Cons. Stato Sez. IV, Sent., 18-02-2011, n. 1065 Avanzamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

e Luca Ventrella (Avv. St.);
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

L’appellante Ministero della Difesa chiede l’annullamento della sentenza in forma semplificata del Tar LazioSezione di Latina, con cui, in assenza dell’Amministrazione convenuta non costituitasi, è stata annullata la scheda valutativa dell’appellato, ufficiale medico in servizio in Piemonte, ricorrente in primo grado, riguardante il periodo 1.7.200730.6.2008, utile al fine della inclusione nell’aliquota di avanzamento degli ufficiali in servizio permanente a disposizione.

Il TAR ha ritenuto la fondatezza sia della prima censura, con cui si assumeva la violazione dell’articolo 1, 2° co.,del d.p.r. n. 213/2002, che richiede la conoscenza diretta del valutato da parte del relativo valutatore; sia della quinta censura, centrata sul difetto di motivazione della modifica del revisore dissenziente rispetto alle valutazioni del compilatore, con conseguente abbassamento della qualifica da "eccellente" a "superiore alla media".

Si è costituito in giudizio l’appellato che con una diffusa memoria ha riepilogato le argomentazioni svolte in primo grado ed ha replicato alle censure del Ministero.

Il Ministero con la memoria conclusiva ha rimarcato che la presentazione del ricorso presso il Tar Lazio, sede di Latina, relativamente ad un militare in servizio a Rivoli (Torino), in assenza di qualunque urgenza, si sia risolto, di fatto, in una menomazione dei diritti della difesa del Ministero.

Chiamata all’udienza pubblica di discussione, la causa è stata ritenuta in decisione.

L’appello è fondato.

– 1. Con il primo motivo si censura l’accoglimento del primo motivo di ricorso con cui il ricorrente in primo grado aveva lamentato la violazione del DPR 213/2002, artt. 1 e 2, assumendo che erroneamente – e nella prospettazione del solo ricorrente – si sarebbe affermato che il rapporto tra il ricorrente e il primo revisore sarebbe stato solo formale e che quest’ultimo non avrebbe mai avuto un contenuto reale di conoscenza diretta nel campo operativo; per cui sarebbero difettati i presupposti per formulare un giudizio obiettivo.

Al contrario per il Ministero:

– la normativa prevede solo che – come nella specie – il revisore sia necessariamente collocato in una posizione gerarchicamente subordinata al valutatore;

– per il valutatore può esser sufficiente, oltre all’osservazione diretta, anche l’osservazione indiretta, o i semplici contatti con il valutando, e gli atti documentali che lo concernono;

– la mancanza di un rapporto personale tra valutato ed il revisore — che sarebbe la regola — non poteva certo far ritenere che quest’ultimo avrebbe dovuto astenersi.

Inoltre, nel caso, il reciproco contatto personale si sarebbe verificato sia dalla pregressa conoscenza risalente al 2004, che in occasione delle cinque ispezioni al reparto, ricordate nella sua relazione finale.

Il motivo è meritevole di favorevole considerazione.

Del tutto erroneamente il TAR ha adottato la sua decisione su un’erronea interpretazione del secondo comma dell’art. 2 del D.P.R. 882002 n. 213 (oggi, abrogato dall’art 2269, comma 1, n. 343, D.Lgs. 15 marzo 2010, n.66), per cui "L’intervento delle autorità di cui al comma 1 è condizionato dall’effettiva esistenza del rapporto di servizio lungo la linea ordinativa, tale da consentire il giudizio personale diretto, e dalla possibilità di esprimere un giudizio obiettivo. Salvo quanto previsto dall’articolo 6, in mancanza di una di tali condizioni, il superiore si astiene dal giudizio facendone menzione nel documento caratteristico."

Nel caso non ricorreva né la predetta necessità di astensione e neppure le altre ipotesi di astensione obbligatoria disciplinate dall’art. 3 del cit. D.P.R. n. 213/2003.

La norma deve essere riguardata nell’ambito dell’art. 1 del cit. D.P.R. n. 213. Esso dispone che per ogni militare i "documenti caratteristici" nel registrare il "giudizio personale diretto ed obiettivo dei superiori" debba essere ancorato rispettivamente:

– ai servizi prestati ed al rendimento fornito dal militare;

– alle "capacità e attitudini dimostrate";

– ai "risultati conseguiti".

E’, in tale direzione, evidente come tutti i predetti elementi non concernano un profilo soggettivo, vale a dire le complessive qualità umane e professionali possedute dal militare, ma attengono ad elementi oggettivi dell’attività di uno specifico periodo, che sono direttamente indicatori della quantità e qualità delle prestazioni rese, delle doti e dell’impegno concretamente dimostrato ed infine degli obiettivi specifici raggiunti.

Il portato sostanziale della disposizione è diretto ad assicurare che la valutazione sia ancorata a circostanze e fatti riscontrabili e che ad essa non concorrano pregiudizi o dicerie.

Per questo non è dunque necessario che il revisore abbia acquisito una intima conoscenza del valutato — peraltro nella pratica difficilmente realizzabile e dimostrabile — potendo bastare anche l’osservazione indiretta dell’attività, ovvero semplici contatti con il valutando o, ancora, atti e fatti obiettivamente documentati.

In conclusione, il grado di conoscenza tra il revisore e il valutato può anche non essere un rapporto di reciproca diretta e diuturna frequentazione personale; vale a dire che ben può essere considerato sufficiente, come esattamente affermato dalla difesa erariale, che la conoscenza "diretta" con il militare da valutare possa essere del tutto occasionale, se ricorrono anche altre circostanze per cui possa ritenersi che, come nella fattispecie in esame, l’ufficiale revisore assicuri l’obiettività del giudizio in base ad elementi di fatto acquisiti personalmente e direttamente.

Le conclusioni del TAR, per cui il revisore Gen. Pasquale Terreri "non aveva mai conosciuto, né visto di persona il ricorrente, né avuto un colloquio diretto o indiretto con lo stesso e, quindi, non ha mai avuto alcuna conoscenza diretta delle qualità e delle attitudini giudicate nella scheda valutativa", non sono convincenti alla luce sia delle allegazioni del Ministero appellante, sia delle stesse difese dell’appellato. Queste ultime, ad una attenta lettura, non dimostrano che il predetto Generale, nominato Vice Comandante fin dal 2004, non conoscesse personalmente il valutato.

Al riguardo, la prolungata permanenza nella sede di entrambi gli ufficiali fa apparire oggettivamente plausibile, invece, che il Comandante conoscesse il valutato e ne avesse quindi personalmente seguito l’attività, il comportamento ed il rendimento al Reparto, tanto direttamente quanto attraverso colloqui con i vari superiori del ricorrente avvicendatisi nel tempo.

In conclusione, sul punto, non solo la premessa in diritto della decisione è errata, ma non pare corretta nemmeno la sua ricostruzione della complessiva situazione di fatto, per cui del tutto legittimamente il predetto Comandante ha proceduto alla discrezionale revisione della scheda valutativa impugnata in primo grado.

– 2. Con il secondo motivo si censura la decisione appellata nella parte in cui è stata accolta la quinta doglianza relativa alla violazione dell’art. 2 comma 6 DPR 213/2002 citata, secondo cui all’autorità superiore che effettua attività di revisione della scheda, si pone specificatamente l’obbligo di motivare l’eventuale dissenso rispetto al giudizio espresso dall’autorità inferiore.

Il Ministero, premesso che i giudizi in materia sono caratterizzati da un’altissima discrezionalità tecnica e che quindi sono soggetti al sindacato di legittimità solo entro limiti ristretti, assume che il giudizio sintetico troverebbe una puntuale corrispondenza nelle aggettivazioni che descrivono i singoli elementi; e comunque il giudizio finale del revisore valorizza gli elementi o i presupposti non tenuti adeguatamente in conto dal precedente compilatore, ma di conoscenza esclusiva da parte del revisore. Nel caso in esame il revisore, negli appositi spazi, ha espresso una motivazione sintetica, ma esaustiva, evidenziando le qualità del valutato, ma rilevando negativamente la non sempre adeguata disponibilità alle esigenze del reparto, condotta che "mal si concilia con la permanenza in una brigata di proiezione". Si tratta della valutazione obiettiva di un rendimento professionale, che non avrebbe raggiunto livelli di eccellenza tali da meritare l’attribuzione della qualifica apicale.

A tal fine il revisore rilevava le circostanze che il valutato non sarebbe "mai uscito in addestramento dalla caserma…" e che "… lo stesso non ha neanche visto il complesso sanitario campale allestito nella…..esercitazione… rimasto in opera per giorni…". Nei due mesi nei quali il dirigente il servizio sanitario era stato assente perché immesso nel teatro operativo afgano, egli avrebbe sostituito il comandante solamente per le visite mediche del personale dell’altra caserma di Rivoli, ma non nel disbrigo delle pratiche medicolegali.

L’assunto deve essere condiviso nei sensi che seguono.

In una prima angolazione si deve osservare che il difetto di motivazione da solo non poteva giustificare l’annullamento della valutazione fatto dal TAR.

Nell’ambito della tradizionale tripartizione consacrata nell’art.26 del T.U. C.d.S. 26.6.1924 n.1054 (e poi riconfermata prima dall’art. 2 della L. T.A.R. 6.12.1971 n.1034 ed oggi nell’art. 21octies 1 ° co. della L. n. 241 cit.), non può accogliersi infatti la tesi (nata soprattutto a seguito della prima stesura della normativa in questione) per cui la L. n.241\1990 avrebbe superato l’insegnamento della precedente giurisprudenza, sicché in conseguenza il difetto di motivazione andrebbe collocato tra le violazioni di legge.

Tale impostazione teorica è stata, infatti, senz’altro superata dall’art. 14, L. 11 febbraio 2005, n. 15, che inserendo l’art. 21octies 2° co. della L. n. 241 cit. ha eliminato ogni dubbio circa la riconduzione del difetto di motivazione nell’ambito dell’eccesso di potere, quale tipico indizio di un vizio funzionale del provvedimento.

Quanto poi all’erroneità nella sostanza della valutazione, si deve rilevare che i giudizi contenuti nella scheda valutativa dell’attività svolta dal militare in un determinato arco temporale esprimono apprezzamenti qualitativi sull’esercizio delle stesse e, toccando direttamente il merito dell’azione amministrativa, sono soggette al sindacato di legittimità del g.a. solo entro i limiti ristretti della manifesta abnormità, della discriminatorietà o del travisamento dei presupposti di fatto.

Pertanto -anche in relazione alla mancata allegazione da parte dell’appellato circa l’esistenza di situazioni di conflitto – deve negarsi che sussistano elementi sintomaticamente evidenti della violazione dei doveri di imparzialità, o del mancato rispetto dei precetti della logica, della coerenza interna, dell’errore nella valutazione dei presupposti, o comunque dello sviamento dell’atto dalla causa tipica o dall’interesse pubblico.

Per sorreggere il giudizio non negativo, ma meno favorevole, sul modo con cui l’ufficiale ha esercitato le sue funzioni, non si richiede l’indicazione di particolari fatti commissivi da parte del dipendente, essendo necessario e sufficiente che la documentazione esprima in termini riassuntivi e logicamente coerenti le caratteristiche essenziali del valutando.

In tale specifica ottica, è quindi processualmente rilevante che neppure il ricorrente in primo grado smentisca l’assunto di non esser mai andato a visitare il complesso sanitario da campo, sia pure adducendo la giustificazione di conoscere perfettamente il complesso in quanto ne assicurava personalmente la manutenzione: al riguardo non occorre citare manuali di addestramento militare per ricordare l’incidenza della presenza dei comandanti sul personale durante le esercitazioni.

Inoltre, sotto altro profilo, appare assolutamente singolare la perfetta coincidenza tra le date dell’ispezione e le assenze dal servizio dell’Ufficiale medico in questione.

L’abbassamento del giudizio da "ottimo" a "molto buono"qui impugnato appare dunque adeguatamente motivato con riferimento alla non sempre adeguata disponibilità dell’appellato alle esigenze operative di una Brigata di proiezione. Tale conclusione non appare dunque né irragionevole, né manifestamente abnorme, o discriminatoria.

In definitiva non vi sono dubbi sull’attendibilità complessiva delle valutazioni caratteristiche dell’Ufficiale per il periodo in questione. Di qui la fondatezza del motivo in esame.

– 3. In conclusione, negli esaminati profili, l’appello è fondato e deve essere accolto.

In relazione alla natura peculiare della controversia, le spese possono nondimeno essere compensate tra le parti.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:

– 1. accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, respinge il ricorso di primo grado;

– 2.spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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