Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 16-11-2010) 22-02-2011, n. 6814 Circolazione stradale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 1 dicembre 2008 il Tribunale di Monza ha confermato la sentenza del Giudice di Pace di Monza del 23 maggio 2008 con la quale B.L. è stata dichiarata colpevole del reato di cui all’art. 590 c.p. perchè, alla guida della propria autovettura, per colpa consistita in negligenza ed imperizia, investiva C. E. cagionandole lesioni permanenti valutabili nell’ordine del 75% di danno biologico in (OMISSIS).

Il Tribunale territoriale ha motivato tale sentenza sulla base delle risultanze istruttorie e, in particolare, delle deposizioni testimoniali dalle quali è emerso che la C. è stata investita mentre attraversava la strada sulle strisce pedonali, e dalla posizione di quiete dell’autovettura e del corpo della vittima sbalzato dopo l’urto. Lo stesso Tribunale non ha ritenuto di considerare una deposizione secondo cui la parte lesa avrebbe attraversato improvvisamente la strada quando l’autovettura investitrice era già sulle strisce pedonali, in quanto poco chiare.

In ordine alla pena il tribunale l’ha considerata adeguata alla gravità del fatto e del danno cagionato.

La B. propone ricorso per Cassazione avverso tale sentenza lamentando contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione; travisamento della prova; motivazione apodittica e apparente; violazione degli artt. 192 e 194 c.p.p. in relazione all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c); violazione degli artt. 40, 41 e 590 c.p., art. 1227 c.c. e art. 530 c.p.p. in relazione all’art. 606 c.p.p.; violazione degli artt. 133 e 62 bis c.p. in relazione all’art. 606 c.p.p., lett. b).

In particolare la ricorrente deduce che in modo immotivato il tribunale territoriale avrebbe escluso il rilievo della deposizione del teste oculare M. che ha invece con precisione affermato che la parte lesa ha impegnato la strada con l’attraversamento quando l’auto dell’imputata era già sulle strisce pedonali; l’immotivata esclusione della considerazione di tale testimonianza avrebbe comportato una motivazione carente sulla responsabilità dell’imputata anche considerando lo stato di salute della parte lesa che renderebbe plausibile una sua disattenzione al momento dell’attraversamento e del conseguente investimento. Anche riguardo al profilo della velocità tenuta dall’imputata, la motivazione sarebbe carente in quanto non si è considerato che, in assenza di tracce di frenata non è stato possibile calcolare la velocità effettiva; nè la violenza dell’urto potrebbe dimostrare la velocità inadeguata contestata, ed anche i danni procurati alla parte lesa sarebbero poco probanti considerate le condizioni di salute della stessa. In ordine alla pena la ricorrente rileva che, nel ritenere adeguato il trattamento sanzionatorio determinato nella sentenza di primo grado, il tribunale non avrebbe considerato la concessione delle attenuanti generiche, per cui con tale concessione, già operata dal giudice di primo grado, la pena dovrebbe comunque essere necessariamente ridotta.

Si è costituita la parte civile deducendo l’infondatezza del gravame e chiedendone il rigetto o la pronuncia di inammissibilità, con la conseguente conferma della sentenza impugnata anche in ordine alle statuizioni civili.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale, inammissibile.

Infatti esso contiene censure non consentite nel giudizio di legittimità, in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonchè l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, immune da censure logiche, perchè basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza.

Come è noto la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha ritenuto, pressocchè costantemente, che "l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, in quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali" (Cass. 24.9.2003 n. 18; conformi, sempre a sezioni unite Cass. n. 12/2000;

n. 24/1999; n. 6402/1997).

Più specificamente "esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali" (Cass. sezioni unite 30.4.1997, Dessimone).

Il riferimento dell’art. 606 c.p.p., lett. e) alla "mancanza o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato" significa in modo assolutamente inequivocabile che in Cassazione non si svolge un terzo grado di merito, e che il sindacato di legittimità è limitato alla valutazione del testo impugnato.

D’altronde, la Corte di merito richiama le risultanze istruttorie in modo sufficientemente compiuto e logico, esaminando dettagliatamente le deposizioni testimoniali e considerando motivatamente anche l’attendibilità dei testi escussi, per cui la motivazione è comunque immune da vizi di legittimità essendo logicamente e congruamente motivata.

Anche con riferimento al trattamento sanzionatorio va rilevato che il giudice di merito ha fornito un’esauriente motivazione del medesimo facendo puntuale riferimento alla gravità del fatto ed al danno procurato, mentre è stato pure precisato che in sede di appello non è stata chiesta la concessione delle attenuanti generiche che non possono essere richieste nel presente giudizio di legittimità.

Alla dichiarazione di inammissibilità fa seguito l’onere delle spese del procedimento, la condanna del ricorrente al pagamento di una somma in favore delle Cassa delle Ammende che si stima equo fissare, anche dopo la sentenza n. 186 del 2000 della Corte Cost., in Euro 1000,00 ed il rimborso in favore della parte civile delle spese di questo giudizio liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende, nonchè al rimborso in favore della parte civile delle spese di questo giudizio che liquida in Euro 2.000,00, oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *