T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 17-02-2011, n. 484 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza n. 17 del 25 ottobre 2010 il Comune di Griante ha ordinato ai proprietari e agli usufruttuari dell’area catastalmente censita ai mappali nn. 1042 e 1058, Fg. 4, di provvedere alla demolizione delle opere realizzate in difformità essenziale dai titoli abilitativi ivi meglio specificati, avvertendo che in caso di inadempienza lo stesso ente avrebbe provveduto ai sensi degli artt. 31 d.P.R. n. 380/2001 e 92 L. R. n. 61/1985.

La medesima ordinanza è stata, altresì, notificata agli odierni esponenti, nelle rispettive qualità di impresa esecutrice dei lavori e di direttore dei lavori.

Costoro hanno, pertanto, impugnato gli atti in epigrafe specificati, deducendone la illegittimità sotto più profili.

Si è costituita l’Amministrazione comunale di Griante con controricorso e contestuale memoria difensiva.

Alla Camera di Consiglio fissata per l’esame della domanda cautelare il Collegio, valutata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti presenti, ha trattenuto la causa per la decisione con sentenza in forma semplificata.
Motivi della decisione

Preliminarmente, il Collegio deve sollevare d’ufficio l’eccezione di inammissibilità del ricorso, per difetto di interesse al ricorso degli istanti.

A ben vedere, infatti, l’ordinanza impugnata è rivolta esclusivamente ai sigg.ri TirelliTrezzi, nelle rispettive qualità di proprietariusufruttuari delle opere abusive, imponendo loro la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi e prospettando, sempre a loro esclusivo carico, in caso di inottemperanza, l’acquisizione del sedime dei manufatti e relative pertinenze.

Nessuna apprezzabile utilità è, pertanto, ravvisabile a favore dei ricorrenti in caso di eventuale annullamento dell’atto impugnato.

Né, poi, si può trascurare di considerare, come gli odierni ricorrenti conservino, comunque, la facoltà di difendere il proprio operato professionale in eventuali giudizi di responsabilità dinanzi al giudice ordinario, potendo quest’ultimo, all’occorrenza, disapplicare – incidenter tantum – il presupposto provvedimento amministrativo eventualmente reputato illegittimo.

Per completezza di motivazione, poi, il Collegio reputa opportuno precisare come – rispetto al provvedimento tacito di diniego di sanatoria, assunto dall’Amministrazione a presupposto dell’ordinanza di demolizione, richiamato nelle premesse dell’atto impugnato e non gravato dagli odierni ricorrenti – l’orientamento prevalente in giurisprudenza sia incline ad escludere la legittimazione attiva del direttore dei lavori e della ditta esecutrice degli stessi.

In tal senso, come anche questa Sezione ha già avuto occasione di chiarire (cfr., da ultimo, la sentenza TAR Lombardia, Milano, Sez. II^, 28/1/2011 n.265), si è ritenuto che la legittimazione ad impugnare provvedimenti relativi ad interventi edilizi spetta soltanto a coloro che sono titolari di interesse legittimo differenziato, e che tra costoro non rientrano il progettista o la ditta esecutrice del progetto che, invece, sono titolari di un mero interesse semplice o di fatto alla realizzazione dell’opera secondo il progetto, per cui gli stessi non possono impugnare in via autonoma il diniego di concessione edilizia, o i provvedimenti repressivi di cui all’art. 31 cit., ma soltanto proporre intervento "ad adiuvandum" nel giudizio promosso dal committente proprietario (cfr., ex multis, T.A.R. Emilia Romagna, sez. Parma, 10.02.2010 n. 61; T.A.R. Toscana Firenze, sez. II, 05 giugno 2009, n. 986; T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 6 marzo 2001, n. 523, T.A.R. Piemonte, sez. I, 18 giugno 2003, n. 924 e Consiglio Stato, sez. V, 5 marzo 2001, n. 1250).

In generale, come è stato ulteriormente argomentato, non sussiste un interesse, neppure morale, in capo al professionista progettista, all’impugnazione del diniego di intervento edilizio, richiesto da un terzo e respinto dal comune, anche nel caso in cui si trattasse di errore di rappresentazione progettuale, in quanto tale diniego inciderebbe sullo "ius aedificandi" e non sull’esercizio della professione del progettista, né sulle sue qualità e il suo prestigio, che non possono reputarsi chiamate in causa da un rilievo tecnico operato dall’amministrazione per uno scopo del tutto diverso, cioè il perseguimento del corretto uso del territorio (così, specificamente, TAR Toscana, Firenze, n. 986/2009 cit.).

Ciò, del resto, è confermato dall’ulteriore considerazione che l’eventuale annullamento dell’atto produrrebbe effetti solo sulla sfera giuridica del richiedente e sulle sue facoltà inerenti all’edificazione, mentre nulla toglierebbe o aggiungerebbe alle doti professionali del progettista stesso (T.A.R. Liguria, sez. I, 17 marzo 2006, n. 251).

Per le considerazioni che precedono il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, per difetto di interesse al ricorso dei ricorrenti.

L’accoglimento della suindicata eccezione esime il Collegio dall’esame del merito dell’odierno gravame.

Sussistono, nondimeno, giusti motivi per compensare integralmente fra le parti costituite le spese di lite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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