Cons. Stato Sez. VI, Sent., 18-02-2011, n. 1053

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con atto di appello notificato il 4 dicembre 2010 il signor J.S.D., di nazionalità indiana, impugnava la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto n. 2938/10 del 13 luglio 2010 (che non risulta notificata), con la quale era stato respinto il suo ricorso avverso il diniego di rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, emesso nei confronti del medesimo il 22 dicembre 2009 e notificato il 24 maggio 2010 (decreto del Questore di Vicenza Cat. A 12/2009/Imm. nr. 216/09).

Il provvedimento risultava motivato dalla mancata costituzione del rapporto di lavoro, in funzione del quale il cittadino straniero in questione era stato autorizzato all’ingresso nel territorio italiano. Nella qui impugnata sentenza, emessa in forma semplificata ex art. 9 l. 21 luglio 2000, n. 205, si rilevava come la successiva instaurazione di un rapporto di lavoro diverso – rispetto a quello per il quale era stato rilasciato l’originario permesso di ingresso nel territorio nazionale – non avrebbe potuto essere considerata quale possibile "nuovo elemento", ai sensi e per gli effetti dell’art. 5, comma 5 d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, essendo stato perfezionato detto rapporto nel mese di gennaio 2010, dopo l’emanazione (benché prima della notifica) del provvedimento impugnato.

In sede di appello sono state prospettate censure di violazione dell’art. 22, comma 11, d.lgs. n. 286 del 1998, violazione di legge ed eccesso di potere, anche con riferimento alla circolare del Ministero dell’Interno n. 3836 del 20 agosto 2007 (in quanto il nullaosta lavorativo consentirebbe il subentro di un nuovo datore di lavoro), difetto di motivazione e di istruttoria e violazione dell’art. 5, comma 5, d.lgs. n. 286 del 1998.

Premesso quanto sopra. Il Collegio ritiene che sussistano i presupposti per l’accoglimento dell’appello con sentenza, emessa a norma dell’art. 60 d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104.

Da una parte, infatti, aveva indubbia rilevanza il rispetto dell’iter procedurale previsto, per il caso in cui un singolo cittadino straniero riceva un’offerta di lavoro, dall’ingresso in Italia del medesimo al concreto avvio del rapporto contrattuale (alla cui formalizzazione sia il datore di lavoro che il lavoratore si sono impegnati), ma d’altra parte deve essere anche ricordato come la vigente normativa assicuri forme sia di controllo che di tutela a favore della parte più debole di quel rapporto, disponendo (art. 22, comma 7, d.lgs. n. 286 del 1998) che "il datore di lavoro, che omette di comunicare allo sportello unico per l’immigrazione qualunque variazione del rapporto di lavoro intervenuto con lo straniero, è punito con la sanzione amministrativa da 500 a 2.500 euro" ed ancora (art. 22 cit., comma 11), che "la perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario". La stessa sopravvenuta carenza dei requisiti di ingresso, inoltre, è prevista quale causa di diniego o di revoca del permesso in questione dall’art. 5, comma 5, del più volte citato d.lgs. n. 286 del 1998, ma "sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi, che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili".

Nella situazione in esame, nella stessa sentenza di primo grado si configurava la stipula del nuovo contratto di lavoro, comunicato alla Questura il 29 gennaio 2010, come possibile "nuovo elemento", valutabile ai sensi e per gli effetti del già ricordato art. 5, comma 5, d.lgs. n. 286 del 1998, ma si rilevava l’avvenuta emanazione del proovedimento di diniego in data antecedente (22 dicembre 2009).

Ad avviso del Collegio, tuttavia, doveva essere considerata l’inefficacia del provvedimento stesso fino alla relativa notifica, avvenuta solo il 24 maggio 2010 (cfr., per il principio, art. 21bis l.7 agosto 1990, n. 241; Cons. Stato, VI, 5 giugno 2007, n. 2988; 22 aprile 2008, n. 1846), il che aprirà la via della possibilità, per l’Amministrazione, di valutare la nuova documentazione prodotta dall’interessato, con opportuna verifica della veridicità dei dati forniti. In tale prospettiva e in questi termini l’appello può essere accolto, con conseguente annullamento, in riforma della sentenza appellata, del provvedimento impugnato in primo grado. È il caso di aggiungere che l’Amministrazione potrà procedere al riesame di tutta la documentazione in suo possesso alla data di intervenuta efficacia del provvedimento stesso (24 maggio 2010).

Quanto alle spese giudiziali, tuttavia, il Collegio ravvisa giusti motivi per non disporne l’addebito a carico dell’Amministrazione, non costituita in giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, accoglie l’appello e, in riforma della sentenza oggetto di gravame, annulla il provvedimento impugnato in primo grado ai fini del riesame, nei termini di cui in motivazione; nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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