Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 27-01-2011) 23-02-2011, n. 6896

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Gip presso il Tribunale di L’Aquila applicava la misura della custodia in carcere nei confronti di N.R., indagato di associazione a delinquere. avente ad oggetto una attività volta alla introduzione illegale nello stato di giovani donne dalla Nigeria per poi procedere alla riduzione in schiavitù e allo sfruttamento della prostituzione di esse.

A seguito di istanza di riesame, avanzata dall’indagato. il Tribunale di L’Aquila, con ordinanza del 19/8/2010. ha confermato la misura restrittiva.

Propone ricorso per Cassazione il prevenuto personalmente, con i seguenti motivi;

– violazione degli artt. 143 e 294 c.p.p.. rilevato che l’indagato non conosce la lingua italiana, tanto che in sede di interrogatorio di garanzia per rogatoria. davanti al Gip di Ascoli Piceno il N. si è avvalso di un interprete di lingua inglese, per cui la ordinanza di custodia cautelare doveva essere tradotta nella lingua dell’indagato.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.

Rilevasi che il N., a sostegno della istanza di riesame, avanzata al Tribunale, non si era limitato ad eccepire la nullità del provvedimento impugnato per omessa traduzione nella lingua inglese della ordinanza, ma aveva contestato, anche, la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, ravvisata dal Gip. Orbene è pacifico, secondo la giurisprudenza di questa Corte, che la proposizione della richiesta di riesame ha effetti sananti della nullità conseguente alla omessa traduzione della ordinanza cautelare personale, emessa nei confronti dell’indagato, che non conosce la lingua italiana, sempre che la richiesta di riesame non sia stata presentata solo per dedurre la mancata traduzione della ordinanza cautelare: in tal caso si configura, cioè, una nullità a regime intermedio, che tuttavia risulta sanata qualora l’interessato abbia successivamente esercitato il proprio diritto di difesa in modo tale da far presupporre la piena e completa comprensione del provvedimento cautelare (Cass. 17/3/2010. n. 13261; Cass. 22/5/08. n. 38/584; Cass. 22/11/07. n. 10481).

Tenuto conto, poi. della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il N. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., deve, altresì, essere condannato al versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000.00.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione di chiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende;

dispone che a cura della Cancelleria copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente, ex art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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