Cass. civ. Sez. I, Sent., 07-04-2011, n. 7980 Vendita forzata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

G.R. il 14 giugno 2005 chiese al giudice delegato del fallimento della società Agriproject s.r.l. la revoca ex art. 487 c.p.c. dei provvedimenti emessi in sede di liquidazione immobiliare, in forza dei quali aveva mancato di dar corso agli incanti fissati per le udienze del 12 marzo e del 24 maggio 2005, avendo rilevato che l’avviso di vendita pubblicato su un giornale aveva indicato un prezzo base superiore a quello stabilito, sebbene con riferimento all’udienza del 24 maggio quel giornale avesse provveduto alla necessaria correzione pubblicata il 20 aprile 2005.

Dedusse l’istante che la offerta di partecipazione del concorrente F.F., presentata per il 24 maggio 2005, era invalida, in quanto costui non aveva depositato la cauzione per le spese nè era risultata tempestiva la sua domanda; e chiese che i beni posti in vendita fossero a lui aggiudicati, previa riapertura dell’incanto fissato per il 12 aprile 2005 che lo aveva visto unico offerente.

Il giudice delegato con decreto 23 giugno 2005 respinse l’istanza, rilevando che i rinvii operati nelle udienze di vendita non erano mai stati impugnati dall’interessato. Il successivo 28 giugno il G. reclamò il provvedimento dinanzi al tribunale, rinnovando le richieste predette e chiedendo che fosse espletato un altro incanto, previo annullamento di quello che si era celebrato il (OMISSIS), nel quale i beni erano stati aggiudicati al F., con esclusione, di quest’ultimo dalla gara, attesa la invalidità dell’offerta presentata in occasione dell’incanto del 24 maggio;

infine invocando la proroga del proprio contratto di affitto intercorso con la procedura concorsuale.

Il reclamo è stato respinto con Decreto 15 luglio 2005 con il quale il reclamante è stato condannato al pagamento delle spese processuali.

Premesso che il reclamante aveva stipulato con la curatela un contratto di affitto prorogato sino al 30 settembre 2005, nel quale non risultava contemplato alcun diritto di prelazione e rilevato che nella originaria ordinanza di vendita del 17 luglio 1998 era stato disposto che in caso di aggiudicazione il curatore avrebbe dovuto provvedere agli adempimenti di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 3, comma 4, ha osservato il tribunale che dei tre motivi di doglianza – rispettivamente fondati sulla dedotta illegittimità dei rinvii operati dal giudice delegato in sede di vendita; sulla dedotta invalidità della richiesta di partecipazione del F. alla vendita del 24 maggio 2005 e infine sul riconoscimento immediato del preteso diritto di prelazione – i primi due fossero inammissibili e infondato fosse il terzo.

Con riguardo ai rinvii ha considerato che il reclamo nei riguardi del rigetto delle istanze di revoca dei provvedimenti di rinvio delle udienze del 12 aprile e del 24 maggio 2005 era stato fondato sulla assunta illegittimità dei rinvii, che non avevano formato oggetto di impugnazione, non su ragioni attinenti al provvedimento impugnato;

tali rinvii ha comunque giudicato essere stati legittimi e giustificati. Quanto alla seconda doglianza, il tribunale dopo averne rilevato la tardività per le ragioni prima considerate e per il difetto di interesse ad una pronuncia priva di incidenza sul rinvio operato e sulla possibilità che il terzo presentasse una nuova offerta nel successivo incanto, ha ritenuto di disattenderla osservando che il processo esecutivo è strutturato come successione di sub procedimenti in quanto l’asta pubblica ha finalità diverse e consiste in un complesso di operazioni volte ad individuare l’aggiudicatario, sicchè non è applicabile alla vendita l’art. 82 disp. att. c.p.c., a fronte degli interessi coinvolti che qui investono tutti i soggetti che comunque possono essere interessati a partecipare all’incanto. Effetto di tale premessa è che ogni volta che un incanto non può aver luogo per irregolarità o vizi devono essere rinnovate tutte le formalità previste dalla legge e la nuova asta acquista piena autonomia rispetto alla precedente; sicchè, pur prescindendo dalla validità dell’offerta del F., non avendo la vendita programmata per il 24.5.2005 avuto luogo, egli era ben legittimato a presentare una nuova offerta per la successiva asta del 28 giugno 2005 in cui divenne aggiudicatario.

Il tribunale infine ha respinto anche la terza doglianza osservando che l’esercizio del diritto di prelazione deve avvenire nel momento in cui il prezzo è definitivo, quando cioè sia decorso inutilmente il termine di cui all’art. 584 c.p.c. termine nella specie non ancora decorso, allorchè il G. aveva esercitato il diritto di prelazione. Ha comunque considerato infondata quella pretesa in quanto la prelazione si inserisce nella normativa che disciplina le materie della cassa integrazione,- della mobilità, del trattamento di disoccupazione e di avviamento al lavoro, per cui non può essere riconosciuta all’impresa fallita che non abbia i requisiti per l’ammissione al trattamento di integrazione salariale straordinaria per i suoi dipendenti, al di là della discutibilità della prospettazione di un affitto di azienda secondo la accezione e il senso di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 3, comma 4.

Propone ricorso per cassazione G.R. con tre motivi;

resiste con controricorso F.F., che ha anche depositato memoria.
Motivi della decisione

1 – Con il primo motivo il ricorrente lamenta la nullità del decreto impugnato per incompatibilità del giudice delegato a costituire il collegio giudicante.

Con il secondo denunzia la nullità del rinvio operato dal giudice delegato nella udienza del 12 aprile 2005 e la nullità dell’incanto del 28 giugno 2005 e prospetta la erroneità del decreto impugnato per travisamento dei presupposti stabiliti dalla legge in materia di pubblico incanto Con il terzo mezzo, premesso che il proprio diritto alla aggiudicazione gli derivava dal diritto di prelazione espressamente riconosciutogli nel corso della procedura fallimentare, il ricorrente censura le ragioni poste a base del diverso convincimento del tribunale, in quanto fondate su una interpretazione giurisprudenziale restrittiva della normativa di cui alla L. n. 223 del 1991. 2 – Preliminarmente va rilevato che all’atto del deposito del ricorso il difensore avv. S. Saita, con studio in Caltagirone, non domiciliato in Roma, aveva chiesto l’invio in copia dell’avviso dell’udienza di discussione e del dispositivo della sentenza della Corte.

Successivamente ha fatto pervenire la dichiarazione di elezione di domicilio in Roma via Pescaglia n. 71/A presso lo studio dell’avv. Fabrizio Ferrara.

L’avviso di udienza è stato pertanto correttamente dalla cancelleria notificato presso il domiciliatario, appalesandosi revocata la richiesta formulata a suo tempo, ancor più per il fatto che non è stata rinnovata con la sopravvenuta dichiarazione di domiciliazione in Roma. La mancata partecipazione all’udienza di discussione del difensore del ricorrente non ne giustifica dunque il differimento.

3- Il ricorso non può essere accolto.

Il primo motivo è privo di fondamento, atteso che la incompatibilità denunziata non trova riscontri nel sistema normativo che ha preceduto la riforma della L. Fall., art. 25 di cui al D.Lgs. n. 5 del 2006 e D.Lgs. n. 169 del 2007, ratione temporis applicabile, e che consentiva, in forza della esigenza di concentrazione processuale di ogni controversia negli organi della procedura e della rapidità delle fasi processuali assicurata dalla presenza del giudice delegato, la sua partecipazione ai giudizi di reclamo avverso suoi atti (Cass. 14.471/2005, 12.904/1995; 1209/1992).

Peraltro la incompatibilità avrebbe dovuto il ricorrente denunziare ai sensi dell’art. 51 c.p.c., comma 1, n. 4 e art. 52 c.p.c., proponendo la ricusazione tempestiva, in difetto della quale egli non ha qualunque titolo ad invocarla.

4 – Senza pregio è il seconde motivo.

Alla stregua di quanto dedotto nel ricorso e precisato nel decreto impugnato nella udienza del 12 aprile 2005 unico offerente fu G. R.; ma l’udienza fu rinviata al 24 maggio successivo, nella quale risultò offerente oltre a lui anche F.F..

Ulteriore rinvio ricevette l’incanto al 28 giugno 2005, in cui fu disposta la aggiudicazione in favore del F..

Nello stesso giorno fu reclamato al tribunale il Decreto 23 giugno 2005 del giudice delegato, che aveva respinto le istanze di revoca dei provvedimenti di rinvio delle udienze, compresa quella del 24 maggio 2005.

Il tribunale ha dichiarato tardivo il reclamo, rilevando che i provvedimenti di rinvio non erano stati oggetto di impugnazione e che quello reclamato non era stato censurato per vizi propri, sicchè l’assunto del ricorrente, di avere proposto tempestivo reclamo avverso la reiezione della sua istanza da parte del giudice delegato in data 23 giugno 2005, non ha rilievo alcuno, perchè le censure hanno riguardato i rinvii del 12 aprile e del 24 maggio 2005, i cui provvedimenti erano rimasti incontestati nei termini previsti per essere impugnati.

Quanto alla aggiudicazione provvisoria, il reclamo ha investito quell’atto, ma anche qui, in quanto "conseguito" ai ritenuti illegittimi rinvii, come ha espressamente ribadito il ricorrente (f.7 ricorso), il quale non ha pertanto più titolo a porre in discussione la validità e la correttezza di provvedimenti consolidati; e per la stessa ragione la validità della risalente offerta di acquisto di F.F., in ordine alla quale è peraltro rimasta ignorata la ratio decidendi del decreto impugnato, fondata sul rilievo che, ove si prescindesse dalla sua validità, non avendo la vendita programmata per il 24 maggio 2005 avuto luogo, egli era legittimato a presentare un’offerta per la successiva asta in cui divenne aggiudicatario.

E in ordine a tale aggiudicazione, nonchè all’incanto espletato il 28 giugno 2005, valgono le medesime considerazioni, essendo stata dell’una e dell’altro denunziata la invalidità, come derivato della presunta illegittimità dei rinvii precedenti, mentre il motivo aggiunto, di illegittimità dell’incanto perchè " non risultano rispettati i termini di cui all’art. 173 disp. att. c.p.c. e di cui all’ordinanza di vendita dell’8.4.2002 inerenti la pubblicazione dell’avviso sul quotidiano…" si appalesa nuovo, al di là del fatto che comunque il ricorrente manca di riportare, in termini rigorosamente testuali, il reclamo al tribunale, in (osservanza del principio di autosufficienza, oltrechè di prospettare – nel rispetto della esigenza di specificità dei motivo – la correlazione del disposto della norma invocata (successivamente abrogata), che è relativa alle istanze di assegnazione e di vendita, con l’avviso di vendita.

5- Il terzo motivo è inammissibile, poichè non censura la prima ratio decidendi del decreto impugnato che ha respinto il reclamo, in quanto il diritto di prelazione può essere esercitato solo nel momento i cui il prezzo è definitivo, quando cioè sia decorso il termine di cui all’art. 584 c.p.c., che nella specie non era maturato alla data in cui il giudice delegato ritenne di non dover provvedere sulla istanza del G., che aveva manifestato di volere esercitare immediatamente l’asserito diritto di prelazione. Sicchè le valutazioni di fatto, pure compiute dal tribunale in ordine alla infondatezza della pretesa, sono sottratte all’esame del giudice di legittimità, perchè il ricorrente avrebbe dovuto attivare tale pretesa, solo nel momento in cui fosse stato legittimato, suscitando il provvedimento di merito, avverso il quale proporre le eventuali impugnazioni.

Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano in Euro 2.220,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali in Euro 2.220,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *