Cass. civ. Sez. II, Sent., 06-04-2011, n. 7879 Confini

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione notificata il 21/2/1984 D.G. premesso:

– di essere proprietario di un appezzamento di terreno ricevuto in donazione dal padre S. al quale era pervenuto per donazione dai genitori D.G. e A.R.;

che D.A., fratello di G., aveva a sua volta ricevuto in donazione dai genitori un terreno confinante, ma aveva eliminato la linea di confine occupando una parte del terreno di G. coltivato a vigneto e creato una nuova linea di confine apponendovi segni con latte di calcio;

conveniva in giudizio l’ A. al fine di ottenere la determinazione della linea di confine e la condanna del convenuto alla restituzione del terreno occupato e al pagamento dell’equivalente dei frutti percepiti.

Il convenuto si costituiva chiedendo il rigetto della domanda.

Con sentenza del 21/6/1993 il Tribunale di Palermo accertava il confine secondo quanto indicato nel frazionamento del geometra A. del 18/4/1959, sottoscritto dallo stesso A., oltre che da A.R. e accoglieva la comanda attrice.

Interponeva appello D.A. che eccepiva l’acquisto per usucapione della striscia di terreno che si asseriva abusivamente occupata.

Si costituiva l’appellato chiedendo il rigetto dell’appello.

In data 12/10/1995, dopo il decesso di D.A., si costituivano gli eredi D.G.B. e A. G. richiamandosi ai motivi di appello.

Con sentenza del 24/3/2005 la Corte di Appello di Palermo confermava la sentenza appellata condannando gli appellanti al pagamento delle spese del grado.

La Corte territoriale valorizzava il frazionamento del 18/4/1959, sottoscritto ad entrambe le parti, con il quale era stata determinata la linea di confine tra le due proprietà, richiamate nell’atto con il quale i coniugi D., genitori e originari donanti, avevano rinunciato all’usufrutto sul terreno donato al figlio A..

In ordine alla eccezione di usucapione la Corte, considerate e valutate le testimonianze dei testi adotti dagli stessi appellanti, rilevava che non era raggiunta e prova del possesso utile all’usucapione e che non era possibile stabilire la data di apposizione di segni certi della nuova linea di confine.

Ricorrono per Cassazione D.G. e A.G. con un unico motivo di violazione di norme di diritto e omessa insufficiente e contraddittoria motivazione, articolato in due differenti parti, la prima relativa all’individuazione della linea di confine e la seconda relativa alla negata usucapione.

Resiste con controricorso D.G.B..

Le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione

Con l’unico motivo di ricorso fondato esclusivamente sull’asserita erronea applicazione del principio dell’onere della prova e sul vizio di motivazione i ricorrenti assumono:

a) che la Corte territoriale con motivazione insufficiente e illogica, da un lato avrebbe ritenuto che con le donazioni erano state trasferite dai genitori ai figli S. (dante causa dell’attore G.) e A. (al quale sono succeduti gli eredi odierni ricorrenti); porzioni di terreno eguali e, d’altro lato, avrebbe individuare un confine che comportava la proprietà, da parte dei beneficiari delle donazioni, di porzioni, diseguali in quanto il fondo originario non sarebbe stato di are 34,08, ma di are 52,40 e così la proprietà di G., profittando dell’errore originario, con la donazione avuta dal padre, era aumentata a complessive are 32,20 (17,04 + 15,16);

b) che il giudice di appello avrebbe errato nel non considerare che essi ricorrenti avevano posseduto, in base alla donazione del 1948, la metà del terreno, così usucapendola; il giudice del merito, inoltre, secondo l’assunto dei ricorrenti, non avrebbe correttamente valutato le deposizioni testimoniali.

1. La censura di cui al precedente punto a) è inammissibile perchè poggia sull’affermazione di un fatto (ossia che il terreno donato originariamente dai genitori ai figli non fosse di are 34,08, ma di are 52,40) che non fu mai oggetto di trattazione nel giudizio di merito e pertanto propone una questione di fatto del tutto nuova.

In fatto la censura non attinge la motivazione della Corte di Appello nel suo riferimento a fatti incontrovertibili, quali il frazionamento del 1959, sottoscritto anche dal dante causa agli odierni ricorrenti, e, quindi, con rilevanza negoziale o la ricognizione, ad opera del CTU, della piena corrispondenza del confine tra i due fondi a quello indicato nel suddetto frazionamento che non era invece conforme alla linea di confine evidenziata da segni in latte di calce e corrispondente ad un successivo frazionamento (del 1983) non sottoscritto dalle parti, ma dal solo D.A..

Occorre ancora osservare che la confinazione del 1959 non riduce l’acquisto precedentemente fatto dai ricorrenti per effetto della donazione del 1948. 2. Anche la censura di cui al precedente punto b) è inammissibile:

– sia nella parte in cui ripone il proprio fondamento dalla nuova e, come detto, inammissibile censura per la quale il fondo originario non sarebbe stato di are 34,08, ma di are 52,40;

– sia per quanto attiene alla valutazione delle deposizioni testimoniali in quanto non vengono riportate in dettaglio le deposizioni testimoniali che si assumono favorevoli alla testi dei ricorrenti e pertanto il motivo è carente di autosufficienza;

infatti, questa Corte ha ripetutamente evidenziato che il controllo della congruità e logicità della motivazione, al fine del sindacato di legittimità su un apprezzamento di fatto del giudice di merito, postula la specificazione da parte del ricorrente – se necessario, attraverso la trascrizione integrale nel ricorso – della risultanza (parte di un documento, di un accertamento del consulente tecnico, di una deposizione testimoniale, di una dichiarazione di controparte, ecc.) che egli assume decisiva e non valutata o insufficientemente valutata dal giudice, perchè solo tale specificazione consente al giudice di legittimità – cui è precluso, salva la denuncia di "error in procedendo", l’esame diretto dei fatti di causa – di deliberare la decisività della risultanza non valutata (cfr. Cass. 24/3/2006 n. 6679) con la conseguenza che deve ritenersi inidoneo allo scopo il ricorso con cui, nel denunciare la lacunosa valutazione delle risultanze processuali ci si limiti, come nella fattispecie, ad un rinvio del tutto generico a tali risultanze.

In conclusione, il ricorso deve essere integralmente rigettato.

Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza dei ricorrenti.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a pagare al controricorrente le spese di questo giudizio di cassazione che si liquidano in complessivi Euro 1700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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