Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 04-11-2010) 22-02-2011, n. 6810 Liquidazione coatta amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. In data (OMISSIS) L.F., a bordo della sua bicicletta, nell’affrontare una curva destrorsa in discesa, urtava contro il pedone F.R. fermo sul ciglio della strada.

Entrambi riportavano lesioni personali, da cui originavano due autonomi procedimenti penali per lesioni colpose in ragione della diversa prospettiva dell’incidente offerta dalle persone coinvolte:

secondo il L., il pedone aveva urtato la bicicletta;

secondo il F., il ciclista aveva investito il pedone.

Riuniti i processi, con sentenza del 27/11/2008 il Giudice di Pace di Trento assolveva il L. (ciclista) per non aver commesso il fatto e condannava il F. (pedone), ritenuto responsabile del sinistro, alla pena di Euro 200 di multa (condonata) ed al risarcimento del danno di Euro 5.104,96=. Con sentenza del 22/9/2009 il Tribunale di Trento, dopo avere dichiarato inammissibile l’appello del P.M., assolveva l’imputato F. per non aver commesso il fatto. Osservava il Tribunale che l’unico teste che aveva assistito all’incidente era stato tale A., il quale aveva riferito di avere visto il F. "balzare" dalla collina sulla strada, provenendo a piedi da un bosco, ma tale dichiarazione era frutto più di una valutazione che di un effettivo ricordo dei fatti, per cui sulla base della sua dichiarazione non poteva giungersi alla condanna del pedone per l’investimento della bicicletta.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il F., in qualità di parte civile, lamentando:

2.1. il difetto di motivazione della sentenza di appello nella parte in cui non era stata presa in considerazione in alcun modo la posizione del F. quale parte civile, non trovandosene traccia nè nella motivazione, nè nel dispositivo.

2.2. l’inosservanza della legge penale laddove la Corte, nel non prendere in considerazione la posizione del F. come parte civile, non l’aveva fatto per un mero errore, bensì consapevolmente obliterando il principio della immanenza della parte civile nel processo penale ( art. 82 c.p.p.).

Con memoria depositata il 15/10/2010 il difensore del L. evidenziava la inammissibilità del ricorso del F., in quanto questi aveva appellato la sentenza di primo grado solo in qualità di imputato e non quale parte civile; pertanto la statuizione di assoluzione del L. doveva ritenersi passata in giudicato sia agli effetti penali che civili.

3. Il ricorso è infondato.

Va premesso che nel proporre appello avverso la sentenza del Giudice di Pace il F., con il suo petitum ha richiesto di: "1.

Assolvere F.R. dall’imputazione a lui contestata perchè il fatto non sussiste…; 2. Revocare la condanna al risarcimento del danno in favore della parte offesa L…..;

3. Revocare….la condanna al pagamento…delle spese di costituzione".

E’ di tutta evidenza che il perimetro della domanda del F. è stato limitato alla richiesta di una riforma della sentenza in relazione alla sua condanna quale imputato e non con riferimento al mancato riconoscimento della responsabilità del L..

Ciò però non vuoi dire che il F., quale parte civile, sia "sparita" dal processo di appello. Infatti la sentenza di primo grado è stata impugnata dal P.M. e quindi la questione della responsabilità del L. è stata nuovamente posta all’attenzione del giudice di merito.

Vero è che il P.M. ha avanzato con la sua impugnazione una mera pretesa punitiva sul piano penale, ma va ricordato che questa Corte di legittimità, ha statuito che "Il giudice di appello, che su gravame del solo pubblico ministero condanni l’imputato assolto nel giudizio di primo, deve provvedere anche sulla domanda della parte civile che non abbia impugnato la decisione assolutoria" (Cass. Sez. Un., sent. 30327 del 11-9-02 (ud. 10-7-02) rv. 222001; In passato, contra, Cass. Sez. Un., sent. 5 del 11-3-99 (ud. 25-11-98) rv.

212575).

Pertanto, per il principio della immanenza della costituzione della parte civile nel processo, presente l’appello del P.M., l’azione civile verso l’imputato assolto (il L.), sebbene non coltivata con l’impugnazione della parte privata, era ancora viva.

Nel caso di specie, però, va rilevato che, una volta ritenuto dal Tribunale inammissibile l’appello del P.M., la cognizione del giudice di secondo grado non si è estesa alla valutazione della responsabilità dell’imputato assolto in primo grado e, conseguentemente, non vi è stata necessità di pronunciarsi sulla connessa pretesa civile avanzata in primo grado dal F., che non l’aveva riproposta con l’appello.

Pertanto correttamente il Tribunale, nel dispositivo della sentenza, ha statuito in fine "conferma, per mancanza di impugnazione, l’impugnata sentenza nella parte in cui assolve L. F. dal reato ascritto".

Se il Tribunale si fosse pronunciato sulla non coltivata azione civile, come preteso dal ricorrente, a fronte di una assoluzione con formula piena, avrebbe violato il principio devolutivo che limita la cognizione del giudice di appello ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti ( art. 597 c.p.p.).

Per quanto detto il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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