Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 16-11-2010) 22-02-2011, n. 6838

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 19 luglio 2010 il Tribunale di Milano in funzione di giudice del riesame, ha rigettato il ricorso proposto nell’interesse di F.M. avverso l’ordinanza pronunciata dal Tribunale di Milano in data 30 giugno 2010 che ha applicato, nei suoi confronti, la misura cautelare della custodia in carcere. Per quanto rileva nel presente giudizio, il tribunale territoriale ha motivato tale provvedimento considerando che non sussisteva il denunciato difetto di domanda cautelare in quanto la delega a partecipare all’udienza di convalida dell’arresto ed al contestuale giudizio direttissimo, attribuisce al delegato il potere di richiedere l’applicazione di misure cautelari, per cui il vice pretore onorario che ha svolto le funzioni di P.M. in udienza era legittimato a chiedere l’applicazione della misura cautelare in questione in forza dell’atto di delega alla partecipazione all’udienza, indipendentemente dal contenuto della delega stessa.

Il F. propone ricorso avverso tale ordinanza lamentando inosservanza o erronea applicazione del combinato disposto degli artt. 178, 179, 291, 292 e 53 c.p.p. e art. 162 disp. att. c.p.p. in relazione all’art. 606 c.p.p., lett. b) e c); nonchè contraddittorietà ed illogicità della motivazione su detto punto ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e). In particolare si deduce che il Vice Pretore Onorario presente in sede di udienza di convalida dell’arresto del prevenuto, avrebbe proposto richiesta di applicazione della misura cautelare in assenza di richiesta dal parte del Sostituto Procuratore della Repubblica titolare del procedimento.

In particolare la delega che conferisce il potere al P.M. in udienza, sarebbe costitutiva delle condizioni e dei limiti del potere delegato, e dovrebbe essere studiato il suo contenuto al fine di verificare la legittimità dell’attività svolta dal P.M. in udienza, mentre nel caso in questione, la delega non conteneva il potere di richiedere la misura cautelare.
Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato e va conseguentemente rigettato.

Osserva la Corte che sulla questione posta dal ricorrente esiste un contrasto nella giurisprudenza di legittimità.

Ed invero, con la decisione n. 28104 del 23 maggio 2007 – dep. il 16 luglio 2007, RV 236913) – richiamata dal Tribunale nell’impugnata ordinanza, è stato affermato il principio di diritto così massimato: "Al vice Procuratore onorario che, ai sensi dell’art. 72 ord. giud., è delegato a partecipare all’udienza di convalida dell’arresto e al contestuale giudizio direttissimo, deve riconoscersi anche il potere di richiedere in quell’udienza l’applicazione della misura cautelare personale."; nella circostanza il collegio giudicante ha posto in rilevo che la competenza a richiedere l’applicazione della misura cautelare è necessaria conseguenza dell’essere questa una fase concettualmente e strutturalmente collocata all’interno della procedura attraverso la quale si articola la convalida dell’arresto ed il conseguente giudizio direttissimo.

Diverso orientamento è stato espresso con la decisione n. 9206 del 5 dicembre 2006 – dep. il 5 marzo 2007, RV 236220 – con la quale è stato affermato il principio di diritto secondo cui la delega conferita al vice procuratore onorario per la partecipazione all’udienza segna i limiti entro i quali il delegato può determinarsi autonomamente e costituisce il fondamento per il legittimo esercizio delle funzioni requirenti, sicchè il giudice, verificati i limiti di esercizio del potere attraverso l’esame del contenuto della delega, non può prendere in esame le iniziative e le richieste eccedenti: nella circostanza il collegio giudicante ha argomentato che, se non è dubbio che in generale il pubblico ministero delegato esercita le sue funzioni in piena autonomia, come del resto prescrive l’art. 53 c.p.p., deve considerarsi che tuttavia la fonte del potere che l’abilita all’esercizio delle funzioni requirenti è nella delega, speciale per sua natura non solo perchè limitata ad un solo specifico processo, ma anche perchè costitutiva delle condizioni e dei limiti del potere delegato, che può contemplare nella sua massima espansione il conferimento pieno e generico di funzioni requirenti – sempre per una specifica udienza dibattimentale e per uno specifico procedimento – ovvero, nella ipotesi più riduttiva, il potere di formulare specifiche dettagliate richieste, che esclude ogni più ampia e diversa facoltà.

Analogo orientamento è stato poi espresso con la sentenza n. 4290 del 3 dicembre 2008 – dep. il 30 gennaio 2009, RV 242908 – con la quale è stato precisato che la delega conferita al vice procuratore onorario per la partecipazione all’udienza di convalida dell’arresto ed al conseguente giudizio direttissimo non comprende in sè automaticamente la facoltà di richiedere l’applicazione di misure cautelari personali: ha in proposito argomentato la Corte che detta facoltà non fa parte dell’ordinaria gestione dell’udienza ma è l’espressione di una valutazione nuova ed eventuale delle esigenze cautelari, la quale, ponendosi oggettivamente in antitesi con quella (di carattere negativo) da ritenersi implicitamente compiuta in precedenza dal P.M. delegante per non avere quest’ultimo rilasciato delega anche per la domanda cautelare, necessita imprescindibilmente di un previo vaglio da parte dello stesso P.M. delegante (che lo stesso delegato potrà sollecitare).

Detto indirizzo interpretativo è stato ribadito con la decisione n. 4438 del 6 novembre 2009 – dep. il 2 febbraio 2010, RV 246143 – con la quale è stato affermato che, ai fini della proposizione della domanda cautelare da parte del vice procuratore onorario, occorre espressa delega del Pubblico Ministero, la cui esistenza non può essere presunta, con la conseguenza che, nel caso di eccezione sollevata al riguardo dalla difesa, è onere del giudice verificare l’esistenza e l’ambito contenutistico della predetta delega, comportando l’assenza di delega all’istanza di misura cautelare l’illegittimità del titolo custodiale; nella circostanza è stato precisato che il sistema delle misure cautelari è notoriamente ispirato al principio della domanda, di talchè l’eccezione di mancanza di legittimazione attiene alla sfera dei poteri del delegato richiedente ed alla validità della stessa richiesta, posto che, notoriamente, per principio generale del sistema positivo, il delegato o mandatario non può esercitare poteri che esorbitino dall’ambito del mandato conferitogli.

Si tratta, all’evidenza, di due opposti orientamenti.

Orbene, la "ratio decidendi" cui è ispirato il primo – pur allo stato minoritario – degli indirizzi interpretativi sopra ricordati, appare tuttavia al Collegio meritevole di condivisione. Infatti, sembrerebbe conforme al sistema considerare la delega, inerente all’esercizio dell’accusa pubblica nel giudizio, idonea ad attribuire al delegato il potere di esplicare tutte le funzioni che in quell’udienza tipicamente vi si svolgono, senza privarlo pregiudizialmente della possibilità di avanzare la tipica istanza afferente alle richieste cautelari. Se così non fosse, sarebbe dunque necessaria da parte del delegante – e salvo ad ipotizzare una sospensione del giudizio in corso, onde consentire al delegato ed al delegante di consultarsi in ordine alla domanda cautelare – una presa di posizione (quanto al conferimento di poteri al delegato in ambito cautelare) in un momento anteriore a quello dell’udienza, e ritenere (come affermato con la sentenza n. 4290/2008 prima citata) che la mancanza di delega espressa alla domanda cautelare dovrebbe essere intesa come implicita valutazione del delegante della ritenuta insussistenza dei presupposti per la richiesta di una misura cautelare: valutazione che il delegante sarebbe chiamato ad esprimere prima che i fatti siano stati accertati nei modi tipici del giudizio direttissimo, prima che la difesa abbia potuto farsi valere; prima, in definitiva, che la stessa accusa pubblica abbia potuto acquisire la visione compiuta della vicenda che costituisce il presupposto per il consapevole esercizio dei poteri di cui si discute.

Il ricorso va conseguentemente rigettato con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, quarta sezione penale, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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