridico seguito dal Tribunale per giungere al convincimento espresso col rigetto dell’appello (sulla nozione, in contrapposizione a quella di contraddittorietà della motivazione, cfr., ad es., Cass. 6 marzo 2008 n. 6064); il conseguente accoglimento determina l’assorbimento del primo e del quarto motivo.

In proposito, va premesso che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr., ad es. 20 maggio 2009 n. 11720 e 9 aprile 2008 n. 9264), con riferimento agli appalti endoaziendali, il divieto di cui alla L. 23 ottobre 1960, n. 1369, art. 1 opera ogni qual volta l’appaltatore metta a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo eventualmente in capo a lui, datore di lavoro, i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione), ma senza una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo.

Nel caso in esame, il Tribunale dichiara di trarre il proprio convincimento in ordine al carattere vietato dell’appalto da due circostanze: a) il rilievo dalle testimonianze di "una ingerenza della Nuova Commedia nelle attività della società Sud Marketing’;

b) il fatto che l’oggetto sociale di quest’ultima società non comprendesse l’attività di pulizia.

In proposito, si rileva che il dato di cui sub b) è di scarsissima rilevanza, trattandosi di un dato del tutto formale (del resto comune alla società Nuova Commedia, come da questa rilevato), mentre ciò che conta, nell’ottica della legge, è la situazione effettiva relativamente alla titolarità di una organizzazione di mezzi, servizi ed opere deputata al raggiungimento di un risultato produttivo in cui sia inserito il rapporto dio lavoro.

Il dato sub a), è poi illustrato dal Tribunale col richiamo alla dichiarazioni dei testi escussi, senza spiegare le ragioni, di per sè affatto evidenti, per cui da esse sarebbe desumibile l’interposizione vietata.

Le testimonianze riassunte riguardano infatti in buona parte circostanze quali il fatto che alcuni dei ricorrenti avevano cominciato a lavorare prima e altri dopo; che all’interno del teatro operavano numerose società; che chi assumeva i lavoratori era Ru.Fr., della quale non viene spiegata la qualità, ma che dovrebbe essere la legale rappresentante della Sud Marketing; che i ricorrenti osservavano un determinato orario lavorativo, godevano di ferie a luglio o ad agosto; che essi operavano sotto le direttive del caposquadra R.U., di cui non viene specificata la dipendenza, ma viene detto che obbediva agli ordini di Ru.

F. e poi di un certo C., di cui si precisa essere il direttore del teatro (?); che per un periodo tutti i dipendenti furono pagati con assegni emessi da Ru.Ta., legale rappresentante della Nuova commedia, il quale, con Ru.Fr., rappresentava una delle due "persone predominanti all’interno del teatro", che B.M., socia della Sud Marketing, aveva affermato che le pulizie era curate esclusivamente dalla sua società e che però "talvolta la Nuova Compagnia anticipava alcune spese per i dipendenti della Sud Marketing".

Quasi tutte tali circostanze sono del tutto irrilevanti sul piano considerato; le poche che potrebbero esserlo (le direttive che ogni tanto dava il Ru. e l’anticipo da lui fatto talvolta delle retribuzioni per i dipendenti della Sud Marketing) non appaiono nella sentenza sufficientemente specificate nè coordinate e argomentate, anche a confutazione delle difese formulate dalla società in ordine ad esse (e riprodotte in ricorso), in funzione del risultato ritenuto da esse acquisibile.

Da ciò, la valutazione di insufficienza della motivazione della sentenza e quindi l’accoglimento del secondo motivo di ricorso, con conseguente assorbimento del primo e del quarto.

La sentenza impugnata va pertanto conseguentemente cassata, con rinvio, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Napoli.
P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il terzo, assorbiti il primo e il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio, alla Corte d’appello di Napoli.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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