Cass. civ. Sez. III, Sent., 06-04-2011, n. 7859 Cosa in custodia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Per quel che ancora rileva nel presente giudizio, M. O. citava R.S., proprietaria di un appartamento da cui si era sviluppato un incendio che aveva danneggiato quello di sua proprietà in uno stabile condominiale. La SAI spa (assicurazione della R.) e la Assitalia spa (assicurazione del condominio) venivano chiamate in garanzia dalla R. e eccepivano il limite dei loro rispettivi massimali.

Il giudice di primo grado accoglieva la domanda della M. e condannava la R. al pagamento dei danni, con diritto di manleva nei confronti delle due assicurazioni nei limiti del massimale. Dava atto della cessazione della materia del contendere nei confronti del Condominio e degli altri soggetti intervenuti, essendo stati integralmente risarciti dall’assicurazione.

2. Il giudice di appello (sentenza 21 febbraio 2008), per quel che ancora rileva nel giudizio:

a) nel rigettare l’appello principale della R., riteneva l’atto di citazione non nullo, pur in mancanza di indicazione degli articoli di legge invocati, potendo il giudice qualificare la domanda; riteneva non applicabile l’art. 1611 c.c., ma il 2043 c.c. rispetto al quale valutava assolto l’onere probatorio; poi affermava che, "volendo applicare" l’art 2050 c.c. "deve giungersi alla medesima conclusione";

b) in accoglimento dell’appello incidentale delle due assicurazioni, che lamentavano la mancata specificazione del massimale, rilevato che il massimale della Sai, pari a L. 100 milioni, era stato usato per l’indennizzo dei soggetti interamente risarciti e per il versamento in conto corrente alla M. di circa L. 24 milioni, stabiliva che la Sai era tenuta a versare alla M. il restante importo del massimale, pari a circa 1800,00 Euro.

3. La R. ha proposto ricorso per cassazione con sei motivi, corredati da quesiti e illustrati da memoria. Ha resistito con controricorso la Fondiaria Sai spa (già Sai).

3.1. Con i primi tre motivi, che possono trattarsi congiuntamente per la stretta connessione, la ricorrente lamenta: carenza di motivazione per essere stata ritenuta fondata la responsabilità su due norme ( artt. 2043 e 2050 c.c.) incompatibili, (primo, art. 111 Cost., art. 132 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4); violazione dell’art. 2043 c.c., avendo la decisione attribuito la responsabilità dell’illecito (incendio) a persona cui non è imputato (neanche nell’atto di citazione) alcun fatto doloso o colposo (secondo); violazione dell’art. 2050 c.c., avendo la decisione ritenuto l’applicabilità della suddetta norma senza che ricorresse (nè fosse stato prospettato nell’atto di citazione) l’esercizio di attività pericolosa (terzo).

I suddetti motivi vanno rigettati, ma – correggendo in tal senso la motivazione – va rettificato l’erroneo riferimento agli artt. 2043 e 2050 c.c. contenuto nella sentenza impugnata. Invero, la Corte di merito ha affermato la responsabilità della R. secondo un percorso logico che è quello dell’applicazione dell’art. 2051 c.c.:

valutate le prove, ha ritenuto accertato che l’incendio è partito dallo scoppio della caldaia nella casa di proprietà della R. (anche se è rimasta dubbia la causa, mal funzionamento, corto circuito), nonchè, che lo stesso si è propagato nell’appartamento della M.; quindi, ha preso atto che si tratta di danno provocato da un bene in custodia; conclusivamente ha accertato che non è stata fornita dalla R. la prova del caso fortuito.

3.2. Pure il quarto e il quinto motivo possono essere trattati congiuntamente perchè, anche quando sono prospettate violazioni di legge (nel quinto, in riferimento all’art. 1227 c.c.) è sostanzialmente censurato il vizio di motivazione.

Con il quarto, si deduce omessa e insufficiente motivazione sul fatto controverso, costituito dal luogo dove ha avuto origine l’incendio, non avendo la sentenza preso in esame le argomentazioni del consulente di parte, secondo il quale l’incendio si sarebbe sviluppato nel locale caldaia della M..

Con il quinto, si lamenta la condanna della R. ai danni, comprensivi anche del ritardo nella esecuzione delle opere necessarie per la riduzione in pristino – lavori avvenuti, a cura del condominio, e in ritardo, anche per il comportamento della M. – senza che il giudice abbia motivato sull’aggravamento dei danni, per il comportamento del danneggiato e fatti di terzi.

I motivi sono inammissibili perchè sottopongono alla Corte una valutazione dei fatti diversa rispetto a quella che il giudice ha ritenuto, con motivazione sintetica, ma complessiva e priva di vizi logici.

In ordine al luogo in cui l’incendio ebbe origine, il giudice, pur non avendo fatto espresso riferimento al consulente di parte, ha dato risalto alla ricostruzione effettuata dal consulente d’ufficio, evidentemente ritenendola decisiva e assorbente. Quanto alla mancata valutazione del comportamento della M. nell’aggravamento del danno, anche qui il giudice si è attenuto alle quantificazioni effettuate dal consulente ed ha valorizzato i chiarimenti e le integrazioni chiesti allo stesso; deve ritenersi, quindi, che non ha riscontrato responsabilità della M.. Peraltro, quest’ultimo profilo appare dedotto per la prima volta in sede di legittimità, non risultando come specifico motivo di appello.

3.3. Il sesto motivo è inammissibile per un duplice profilo. Nella parte in cui deduce ( art. 112 c.p.c. in riferimento al 360 c.p.c., n. 4) un vizio di extrapetizione in riferimento alla parte della pronuncia che concerne la condanna diretta della assicurazione, è inammissibile per astrattezza e genericità del quesito di diritto che lo conclude, privo di ogni collegamento con la fattispecie concreta.

Nella parte in cui, sempre rispetto allo stesso vizio, lamenta la violazione dell’art. 360, n. 5 è inammissibile, oltre che per evidente contraddittorietà, sulla base della pacifica giurisprudenza che esclude la prospettabilità come vizio motivazionale della violazione dell’art. 112 c.p.c..

Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna R.S. al pagamento, in favore della Fondiaria Sai spa, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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