Cass. civ. Sez. II, Sent., 06-04-2011, n. 7883 Distanze legali tra costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I coniugi N.F. e C.B. citavano in giudizio avanti a tribunale di Barcellona P.G., la SI.CA. Costruzioni snc e M.G. deducendo che i convenuti, proprietari di un fondo limitrofo a quello di loro proprietà, avevano iniziato lavori di costruzione di un immobile che non rispettava le distanze legali nè quelle dal confine e neppure dalla parete finestrata del loro edificio, mentre, a seguito di uno sbancamento erano derivati danni al muro di cinta sito nel loro terreno che in parte era crollato. Chiedevano pertanto la condanna dei convenuti alla demolizione de loro fabbricato nelle parti poste a distanza non legale, al ripristino del muro di cinta ed all’esecuzione delle necessarie opere di sostegno del terreno e del muro, oltre al risarcimento dei danni. Radicatosi il contraddittorio, i convenuti contestavano la domanda, sostenendo che il muretto sopra indicato ricadeva all’interno della loro proprietà e che il relativo crollo era riconducibile ad opere eseguite dagli attori; chiedevano in via riconvenzionale la condanna di questi ultimi a ripristinare il muro e ad eliminare una stradella che essi avevano realizzato in parte sul loro terreno.

L’adito tribunale, espletata l’istruttoria attraverso la nomina di un CTU, con sentenza n. 681/02, in accoglimento delle domande attrice ordinava l’arretramento di alcune parti dell’edifico ritenute a distanza non legale rispetto alla parete dell’edificio dell’attore e dal confine (10 e 5 metri dal confine), la ricostruzione del muro di cinta ed alla costruzione de muro di sostegno.

Avverso la predetta pronuncia proponevano appello la SI.CA. Costruzioni snc e M.G., al quale resistevano gli appellati, formulando appello incidentale. L’adita Corte d’Appello di Messina con sentenza n. 19/05 depos. in data 10.1.2005, rigettava l’impugnazione principale ed accoglieva l’incidentale condannando gli appellanti al pagamento delle spese de grado.

La corte siciliana rigettava l’istanza di sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c., in considerazione di altro pendente presso il Tribunale di Barcellona P.G. avente ad oggetto i confini tra i lotti appartenenti alle parti; ribadiva che la costruzione degli appellanti era stata realizzata a distanza non legale, che il confine era quello accertato dal CTU e, che il muro insisteva sulla proprietà degli attori.

Per la cassazione della predetta sentenza ricorrono la SI.CA. Costruzioni snc e M.G. sulla base di 3 motivi;

resistono con controricorso gli intimati, che hanno depositato documenti ex art. 372 c.c.; le parti infine hanno depositato memorie illustrative ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione

Con il primo motivo gli esponenti denunziano la violazione dell’art. 295 c.p.c., e vizio di motivazione. Lamentano che la Corte d’appello aveva immotivatamente disatteso la loro istanza di sospensione della presente causa in attesa della definizione di altra pendente tra le stesse parti, presso il tribunale di Barcellona P.G. ed avente ad oggetto l’esatto confine tra le due proprietà.

La doglianza è infondata perchè, secondo la corte messinese gli odierni esponenti non avevano data prova di siffatto distinto procedimento, comunque non ritenendo sussistere il carattere di pregiudizialità, atteso che la causa in questione riguardava la diversa ipotesi di apposizione di termini.

Con il secondo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., nonchè il difetto di motivazione.

Si deduce che erroneamente la Corte d’Appello aveva ritenuto questione nuova e dunque inammissibile la richiesta di essi ricorrenti attinente alla violazione da parte dei coniugi N. delle prescrizioni imposte ad essi dal piano di lottizzazione, dal PRG e da regolamento edilizio comunale. Secondo gli esponenti non si trattava di questione nuova nè era sostenibile che tali violazioni fossero irrilevanti nei rapporti tra privati, perchè tutti gli acquirenti i singoli lotti si sarebbero impegnati a osservare le prescrizioni previste nella convenzione di lottizzazione.

La doglianza non è fondata, la Corte di merito aveva ribadito, a questo riguardo, che la questione delle quote del fabbricato risultanti dal piano di lottizzazione approvato, invero non era stata mai in precedenza proposta dagli interessati (che non avevano mai richiesto la condanna di controparte a portare il loro fabbricato alle quote di progetto di lottizzazione) ed era come tale inammissibile ai sensi dell’art. 345 c.p.c.; ha altresì osservato che tale questione comunque non attribuiva agli appellanti il diritto di pretenderne la regolarizzazione dai confinanti, mentre essa era in ogni caso irrilevante al fine di escludere il dovere di essi appellanti di rispettare le distanze legali.

Con il terzo motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 116 e 196 c.p.c., nonchè il difetto di motivazione.

Lamentano i ricorrenti che la Corte di merito dopo aver considerato incerto il confine tra i due fondi, (indicato dal CTU "in maniera sintetica"), ha ritenuto di non potere affermare che il muretto crollato era di proprietà comune ai confinanti anche in base alla presunzione dei cui all’art. 880 c.c., ed a disposto l’obbligo di ripristino a carico degli appellanti, pur avendo dubbi sull’effettiva proprietà del muro e sulle cause della sua caduta; nonostante ciò ha poi accettato le conclusioni del CTU, "motivando tale convincimento su presunzioni tutte carenti di validi elementi di prova a riscontro". Tra l’altro non era neppure vero che i coniugi N. avessero edificato per primi, mentre, solo ad opera ultimata, sarebbe stato possibile verificare se le distanze fossero state rispettate o meno.

Ad avviso del Collegio le denunciate violazioni di legge ed i pretesi vizi di motivazione prospettati dai ricorrenti si risolvono in mere valutazione di fatto, come tali sottratte al sindacato di legittimità, atteso che si postula un nuovo apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quanto ritenuto dal giudice di merito . E’ noto che l’unico sindacato riservato al giudice di legittimità è quello sulla congruenza della motivazione, che, però nella fattispecie appare corretta ed immune da vizi logici; in altre parole, la Corte di Cassazione non ha il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento (Cass. n. 14279 del 25/09/2003; Cass. n. 1936 del 29.9.2004; Cass. 6975/2001; Cass. n. 4916/200; Cass. 17486/2002; Cass. n. 12362 del 24/05/2006; Cass. n. 5328 del 8.3.2007). Giova peraltro sottolineare che nel caso in esame, la corte di merito ha affermato che, a prescindere dalla precisa individuazione del confine, il fabbricato dei convenuti era certamente collocato a distanza non legale rispetto la parete finestrata del preesistente edificio degli attori, essendo posto a meno di 10 metri di distanza in violazione di quanto prescritto dalla normativa urbanistica.

Conclusivamente il ricorso dev’essere rigettato. La soccombenza comporta la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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