Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 17-11-2010) 22-02-2011, n. 6598 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Su concorde richiesta delle parti, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Genova, con la sentenza sopra indicata, ha applicato a B.P. la pena di due anni di reclusione e 3.000 Euro di multa per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5. 2. Contro la sentenza ricorrono l’imputato e il Procuratore generale della Repubblica presso la corte d’appello di Genova.

Il primo deduce vizio di motivazione della sentenza sull’eventuale sussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p..

Il secondo lamenta, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) vizio di motivazione e inosservanza della legge penale con riferimento al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 e agli artt. 69, 99 e 81 cpv. c.p. e all’art. 444 c.p.p., comma 1-bis.

3. Il ricorso dell’imputato è inammissibile.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di patteggiamento previsto dall’art. 444 c.p.p., l’accordo intervenuto esonera l’accusa dall’onere della prova e comporta che la sentenza che recepisce l’accordo fra le parti sia da considerare sufficientemente motivata – come nel caso in esame – con una succinta descrizione del fatto (deducibile dal capo d’imputazione), con l’affermazione della correttezza della qualificazione giuridica di esso, con il richiamo all’art. 129 c.p.p. per escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste, con la verifica della congruità della pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost. (Cass. 34494/2006, Koumya).

3.1. All’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria, che si ritiene adeguato determinare nella somma di 1.500 Euro, in relazione alla natura delle questioni dedotte.

4. Inammissibile per manifesta infondatezza è anche il ricorso pubblico ministero, che ha dedotto vizio di motivazione e inosservanza della legge penale con riferimento al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, agli artt. 69, 99 e 81 cpv. c.p. e all’art. 444 c.p.p., comma 1-bis. Ritiene il ricorrente che erroneamente è stata fatta applicazione di pena ex art. 444 c.p.p., pur risultando contestata la recidiva specifica reiterata, che preclude l’accesso al c.d. patteggiamento allargato.

4.1. Il giudice ha ritenuto il fatto lieve, nonostante il peso complessivo di settanta grammi di sostanza commerciata, espressamente motivando in considerazione della qualità della sostanza (per il livello oltremodo modesto di principio attivo contenuto). Tanto basta a ritenere del tutto insussistente sia la lamentata inosservanza della legge penale sia il vizio di motivazione sotto il profilo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), non emergendo alcuna manifesta illogicità, anzi apparendo la motivazione della sentenza emessa ex art. 444 c.p.p. del tutto plausibile.

4.2. Aderendo all’accordo tra le parti, il giudice poi – sia pure valorizzando la prevalenza delle attenuanti generiche, con espressione formalmente inesatta – ha in concreto escluso l’applicazione dell’aumento della pena per la recidiva e questa Corte, in linea con la giurisprudenza della Corte costituzionale (cfr. Corte cost. 192/2007), ha già più volte affermato, anche in decisioni su impugnazione del medesimo ufficio ricorrente, che la recidiva di cui all’art. 99 c.p., comma 4, – facoltativa anche dopo le modifiche apportate dalla L. n. 251 del 2005 – opera soltanto se il giudice in concreto ritenga di disporre l’aumento di pena per la recidiva (cfr. Cass. n. 46243/2007, Cavazza; n. 37169/2008, Orlando).

Il riferimento alle indicazioni fornite dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 192/2007 è stato criticato dal ricorrente, il quale osserva che la Corte costituzionale, nella predetta sentenza, si è occupata esclusivamente della possibilità di ritenere tuttora facoltativo l’aumento di pena per la recidiva qualificata (diversa da quella prevista dall’art. 99 c.p., comma 5) e delle conseguenze in tema di giudizio di valenza tra circostanze eterogenee. Il carattere facoltativo dell’aumento di pena per la recidiva di cui all’art. 99 c.p., comma 4, aggiunge il P.M. genovese, non produrrebbe alcun effetto a fini diversi da quelli specificamente esaminati dal giudice delle leggi, tanto più che la sentenza della Corte costituzionale ha natura interpretativa e non ha alcuna funzione nomofilattica.

4.2.1. Rileva il Collegio che effettivamente, sul piano formale, la sentenza n. 192/2007 della Corte costituzionale si occupa soltanto dell’art. 69 c.p., comma 4, e della connessa questione della perdurante facoltatività della recidiva qualificata di cui all’art. 99 c.p., comma 4.

Di tale norma il giudice delle leggi ha però sollecitato una lettura costituzionalmente orientata, sia in relazione alla possibilità di bilanciamento delle circostanze eterogenee (sent. n. 192/2007), sia in tema di effetti della recidiva reiterata sulla possibilità di ammissione al beneficio dell’affidamento in prova (sent. n. 291 del 2010); invito prontamente raccolto dalla giurisprudenza di questa Corte, che della novella ha dato un’interpretazione conforme ai principi costituzionali in tema di ragionevolezza, proporzione e funzione rieducativa della risposta sanzionatola, rifiutando la tesi dell’obbligatorietà della recidiva qualificata, che finirebbe con il configurare una sorta di presunzione assoluta di pericolosità sociale del recidivo reiterato.

Tale interpretazione ha oltrepassato l’ambito del giudizio di valenza di cui all’art. 69 c.p., investendo anche la possibilità di escludere l’aumento di pena di cui all’art. 81 c.p., comma 4, (introdotto dalla L. n. 251 del 2005, art. 5), nonchè quella di ritenere esclusa la recidiva reiterata e, conseguentemente, ammettere il c.d. patteggiamento allargato di cui all’art. 444 c.p.p., commi 1 e 1-bis, (Cass. sez. 6, 29.9.2009, Green Friday; Cass., Sez. Unite n. 35738/10, Calibe). Da ultimo siffatta interpretazione è stata estesa anche alla possibilità di escludere la recidiva dal computo del tempo per la maturazione della prescrizione (Cass. sez. 6, n. 43771 del 7 ottobre 2010, Karmaoui).

Il Collegio, aderendo a tale indirizzo, convalidato dalle Seziona Unite, ritiene manifestamente infondato il ricorso del ricorrente pubblico, che reitera le sue argomentazioni nonostante plurime e ribadite pronunce di questa Corte.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi condanna il ricorrente B.P. al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di 1.500 (millecinquecento) Euro in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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