Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 17-11-2010) 22-02-2011, n. 6600 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Pescara con sentenza del 22.01.2009 ex art. 444 c.p.p., su richiesta delle parti, applicava a B.L., chiamata a rispondere del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, con contestazione di recidiva specifica reiterata, la pena di mesi otto di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa, ritenuta la attenuante del fatto lieve di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, prevalente sulla contestata recidiva.

Ricorre il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’appello dell’Aquila, che deduce erronea applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 99 e 69 c.p., rilevando che il giudice, nel recepire il patteggiamento tra le parti, ha condiviso la proposta di ritenere la attenuante del fatto lieve prevalente sulla contestata recidiva reiterata, in violazione del divieto di cui all’art. 69 c.p., comma 4.

Ricorre altresì l’imputata, lamentando l’omessa motivazione sulla sussistenza o meno delle condizioni di applicabilità dell’art. 129 c.p.p., sulla qualificazione giuridica della condotta contestata, sulle circostanze e sulla pena.
Motivi della decisione

Va premesso che nel procedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti all’accordo tra imputato e pubblico ministero su qualificazione giuridica della condotta contestata, concorrenza e comparazione di circostanze ed entità della pena, fa riscontro il potere dovere del giudice di controllare la correttezza giuridica del patto e la congruità della pena richiesta, applicandola previo accertamento della non emersione, in modo evidente, di una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129 c.p.p..

Tanto premesso, si osserva che il ricorso dell’imputata è inammissibile per manifesta infondatezza, atteso che il giudice, nell’applicare la pena concordata, si è adeguato a quanto contenuto nell’accordo tra le parti, esplicitando l’effettuazione dei controlli a lui demandati e così adeguatamente soddisfacendo il suo obbligo di motivazione, in relazione alla ricordata speciale natura dell’accertamento in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti (Cass. Sez. un., u.p. 27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. un., u.p. 27 settembre 1995, Serafino; Sez. un., u.p. 25 novembre 1998, Messina).

Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1500,00.

Inammissibile è anche il ricorso del P.G., alla luce e in ragione dei rilievi che seguono.

Anche per la recidiva reiterata di cui all’art. 99 c.p., comma 4, quale risultante dopo le modifiche apportate dalla L. n. 251 del 2005, vale, invero, la regola della facoltatività dell’aumento di pena (Corte cost. sent. 192/2007 e ord. 33/2008). Ora, poichè in sede di patteggiamento quello che conta è l’effettiva volontà delle parti e la sua non contrarietà alla legge, indipendentemente dalla modalità eventualmente erronea con cui la volontà stessa sia stata espressa, deve ritenersi che, nel caso in cui, come nella specie, la sostanziale volontà di pervenire a un trattamento sanzionatorio commisurato sulla ipotesi attenuata di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, sia stata espressa attraverso l’erroneo e non consentito giudizio di prevalenza dell’attenuante speciale sulla recidiva reiterata, il reale intento delle parti (e il relativo recepimento da parte del giudice) vada reinterpretato e salvaguardato nel senso della (consentita) esclusione della recidiva stessa.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna B.L. al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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