T.A.R. Campania Napoli Sez. V, Sent., 18-02-2011, n. 1014 Espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con atto notificato in data 11 novembre 2010 e depositato in data 10 dicembre 2010, i nominati ricorrenti, quali eredi di D.M.A. loro dante causa, hanno promosso azione volta all’ottemperanza della sentenza di questa Sezione n. 401/94 di annullamento dei provvedimenti di esproprio relativi agli immobili siti in Napoli, Vico II Fornelle, 46, I piano e via S. Giovanniello, 116, riportati in NCEU di Napoli alla partita 777 95 foglio 22 SCA, particella 135, sub 1 e 2, onde ottenerne la restituzione.

In proposito i ricorrenti espongono che le suddette aree sono state fatte oggetto di procedimento di esproprio in forza di ordinanza n. 5805 del Funzionario delegato del CIPE e del decreto di esproprio definitivo prog. 4178/91, poi annullati dalla citata decisione; e che i pregressi ricorsi per conseguirne la restituzione vennero definitivi con pronuncia declinatoria della giurisdizione sia dal G.A. (sent. 1841/99) che dal G.O. (sent. 8846/08).

Si è costituito il Comune intimato che con memoria ha contestato la ricostruzione dei fatti operata dai ricorrenti, eccependo la prescrizione dell’azionato diritto per tardiva riassunzione del presente giudizio.

Tanto esposto in fatto, il Collegio rileva sul punto di giurisdizione che è ormai pacifico che a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 11 maggio 2006 n. 191, la quale è intervenuta nella materia delle occupazioni appropriative della p.a. dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 53, comma 1, del D. L.gvo 8 giugno 2001, n. 325 (trasfuso nel D..P.R. n. 327 del 2001), nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a "i comportamenti delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti ad esse equiparati", non esclude i comportamenti non riconducibili, nemmeno mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere, emerge di contro l’ascrivibilità della controversia in esame alla tipologia delle occupazioni cd."appropriative", seguenti a comportamenti "amministrativi", riconducibili, almeno mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere, come tali attratti senz’altro alla sfera di giurisdizione del Giudice Amministrativo (Cons. Stato, Ad. Plen., 30 luglio 2007, n. 9 e 22 ottobre 2007, n. 12).

Ne consegue che, quanto alla domanda restitutoria formulata in termini di ottemperanza alla citata pronuncia caducatoria della procedura espropriativa de qua, la giurisdizione Amministrativa sulla presente controversia è correttamente radicata.

Ancora in via preliminare va disattesa l’eccezione di prescrizione per mancata riassunzione del presente giudizio dopo le riferite sentenze declinatorie della giurisdizione per asserita violazione dei termini di cui alla l. 69/2009: in disparte la correttezza di tale ultimo rilievo (dovendosi, quale dies a quo, considerare il passaggio in giudicato delle pronunzie medesime) è sufficiente rilevare come, per un verso, l’effetto interruttivo istantaneo comunque si connette alla proposizione dell’azione e che l’effetto sospensivo permane fino alla definizione del giudizio in cui viene accertato il difetto di giurisdizione.

Precisato ciò, ritiene il Collegio che il ricorso sia fondato e da accogliere nel termini di seguito esposti.

È pacifico tra le parti ed emerge dagli atti che le citate particelle sono state oggetto di esproprio con atti poi annullati con sentenza passata in giudicato; detto ciò, il Collegio ritiene di dovere ulteriormente precisare, in ordine al ventilato perfezionamento del passaggio di proprietà per accessione invertita, che l’effetto acquisitivo automatico derivante dall’alterazione definitiva dello stato dei luoghi non trova più copertura normativa e/o giurisprudenziale nel nostro ordinamento a seguito delle statuizioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale ha ritenuto, nella pronuncia della Sezione IV del 6 marzo 2007 n. 43662, che l’istituto della occupazione acquisitiva sia lesivo del principio di legalità, per la perdita di proprietà sulla base di un atto inizialmente illegittimo che implica in primo luogo l’applicazione del principio della restituito in integrum e, ove ciò non sia possibile, la determinazione di un’indennità consistente nella corresponsione di una somma equivalente al valore del bene occupato, aumentato dell’eventuale plusvalore dato dall’esistenza di costruzioni edificate durante l’occupazione da parte della P.A..

Per adeguare l’ordinamento nazionale ai principi affermati dalla Corte, lo Stato ha introdotto l’art. 43 del DPR 8 giugno 2001 n 327, concernente la cosiddetta "acquisizione sanante", oggi dichiarata incostituzionale per eccesso di delega con sentenza 48 ottobre 2010 n. 293, che consentiva alla pubblica amministrazione, "extra ordinem", rispetto all’ordinario procedimento espropriativo (necessariamente mancante o viziato), di acquisire a determinate condizioni beni immobili altrui al proprio patrimonio indisponibile. Si tratta(va) di una norma che oltre ad attribuire all’Amministrazione il potere di dare "a regime" una soluzione al caso concreto, quando gli atti del procedimento divengano inefficaci per decorso del tempo o siano annullati dal giudice amministrativo, consente(iva) anche di rimuovere un precedente contrasto tra la prassi interna (amministrativa e giudiziaria) e la Convenzione Europea.

L’art. 43 si riferi(va) anche alle occupazioni "sine titulo", già sussistenti alla data di entrata in vigore del testo unico (Cons. Stato, Ad. Plen. n. 2 del 2005; Cons. Stato, Sez. IV 16 novembre 2007 n. 5830; Cons. Stato, Sez. IV 27 giugno 2007, n. 3752; Cons. Stato, Sez. IV 21 maggio 2007, n. 2582; TAR Sardegna, 31 gennaio 2008 n. 83), potendo, del resto, essere riconducibile nel novero delle norme processuali.

Da ciò consegue che non possa ritenersi perfezionato alcun diritto reale in favore dell’amministrazione relativamente ai terreni di proprietà dei ricorrenti, già oggetto di esproprio poi annullato in sede giurisdizionale, per cui il privato può chiedere la restituzione del fondo con la riduzione in pristino di quanto realizzato (Cons. Stato, Sez. IV, 16 novembre 2007 n. 5830).

Corollario del sistema delineato dal richiamato art. 43 precitato é il principio secondo cui il trasferimento della proprietà del bene non può oggi connettersi neppure alla unilaterale volontà del privato di abdicare al proprio diritto, che, in materia di occupazione usurpativa, viene considerata implicitamente nella richiesta del proprietario di liquidazione del danno commisurato alla definitiva perdita della disponibilità del bene.

Nel nostro ordinamento, in definitiva, non può più ritenersi sussistente l’istituto – di creazione pretoria – della cosiddetta "occupazione appropriativa", secondo il quale, anche in assenza di un provvedimento ablatorio, l’Amministrazione acquista, a titolo originario, la proprietà dell’area altrui, in virtù della trasformazione irreversibile della stessa ed in attuazione della dichiarazione di pubblica utilità (in tal senso, tra le tante, Cons. St., IV, 30 novembre 2007 n. 6124; Id., 21 maggio 2007 n. 2582). Come già rilevato, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha espressamente affermato che l’istituto in questione rappresenta una illegittima compressione del diritto di proprietà privata, configurando una violazione del Protocollo Addizionale n. 1 della Convenzione Europea e che spetta all’ordinamento interno l’individuazione dei mezzi di tutela, i quali devono, però, essere efficaci e collegarsi in un quadro normativo chiaro, preciso e prevedibile (sentenze 30 maggio 2000; n. 24638/94 e n. 31524/96). In altri termini, anche se è stata realizzata l’opera pubblica, l’Amministrazione ha l’obbligo di restituire il suolo e di risarcire il danno cagionato: "fin da quando l’istituto della c.d. accessione invertita è stato espunto dal nostro ordinamento a causa della sua acclarata incompatibilità comunitaria, l’annullamento giurisdizionale degli atti espropriativi impugnati comporta l’obbligo dell’Amministrazione di restituire i terreni occupati e di risarcire il danno da illegittimo spossessamento (Consiglio Stato, sez. IV, 27 marzo 2009, n. 1858; T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 15 gennaio 2009, n. 220; T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I, 18 dicembre 2008, n. 1796; e, da ultimo, v. T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 10 maggio 2010 n. 1093).

In conclusione, non essendo oggi più configurabile l’istituto dell’accessione invertita, il pagamento di un equivalente monetario presuppone necessariamente il previo trasferimento della proprietà dell’immobile (conseguente ad atto amministrativo o negoziale, ad usucapione o a rinunzia del privato), che manca; di conseguenza, l’obbligo allo stato sussistente in capo al Comune è quello della restituzione del bene, che risulta essere ancora nella proprietà dei privati.

Fondata è dunque la domanda di esecuzione del giudicato nei termini rivendicati dai ricorrenti; pertanto, deve essere disposta la condanna del Comune di Napoli alla restituzione degli immobili siti in Napoli, Vico II Fornelle, 46, I piano e via S. Giovanniello, 116, riportati in NCEU di Napoli alla partita 777 95 foglio 22 SCA, particella 135, sub 1 e 2, in quanto attualmente occupati sine titulo, e cioè in mancanza di un valido decreto d’esproprio.

Per le relative modalità, ritiene il Collegio, di dovere fare applicazione estensiva – peraltro coerentemente con la dimensione di tutela in forma specifica che latamente assume la presente statuizione – dell’art. 34, comma 4, del dcr. lgs 2.7.2010 n. 104 stabilendo i criteri di determinazione delle modalità restitutorie nel seguente modo:

A) entro 60 (sessanta) giorni dalla comunicazione o notificazione della presente decisione, il Comune di Napoli e i ricorrenti potranno addivenire ad un accordo in ordine al trasferimento dei beni in discorso o, in alternativa, ad una concordata quantificazione monetaria del loro valore sulla base delle disposizioni legislative vigenti, con effetto traslativo per la mano pubblica a fronte del corrispettivo erogato al privato a titolo di definizione della res controversa;

B) qualora non dovesse addivenirsi al trasferimento delle aree con le modalità e nel termine individuato alla lettera A), le stesse dovranno essere immediatamente restituite ai ricorrenti, con tutte le addizioni e libere da persone e cose;

C) in mancanza, su istanza di parte, si procederà alla nomina di un commissario ad acta per gli adempimenti sopra descritti.

In conclusione il ricorso deve essere accolto nei termini che precedono.

La peculiarità della controversia giustifica l’integrale compensazione delle spese del giudizio tra le parti costituite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta), accoglie il ricorso per l’ottemperanza della sentenza Tar Campania Napoli n. 401/94 nei termini di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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