Cass. civ. Sez. I, Sent., 07-04-2011, n. 7983 Dichiarazione di fallimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 284 depositata il 14 maggio 2005 la Corte d’appello di Ancona ha respinto gli opposti gravami, proposti in via principale dal curatore del fallimento ed in via incidentale da V. T., avverso la sentenza del Tribunale di Fermo n. 618/2003 che aveva revocato l’estensione del fallimento della società Cin Cin Bar di Paternesi Giampiero s.n.c. nei confronti della predetta appellante, ritenuta dal Tribunale fallimentare socia occulta.

Avverso questa decisione il curatore del fallimento Cin Cin Bar s.n.c. ha proposto ricorso per cassazione articolato in sette motivi ed ulteriormente illustrato con controricorso depositato ai sensi dell’art. 378 c.p.c. Gli intimati hanno resistito con controricorso contenente ricorso incidentale, affidato ad unico motivo resistito dal ricorrente principale con controricorso. Il ricorrente principale ha infine depositato memoria difensiva ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione

Preliminarmente si dispone la riunione del ricorsi, proposti avverso la medesima decisione.

Il ricorso incidentale, per esigenze logiche meritevole d’esame prioritario, è infondato.

Ripropone l’eccezione di inesistenza o quanto meno di nullità dell’atto d’appello, sull’assunto che il mandato conferito al difensore del fallimento non fosse successivo alla sentenza del Tribunale, oggetto di gravame.

Il ricorrente principale deduce inammissibilità, ovvero infondatezza della censura. Il motivo è privo di fondamento.

La Corte territoriale, pronunciando sulla preliminare censura dell’appellante incidentale di nullità della citazione ed inammissibilità dell’appello, ha rilevato che il mandato originario conferito dal curatore fallimentare al suo difensore Avv. Daniele Liberini prevedeva la fase d’impugnazione e fosse perciò esteso anche a questo grado di giudizio. La procura, contenuta nella citazione passiva di primo grado, era infatti espressamente estesa agli altri gradi di giudizio. La lettura degli atti, ammessa in ragione processuale del vizio denunciato, conferma l’esattezza di questa ricostruzione. L’Avv. Liberini venne officiato della difesa della procedura sia per il primo grado che per la fase di gravame dal curatore fallimentare, previa autorizzazione del giudice delegato rilasciata per ciascuno dei due gradi di giudizio, e dunque espletò regolarmente e validamente il suo mandato.

Quanto al contenuto della procura giova ribadire che "la presunzione di conferimento della procura solo per il primo grado di giudizio, opera solo se la sua formulazione risulta assolutamente generica, e può essere superata se dal suo testo si desuma la volontà del conferente di attribuire il potere di rappresentanza anche per i successivi gradi di giudizio.

L’interpretazione di tale contenuto è soggetta al principio ermeneutico stabilito per gli atti di parte " dall’art. 1367 cod. civ. e dall’art. 159 cod. proc. civ., e pertanto deve essere compiuta nel rispetto della regola della conservazione del negozio (Cass. 7772/03)". Cass. n. 12170/2005.

L’esegesi condotta dal giudice di merito, neppure censurata in relazione a presunta violazione dei canoni legali di ermeneusi negoziale, si colloca in questo solco.

Ne discende il rigetto del ricorso incidentale.

Con i primi due motivi del ricorso principale, denunziando violazione degli artt. 112 e 210 c.p.c. e vizio d’omessa motivazione, il ricorrente lamenta il malgoverno del potere officioso spettante al giudice nella materia in esame, che avrebbe consentito il l’acquisizione del fascicolo fallimentare, peraltro (chiesta nelle conclusioni dell’atto d’appello, necessaria) e dovuta, siccome la sentenza opposta conteneva riferimento ai documenti ivi allegati. Si censura quindi la sentenza impugnata sull’assunto che:

1.- la Corte territoriale, che aveva appunto rilevato che il primo giudice non aveva tenuto conto dei conti correnti siccome prodotti in fotocopia, avrebbe dovuto autorizzare l’acquisizione del fascicolo fallimentare, o quanto meno disporla d’ufficio;

2.- ha erroneamente affermato che detto fascicolo non era acquisibile d’ufficio, e comunque ha immotivatamente, respinto la relativa istanza d’acquisizione.

Col terzo motivo il ricorrente deduce violazione degli artt. 110 e 157 c.p.c. ed ancora vizio d’omessa o insufficiente motivazione con riguardo alla pronuncia d’inammissibilità della denunciata violazione del diritto di difesa della società Conad Primavera, litisconsorte necessario, alla quale non era stato dato avviso della nuova udienza di discussione.

Col quarto e quinto motivo, deducendo violazione degli artt. 1417 e 2729 c.c. nonchè degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. e correlato vizio di motivazione, il ricorrente denuncia malgoverno dei principi in materia di acquisizione della prova in via presuntiva e di onere probatorio in relazione alla sussistenza del vincolo sociale tra la V. e la società fallita. L’errore risiederebbe nel non aver rilevato che i contratti erano simulati, atteso il loro contenuto contraddittorio ed il contrasto con la contabilità della società Cin Cin., il fatto che i contratti di cessione dell’azienda poi fallita facevano parte di un disegno volto a dissimulare l’esistenza di intesa comune, che la simulazione era documentalmente verificabile ed accertata dalle indagini della Guardia di Finanza. Le acquisizioni indiziarie non erano dunque equivoche. Le dichiarazioni del P. erano riscontrate da altri elementi di prova. La V. non aveva assolto all’onere da cui era gravata di provare l’estraneità alla società fallita.

Ancora col sesto motivo, il ricorrente, deducendo violazione della L. Fall., art. 147, lamenta omesso esame di acquisizioni probatorie (costituzione s.a.s. tra N. e V., conti correnti, contabilità fallita, dopo la cessione alla V. fino al dicembre 1991, relazione Guardia di Finanza, fattura riparazione (OMISSIS)), attestanti la partecipazione della V. alla compagine della società fallita.

Con l’ultimo motivo, infine, denunciando violazione degli artt. 90, 91 e 92 c.p.c. ed ancora vizio di motivazione, si ascrive al giudice d’appello errore consistito per non aver compensato le spese di entrambi i gradi di giudizio. La controricorrente deduce infondatezza di tutte le censure.

Prima ancora di procedere all’esame analitico dei motivi, si riepiloga il tessuto argomentativo della decisione impugnato rilevando che la Corte territoriale: ha dichiarato inammissibile per difetto d’interesse ovvero per mancanza di legittimazione ex art. 157 c.p.c., comma 2, la censura di nullità della sentenza impugnata mossa dal curatore fallimentare per mancato avviso alla difesa della società Conad Primavera s.n.c. della rifissazione dell’udienza di discussione.

Nel merito ha ritenuto che le acquisizioni istruttorie ,-offrissero indizi equivoci, privi di precisione e concordanza, inidonei ad offrire la prova del vincolo sociale in quanto:

il curatore non aveva provato l’operatività della stessa società fallita. Nè aveva dimostrato l’esistenza di conti correnti comuni tra la V. e N.L., uno dei soci della collettiva dichiarato fallito unitamente alla società, di cui neppure aveva indicato gli estremi identificativi e tanto meno il tipo di operazioni ivi contabilizzate. Si era piuttosto limitato ad un generico riferimento ai documenti acquisiti agli atti, senza produrre le copie del fascicolo fallimentare non acquisibile d’ufficio;

i documenti contabili ed amministrativi intestati alla società dopo la cessione dell’azienda e fino al dicembre 1991, effettivamente non esaminati dal primo giudice, non erano idonei a provare il vincolo sociale, sia perchè sarebbe stato necessario dimostrarne la simulazione anche nei confronti degli altri soggetti che ne furono parte, sia perchè occorrerebbe dimostrare che la V. fu parte della simulazione della prima cessione d’azienda del 12.5.1991, sia perchè non sono ammissibili presunzioni desunte sa presunzioni;

erano irrilevanti le dichiarazioni rese dal socio fallito P. G. agli agenti della Guardia di Finanza nel verbale del 22.3.1994 perchè egli riferì de relato dal N. del contributo finanziario della V. a favore della società e per conoscenza diretta che la società stessa non aveva mai attivato l’esercizio dell’impresa.

I primi due motivi sono inammissibili.

In tesi richiamano correttamente il potere del giudice, nel giudizio d’opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, di attingere d’ufficio alle risultanze incontestate, emergenti dagli atti del fascicolo fallimentare, indipendentemente dalle produzioni documentali del curatore (per tutte Cass. n. 4476/2003 e di recente n. 19141/2006). Nondimeno;, non indirizzano censura pertinente al nucleo della decisione impugnata. La Corte territoriale, che ha disatteso il principio ricordato incorrendo nel denunciato errore di diritto, ha escluso l’efficacia probatoria dei documenti "acquisiti agli atti", cui aveva fatto riferimento il curatore fallimentare, poichè questo riferimento era solo generico. In questa chiave la decisione non è fatta segno di critica. La sua ratio si spiega alla luce della ritenuta natura esplorativa dell’acquisizione del fascicolo della fase prefallimentare, a giudizio dell’organo di merito in questa sede insindacabile in quanto adeguatamente e logicamente motivato, discendente dall’omessa specificazione della documentazione rilevante in causa, di cui, questa volta effettivamente e correttamente, era onerato il curatore che intendeva provare, mediante la sua acquisizione, il contestato vincolo sociale che aveva determinato l’estensione nei confronti della V. del fallimento già dichiarato nei confronti della società collettiva Cin Cin.. I motivi non colgono il senso di questa parte della decisione, assolutamente tranciante, e propongono per l’effetto questione fondata ma irrilevante. Per tale ragione sono inammissibili.

Il terzo motivo è infondato.

La società Conad Primavera, creditore istante e perciò litisconsorte necessario, nella fase d’appello rimase contumace. Il rinvio d’ufficio dell’udienza di discussione non doveva perciò esserle perciò comunicato (cfr. Cass. n. 5338/1999); la relativa ordinanza non rientra infatti nel novero dei provvedimenti tassativamente indicati nell’art. 292 c.p.c., comma 1 che ne prescrive la notificazione personale al contumace. La mancata notizia di quel rinvio non determina perciò violazione del principio del contraddittorio, di cui, come ha peraltro correttamente rilevato il giudice d’appello, avrebbe avuto ragione di dolersi la società Conad personalmente, ma non certo il curatore fallimentare che, a tal riguardo, fece valere ed ha ora ribadito un interesse meramente generico ed astratto. Il quarto, quinto e sesto motivo sono inammissibili. Ripercorrono la vicenda fattuale, rileggendola alla luce delle risultanze probatorie che si assumono erroneamente valutate, sollecitandone il nuovo apprezzamento sulla base di un richiamo ad elementi probatori genericamente indicati. Non ne risulta, infatti, la riproduzione, quanto meno nelle parti che si affermano salienti e decisive. Il principio di autosufficienza che assiste il ricorso per cassazione impone di riprodurre, o quanto meno di riferire con la necessaria specificità, il testo degli atti o le parti delle prove orali asseritamente non vagliati in sede di merito, ovvero del cui apprezzamento si offrirebbe nella sentenza impugnata motivazione illogica. Questo onere non è stato assolto. I motivi espongono confusamente i fatti ed i dati che avvalorerebbero la sussistenza del vincolo sociale, ma ne omettono la fedele rappresentazione, sì che è impossibile, sulla base del loro richiamo, condurre lo scrutinio sollecitato.

La riscontrata genericità delle censure ne determina la declaratoria d’inammissibilità. L’ultimo motivo è privo di fondamento.

La Corte territoriale ha applicato il principio della soccombenza. La statuizione, assunta in applicazione dell’art. 91 c.p.c., non merita perciò censura. E’ infatti sindacabile in sede di legittimità il solo caso di violazione di legge, in cui le spese siano poste a carico della parte totalmente vittoriosa. La valutazione dell’opportunità della compensazione totale o parziale rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca sia in quella u della sussistenza di giusti motivi e, pertanto, esula dal sindacato di legittimità (cfr. Cass. n. 11597/2002, 17953/2005).

Tutto ciò premesso, il ricorso principale deve essere rigettato con condanna del ricorrente, attesa la prevalenza della sua soccombenza, al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

LA CORTE riunisce i ricorsi e li rigetta. Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del presente giudizio liquidandole in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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