T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 17-02-2011, n. 479 Silenzio della Pubblica Amministrazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 11 novembre 2010 e depositato il 24 novembre successivo, il ricorrente ha chiesto l’accertamento del silenzioinadempimento da parte dell’Amministrazione resistente nel procedimento avviato dal Sig. B.D. in data 10 settembre 2009 (MI3301319669), inerente la procedura di emersione dal lavoro irregolare ex art. 1ter della legge n. 102 del 2009 a suo favore.

A sostegno del gravame vengono dedotte le censure di violazione e/o omessa applicazione dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990.

L’Amministrazione, illegittimamente, avrebbe omesso di pronunciarsi sull’istanza di emersione formulata a favore del ricorrente, pur essendo trascorso un rilevante lasso di tempo dalla richiesta, di molto superiore ai tempi previsti dall’art. 2 della legge n. 241 del 1990.

Anche nel merito, la richiesta del ricorrente sarebbe fondata, visto che la condanna riportata dallo stesso per violazione dell’art. 14, comma 5ter, del D. Lgs. n. 286 del 1998, non sarebbe ostativa alla conclusione favorevole della procedura di emersione dal lavoro irregolare.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione dell’Interno, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Alla Camera di consiglio del 17 gennaio 2011, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. In via preliminare vanno verificate sia la legittimazione attiva del ricorrente, sia l’ammissibilità del ricorso in relazione al rispetto del termine annuale previsto in materia di silenzio.

1.1. Quanto alla legittimazione attiva del ricorrente, cittadino extracomunitario irregolare, deve essere evidenziato che lo stesso risulta essere uno dei soggetti beneficiari della procedura di emersione, unitamente al datore di lavoro. Diversamente da quanto avviene per le assunzioni in via ordinaria, per le quali legittimato attivamente è soltanto il datore di lavoro presente sul territorio nazionale (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 17 marzo 2010, n. 670; 17 giugno 2009, n. 4058), nel caso di specie la legittimazione va riconosciuta anche al lavoratore, cittadino extracomunitario, il quale, anche se irregolarmente, già si trova in Italia ed ha un interesse meritevole di tutela alla regolarizzazione della propria posizione lavorativa e conseguentemente di soggiorno. Difatti, la presenza sul territorio nazionale rappresenta un presupposto che rende non assimilabile la posizione dello straniero non ancora giunto o autorizzato ad entrare in Italia, nel caso di ordinario procedimento di assunzione, rispetto a quella di colui che è già presente sul territorio nazionale ed ha interesse a regolarizzare la propria posizione giuridica.

A supporto di quanto evidenziato in precedenza, può rilevarsi come il lavoratore sia diretto destinatario dell’invito a stipulare il contratto di soggiorno e benefici della sospensione dei procedimenti penali e amministrativi per le questioni relative alla violazione delle norme sull’ingresso e sul soggiorno nel territorio nazionale, oltre a beneficiare della moratoria in ordine alle espulsioni (art. 1ter, commi 7, 8 e 10, della legge n. 102 del 2009).

Alla stregua delle suesposte considerazioni si deve ammettere la legittimazione attiva del ricorrente in ordine al presente ricorso.

1.2. Quanto al rispetto del termine annuale per la proposizione del ricorso avverso il silenzio dell’Amministrazione, il decorso, ai sensi dell’art. 31, comma 2, del cod. proc. amm. (che non ha innovato il contenuto del previgente art. 2, comma 8, della legge n. 241 del 1990), deve essere calcolato dalla scadenza del termine di trenta giorni ordinariamente previsto per provvedere sull’istanza, cui deve essere aggiunto il periodo di sospensione feriale.

In ordine a tale ultimo aspetto, ossia all’applicabilità del periodo di sospensione feriale anche al ricorso in materia di silenzio, è preferibile la tesi positiva sostenuta da una parte della giurisprudenza (T.A.R. Sardegna, II, 26 gennaio 2009, n. 88; T.A.R. Puglia, Lecce, III, 28 luglio 2008, n. 2287; contra, da ultimo, T.A.R. Sicilia, Palermo, II, 25 settembre 2009, n. 1539), giacché il termine annuale per ricorrere deve ritenersi di natura processuale come sembra emergere dalla circostanza che l’istanza può comunque essere riproposta fintanto che perduri l’inadempimento, mentre il predetto termine annuale, integrando una presunzione legale assoluta in ordine alla persistenza dell’interesse ad agire del soggetto interessato, si riferisce alla sola azione giurisdizionale, non avendo quindi alcun effetto di carattere sostanziale.

Di conseguenza, dovendo essere interpretate in maniera tassativa le eccezioni alla regola della sospensione feriale dei termini processuali (cfr. legge n. 742 del 1969: Consiglio di Stato, V, 25 gennaio 2005, n. 137; T.A.R. Piemonte, Torino, I, 11 febbraio 2008, n. 205), si deve ritenere ammissibile il presente ricorso. Del resto, è stato anche affermato che nella sospensione feriale "vanno ricompresi non solo i termini inerenti alle fasi successive all’introduzione del processo, ma anche il termine entro il quale il processo stesso deve essere instaurato, allorché l’azione in giudizio rappresenti, per il titolare del diritto, l’unico rimedio per fare valere il diritto stesso" (Cassazione civile, I, 29 ottobre 2010, n. 22242).

Nel caso di specie, essendo stata proposta l’istanza il 10 settembre 2009, con scadenza del termine di trenta giorni il 10 ottobre successivo, il termine annuale è stato ampiamente rispettato, in quanto il ricorso introduttivo è stato depositato il 24 novembre 2010.

2. Passando al merito del ricorso, lo stesso è fondato.

3. Il datore di lavoro del ricorrente, sig. B.D., ha presentato la richiesta di emersione dal lavoro irregolare a favore del ricorrente, come già segnalato in precedenza, il 10 settembre 2009 (all. 1 al ricorso).

Il procedimento non risulta allo stato attuale giunto a conclusione, pur essendo trascorso un rilevante lasso di tempo dal momento della proposizione della domanda.

3.1. In questa sede non è possibile, tuttavia, verificare la fondatezza nel merito dell’istanza, tenuto conto che non si è in possesso di tutte le informazioni necessarie per decidere, oltre a non trovarsi in presenza di atti totalmente vincolati per i quali il giudice potrebbe sostituirsi all’Amministrazione (cfr. art. 31, comma 3, cod. proc. amm.).

4. Trattandosi di inerzia non legittima e sussistendo l’obbligo di pronuncia esplicita, come emerge dall’art. 1ter, comma 7, della legge n. 102 del 2009, va accolto il ricorso sul silenzio e fatto obbligo all’Amministrazione di pronunciarsi in modo espresso sull’istanza formulata dalla parte ricorrente entro trenta (30) giorni dalla comunicazione in via amministrativa, o notificazione se anteriore, della presente sentenza.

5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, dichiara l’obbligo dell’Amministrazione dell’Interno di pronunciarsi in modo espresso sull’istanza formulata dalla parte ricorrente entro trenta (30) giorni dalla comunicazione in via amministrativa, o notificazione se anteriore, della presente sentenza.

Condanna l’Amministrazione dell’Interno al pagamento delle spese di giudizio in favore del ricorrente nella misura di Euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge. Dispone altresì la rifusione del contributo unificato a favore del ricorrente e a carico dell’Amministrazione resistente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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