Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-02-2011) 23-02-2011, n. 6979 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 6 luglio 2010, il Tribunale di Catanzaro, a seguito di istanza di riesame nei confronti dell’ordinanza del Gip di Catanzaro, emessa in data 17/6/2010, con la quale era stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere a P.R., indagato per il reato di associazione mafiosa (capo a), detenzione illecita e porto di armi e ricettazione delle stesse (capi h ed i), escluso il reato di cui al capo a) e l’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7, confermava la misura cautelare custodiale per i residui reati.

Il Tribunale, dopo aver escluso la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, riteneva sussistente il quadro di gravità indiziaria in ordine ai reati relativi alle armi, desumendolo dalle conversazioni intercettate presso la casa Circondariale di Vibo Valentia, in data 28/12/2007, 4/1/2008 e 11/1/2008 intercorse fra il detenuto P.F.A., suo padre P.R., sua madre T.N. e suo zio T.G.. In tali conversazione, sia pure ricorrendo ad un linguaggio criptato, si faceva riferimento alle armi, fra cui un Kalashnikov ed una pistola, successivamente rinvenute, a seguito di una perquisizione avvenuta il 26 gennaio 2009, all’interno di un garage di pertinenza di T. A.. Dall’esame congiunto delle intercettazioni emergeva che P.R. e T.G. si erano attivati per spostare le armi custodite dal loro parente detenuto al fine di sottrarle alle ricerche della polizia.

Esclusa l’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7, ma ritenute sussistenti le esigenze cautelari, il Tribunale confermava la misura della custodia cautelare in carcere.

Avverso tale ordinanza propone ricorso l’indagato, per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando due motivi di gravame con il quali deduce violazione di legge e mancanza e manifesta illogicità della motivazione, sia per quanto riguarda la fondatezza del quadro indiziario, sia per quanto riguarda la fondatezza delle esigenze cautelari riconosciute dal Tribunale.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati.

Per quanto riguarda il primo motivo, in punto di gravità del quadro indiziario, occorre rilevare che il vaglio logico e puntuale delle risultanze processuali operato dal Tribunale per il riesame non consente a questa Corte di legittimità di muovere critiche, nè tantomeno di operare diverse scelte di fatto. Le osservazioni del ricorrente non scalfiscono l’impostazione della motivazione e non fanno emergere profili di manifesta illogicità della stessa; nella sostanza, al di là dei vizi formalmente denunciati, esse svolgono, sul punto dell’accertamento del quadro indiziario, considerazioni in fatto, che propongono una diversa lettura delle intercettazioni, insuscettibili di valutazione in sede di legittimità, risultando intese a provocare un intervento in sovrapposizione di questa Corte rispetto ai contenuti della decisione adottata dal Giudice del merito.

Ugualmente inammissibili risultano le censure in punto di fondatezza delle esigenze cautelari, essendo le relative valutazioni del Tribunale del riesame, tanto in punto di pericolosità sociale, quanto in punto di proporzionalità della misura, fondata su una motivazione congrua e priva di vizi logico-giuridici, come tale incensurabile in questa sede. In particolare, per quanto riguarda la pericolosità sociale il Tribunale ha specificamente e congruamente motivato, evidenziando che le gravi modalità del fatto e la pessima biografia penale dell’autore indicano l’esistenza di un habitus delinquenti idoneo a comportare una prognosi cautelari sfavorevole in ordine al pericolo di reiterazione di condotte delittuose della stessa specie.

Quanto alla proporzionalità della misura della custodia cautelare in carcere, il Tribunale ha fornito una congrua motivazione, osservando che la presenza di molteplici precedenti penali, anche specifici, fra cui spiccano due per estorsione, dimostrano una dimestichezza con gli ambienti criminali incompatibile con la misura degli arresti domiciliari.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00). Inoltre, poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 cit., comma 1 bis.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Si provveda ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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