Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 06-04-2011, n. 7891 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 16.7.2001, il Tribunale di Siracusa aveva dichiarato l’illegittimità del trasferimento di B.G. presso la centrale idroelettrica di ripompaggio subarea di (OMISSIS) e condannato l’ENEL a reintegrarlo nel posto occupato presso la centrale di (OMISSIS), nonchè al risarcimento del danno, liquidato in complessive L. 14.044.660 alla data dell’11.11.1994, oltre accessori di legge.

Con sentenza del 30.6.2006, la Corte di Appello di Catania, sull’appello proposto dall’Enel e su quello incidentale del B., in parziale riforma dell’impugnata sentenza, riduceva la somma di L. 14,044.660, posta a carico dell’ente, al minore importo di Euro 1.165,04, ponendone il pagamento in solido a carico dell’Enel Produzione spa e dell’ENEL spa.

Sosteneva, in sintesi, la corte territoriale che non poteva condividersi quanto affermato dall’Enel con riguardo alla richiesta del dipendente del 4.5.1987 di essere"riutitizzato" presso la centrale dell'(OMISSIS), che non presupponeva affatto la consapevolezza da parte del predetto che la previsione della messa fuori servizio della centrale termoelettrica di (OMISSIS) fosse stata accantonata, atteso che dalla circostanza che dal (OMISSIS) si fosse dato inizio alla ristrutturazione degli organici di esercizio non poteva evincersi la prova che il B. fosse a conoscenza del superamento del progetto aziendale di dismissione di detta centrale.

In applicazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, doveva ritenersi corretta la determinazione dei primo giudice, che aveva ritenuto inequivoca la volontà del richiedente di essere riutilizzato e non trasferito e che, pertanto, la domanda di riutilizzo avrebbe dovuto essere rigettata dall’ente, in carenza dei presupposti per il chiesto "riutilizzo" ai sensi dell’art. 24, comma 48, punto 4, del ccnl di settore.

Negava, poi, la Corte del merito che vi fosse stata acquiescenza del lavoratore a mutamento della sede di lavoro, avendo lo stesso accettato il trasferimento presso la centrale (OMISSIS) con riserva;

inoltre, escludeva che vi fosse stata ultrapetizione per avere il Tribunale riconosciuto al ricorrente il risarcimento del danno laddove lo stesso aveva fatto richiesta dal trattamento economico di trasferta, ritenendo che competeva al giudice procedere alla individuazione della normativa applicabile alla stregua della esposizione del fatto fornita dalla parte.

Osservava che il lavoratore aveva invocato erroneamente l’art. 16 ccnl, applicabile alla ipotesi di assegnazione temporanea ad una sede di lavoro diversa dalla propria, laddove doveva ritenersi applicabile l’art. 14 dello stesso contratto, avendo egli diritto a diarie ed indennità in considerazione del disposto trasferimento, sia pure dichiarato illegittimo.

Competeva, dunque, la diaria prevista dall’art. 14, comma 15 ma non il rimborso spese viaggio di cui ai commi 21, 22 e 23 ccnl, spese che, secondo il disposto contrattuale, dovevano essere maggiori di quelle affrontate prima del trasferimento, presupposto che la Corte rilevava che non si era verificato nella specie.

Propone ricorso per cassazione il B., affidando l’impugnazione a tre motivi.

Resiste con controricorso l’ENEL Produzione S.p.a., che propone ricorso incidentale assistito da due motivi.
Motivi della decisione

Va, preliminarmente, disposta la riunione del ricorso principale e del ricorso incidentale, in quanto proposti avverso la stessa sentenza ( art. 335 c.p.c.).

Con il primo motivo il B. deduce la nullità della sentenza e del procedimento ( art. 360 c.p.c., n. 4)".

Evidenzia che a Corte territoriale aveva ordinato l’acquisizione del fascicolo di ufficio di primo grado, che non era stato invece mai acquisito, donde l’impossibilità di verifica degli elementi di giudizio necessari per la valutazione del motivo di gravame (censure relative alla indennità chilometrica ed a quanto altro determinato a mezzo di ctu) con grave pregiudizio alle ragioni difensive. Ritiene che si sia concretata una grave violazione dell’art. 112 c.p.c. e chiede, pertanto, l’esame della ctu, nonchè della memoria difensiva depositata in cancelleria il 7.7.2001, che si assume mai esaminata dalla Corte di appello di Catania in relazione allo specifico motivo di gravame sollevato da esso ricorrente.

Pone specifico quesito di diritto, a conclusione della parte argomentativa, riferito al motivo esposto.

Con il secondo motivo denunzia la violazione e la falsa applicazione del contratto collettivo e la mancata osservanza dei criteri legali di ermeneutica contrattuale, ex art. 360 c.p.c., n. 3.

Rileva che, se il trasferimento era stato ritenuto illegittimo, non vi erano i presupposti per l’applicabilità dell’art. 14 ccnl, onde dovevano trovare applicazione le norme invocate da esso ricorrente (casi di lavoro prestato in sede diversa nei casi di flessibilità e mobilità previsti da ccnl) per l’evidente analogia con la fattispecie esaminata. Anche in relazione a tale motivo formula quesito di diritto.

Infine, con il terzo motivo, lamenta l’omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Deduce che deve considerarsi censurabile, insufficiente ed omissiva quanto alla relativa motivazione, la limitazione delle spettanze alla sola diaria giornaliera prevista dall’art. 14 punto 15, con esclusione dei rimborsi delle spese di viaggio, previste dai successivi punti 21, 22 e 23 del ccnl applicabile, sulla base di considerazioni attinenti alla minore distanza del luogo di lavoro rispetto al luogo di residenza ed alla precedente sede di lavoro e senza valutare i rilievi mossi alla ctu.

Quanto al primo motivo di ricorso, con il quale si prospetta un vizio di nullità della sentenza e del procedimento, deve rilevarsi che non si riporta il contenuto delle censure che si assumono avanzate nel giudizio di primo grado alla relazione del ctu, onde non è consentito di valutare quale sia l’interesse concreto posto alla base del rilievo relativo all’erronea o omessa determinazione dell’indennità chilometrica, rivelandosi la censura di carattere assolutamente generico ed inidonea ad evidenziare il dedotto pregiudizio alle ragioni difensive dell’istante. Peraltro, la censura si rivela priva di riferimenti capaci di denotarne il carattere della decisività, non essendo indicato a quale diverso risultato avrebbe condotto l’esame degli atti (ctu e note di parte) della cui omessa acquisizione ci si duole con l’indicato motivo di ricorso.

In ordine al secondo motivo, deve osservarsi che la dedotta applicabilità delle norme relative ai casi di lavoro prestato in sede diversa nei casi di flessibilità e mobilità previsti dal ccnl, sull’assunto della evidente analogia con la fattispecie esaminata, non risulta confortata dalla produzione del ccnl di riferimento e dalla indicazione del contenuto della norma asseritamente disattesa, in violazione del principio di autosufficienza e di quanto prescritto, per i ricorsi relativi a sentenze pubblicate dopo l’entrata in vigore della L. n. 40 del 2006, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 in relazione al deposito di atti processuali, documenti, contratti collettivi o accordi collettivi su cui il ricorso si fonda. Il requisito non appare soddisfatto, atteso che si è omesso di precisare in quale sede processuale il CCNL è stato prodotto nelle fasi di merito e dove, quindi, la Corte potrebbe esaminarlo in questa sede, per effetto della relativa già avvenuta produzione nelle fasi di merito. Al riguardo, è stato, invero, osservato, che anche con riferimento al regime processuale anteriore al D.Lgs. n. 40 del 2006, ad integrare il requisito della ed autosufficienza del motivo di ricorso per cassazione concernente, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 (ma la stessa cosa dicasi quando la valutazione deve essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio ai sensi dell’art. 360, n. 3 o di un vizio costituente error in procedendo ai sensi dei nn. 1, 2 e 4 di detta norma), la valutazione da parte del giudice di merito di prove documentali, è necessario non solo che tale contenuto sia riprodotto nel ricorso, ma anche che risulti indicata la sede processuale del giudizio di merito in cui la produzione era avvenuta e la sede in cui nel fascicolo d’ufficio o in quelli di parte, rispettivamente acquisito e prodotti in sede di giudizio di legittimità essa è rinvenibile. L’esigenza di tale doppia indicazione, in funzione dell’autosufficienza, si giustificava al lume della previsione delll’ art. 369 cod. proc. civ., comma 2, vecchio n. 4 che sanzionava (come, del resto, ora il nuovo) con l’improcedibilità la mancata produzione dei documenti fondanti il ricorso, producibili (in quanto prodotti nelle fasi di merito) ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ., comma 1 (cfr. Cass. 25.5.2007 n. 12239; Cass. 20594/2007; 20437/2008; 4056/2009). Anche per il ccnl deve valere analoga esigenza, al fine di rendere possibile l’esame completo del contenuto delle previsioni contrattuali, relative – per quanto attiene al caso di specie – alle sanzioni disciplinari, in connessione alla previsione dei corrispondenti obblighi posti a carico del lavoratore, eventualmente ulteriori rispetto a quelli in via generale già previsti dalla legge.

E stato in proposito specificato da questa Corte che l’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi su cui il ricorso si fonda – imposto, a pena di improcedibilità, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, nella nuova formulazione di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – non può dirsi soddisfatto con la trascrizione nel ricorso delle sole disposizioni della cui violazione il ricorrente si duole attraverso le censure alla sentenza impugnata, dovendo ritenersi che la produzione parziale di un documento sia non solamente incompatibile con i principi generali dell’ordinamento e con i criteri di fondo dell’intervento legislativo di cui al citato D.Lgs. n. 40 del 2006, intesi a potenziare la funzione nomofilattica della Corte di cassazione, ma contrasti con i canoni di ermeneutica contrattuale dettati dall’art. 1362 cod. civ. e seguenti e, in ispecie, con la regola prevista dall’art. 1363 cod. civ., atteso che la mancanza del testo integrale del contratto collettivo non consente di escludere che in altre parti dello stesso vi siano disposizioni indirettamente rilevanti per l’interpretazione esaustiva della questione che interessa (cfr, Cass. 2 luglio 2009 n. 15495).

Anche il questio di ritto per come formulato non risponde ai canoni di cui all’art. 366 bis c.p.c. risultando esposta solo una richiesta generica di accertamento della violazione della norma contrattuale, laddove il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. deve comprendere l’indicazione sia della "regula iuris" adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo, la mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass. 30.9.2008 n. 24339, cui adde, tra le tante, Cass. 19 febbraio 2009 n. 4044).

Infine, con riguardo al terzo motivo, dalla lettura dei passaggi argomentativi della censura si evince che il ricorrente avanza sostanzialmente una richiesta – inammissibile in questa sede di legittimità – di rivalutazione del materiale probatorio acquisito nel processo.

Questa Corte di cassazione – ribadendo un indirizzo giurisprudenziale costante – proprio in una fattispecie riguardante l’illegittimità di un licenziamento – ha statuito che è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione per vizio di motivazione qualora esso intenda far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, prospetti un preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice di merito e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi del dedotto vizio. In caso contrario, infatti, tale motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di deviazione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione (cfr., da ultimo, ex plurimis, Cass. 26 marzo 1010 n. 7394).

Passando al ricorso, incidentale, il primo dei rilievi con io stesso formulati deve essere disatteso in forza della considerazione che lo stesso involge valutazioni di merito che non sono idonee a scalfire l’iter motivazionale seguito dal giudice del gravame, avendo quest’ultimo dato conto del proprio convincimento attraverso passaggi argomentativi che non denotano violazioni di legge ed incongruenze o deficienze motivazionali e che valorizzano, attraverso la complessiva e comparativa valutazione dei documenti esaminati, e di ogni altra risultanza istruttoria, la mancata consapevolezza da parte dell’istante dell’accantonamento dell’originario progetto di dismissione degli impianti di (OMISSIS) e di un eventuale alternativo e legittimo intento di procedere alla ristrutturazione degli stessi.

Infine, con riferimento alla denunziata violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c. (art. 360, n. 3), la censura risulta inammissibile per come prospettata, presentandosi il quesito posto a conclusione dello stesso assolutamente generico in quanto, per verificare se vi sia stata violazione dell’art. 112 c.p.c. è necessario indicare, al di là di mere enunciazioni formali riferite alle diverse norme della contrattazione collettiva, il bene della vita attribuito rispetto a quello richiesto, non essendo consentito, ai fini voluti, un impreciso richiamo a due norme collettive, senza evidenziare la sostanziale mancanza di conformità, dal punto di vista sostanziale, del bene domandato rispetto a quello concesso, connesso a differente istituto giuridico. Il vizio di ultra o extra petizione ex art. 112 c.p.c. va posto in immediata correlazione con il pincipio iura novit curia di cui all’art. 113 c.p.c., comma 1, rimanendo salva la possibilità per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in lite nonchè all’azione esercitata in causa, ricercando le norme applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame e ponendo a fondamento della sua decisione principi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti (Cass. 24 giugno 2003 n. 10009); ma, a parte la riferibilità della fattispecie a norme di legge e non contrattuali, ciò che assume rilievo preliminare, per quanto già detto, risulta essere il mancato confronto, nella parte conclusiva della formulazione del motivo, concretantesi nella formulazione del relativo quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., dei differenti beni della vita presi in considerazione dalle norme solo richiamate, senza alcuna ulteriore possibilità di valutazione consentita unicamente dalla produzione del testo integrale del CCNL. Per concludere entrambi i ricorsi vanno rigettati, laddove la reciproca soccombenza delle parti induce a compensare tra Se stesse le spese di lite del giudizio.
P.Q.M.

La Corte così provvede:

riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale e quello incidentale e compensa tra le parti le spese del presente giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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