Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Il ricorrente impugna il permesso di costruire 4064/08 e la variante 4064/08/1 rilasciata alla controinteressata Immobiliare Seven6 snc per la costruzione di un complesso immobiliare costituito da un fabbricato destinato a contenere quattro appartamenti e due ville unifamiliari, che verrebbe a svilupparsi nel lotto adiacente quello in cui il ricorrente vive con la propria famiglia aumentando i carichi urbanistici della zona e togliendogli luce, aria e la vista del lago.
Il ricorrente ritiene che il permesso di costruire sia illegittimo e contro di esso spiega i seguenti motivi di ricorso:
1. il permesso di costruire sarebbe illegittimo per violazione dell’art. 13, co. 12, l.r. 12/05 e dell’art. 12 d.p.r. 380/01, perché il permesso di costruire rilasciato il 16. 4. 2009 si pone in contrasto con le misure di salvaguardia previste dal PGT adottato il 18. 12. 2008, ma non ancora approvato (esso consentirebbe, infatti, di edificare volumetria con l’indice 0,80 mc/mc laddove il PGT adottato prevede volumetria per 0,60 mc/mq);
2. il permesso di costruire in variante sarebbe inoltre illegittimo per violazione degli artt. 7.9, 9.10, 10.8, 11.1 e 11.2 delle n.t.a. del piano delle regole del PGT adottato, sia nella parte in cui prevedono un’altezza massima degli edifici in m. 8 o di m. 7 per i lotti di prima edificazione (laddove l’altezza massima dell’edificio in questione sarebbe pari a m. 8.44 o m. 8.60, a seconda del punto di rilievo), sia nella parte in cui individuano la volumetria massima edificabile (che è di complessivi 1.408,64 mc laddove l’assentibile sarebbe di soli 929.09 mc), in entrambi i casi perché non calcola il sottotetto sfruttando la norma dell’art. 9.11. n.t.a. che esclude il sottotetto qualora la sua altezza media sia non superiore a m. 1.50 in un caso in cui, peraltro, l’altezza media è di m. 1.65.
Si costituiva in giudizio la controinteressata Immobiliare Seven6 snc, che deduceva l’irricevibilità per tardività e comunque l’infondatezza dei motivi di ricorso.
Nessuno si costituiva per Il Comune di Paratico.
Nel ricorso era chiesta anche la sospensione del provvedimento impugnato.
Con ordinanza del 15. 7. 2010, n. 459 il Tribunale accoglieva provvisoriamente l’istanza cautelare disponendo altresì istruttoria.
Con ordinanza del 2. 9. 2010, n. 574 il Tribunale disponeva ulteriori acquisizioni documentali.
Con ordinanza del 30. 9. 2010, n. 684 il Tribunale accoglieva definitivamente l’istanza cautelare, stabilendo che dalla lettura della relazione del tecnico comunale del 26. 7. 2010 (depositata a seguito dell’istruttoria della fase cautelare) emergeva con chiarezza che il permesso di costruire era stato emesso nonostante la mancanza di conformità al PGT adottato sulla base dell’erroneo presupposto che dovesse essere valutato non il momento di emissione del provvedimento ma quello (peraltro, molto più nebuloso) di completamento della istruttoria procedimentale, e che sempre dalla lettura della stessa relazione emergeva che erano state calcolate in modo erroneo le altezze, che non rispetterebbero la previsione dell’art. 9.11 del p.d.r.; il Tribunale riservava al merito l’esame della eccezione di irricevibilità.
Il ricorso veniva discusso nel merito nella pubblica udienza del 9. 2. 2011, all’esito della quale veniva trattenuto in decisione.
Motivi della decisione
I. Il ricorso è fondato.
II. Preliminarmente occorre affrontare l’eccezione di irricevibilità.
Essa si fonda su fotografie depositate dalla controinteressata da cui risulterebbe che alla data del 22. 4. 2010 l’intervento si presentava già in fase avanzata di costruzione (in realtà, sembrerebbe essere stati realizzati soltanto piano terra e solaio del primo piano).
Il ricorso è stato notificato il 29. 6. 2010, e quindi, secondo la controinteressata alcuni giorno dopo la scadenza del sessantesimo giorno dalla conoscenza del provvedimento.
Il ricorrente ricostruisce diversamente la decorrenza dei termini per ricorrere: il 23. 4. 2010 avrebbe fatto istanza di accesso agli atti, il 13. 5. 2010 avrebbe ottenuto la documentazione con il permesso di costruire, ed il 29 giugno – e quindi entro il termine di sessanta giorni dal 13 maggio – ha notificato il ricorso.
A giudizio della controinteressata, l’accesso non sposterebbe la decorrenza del termine.
In realtà, la questione può essere ricostruita in questo modo.
In diritto i termini del problema sono notissimi e vi si accenna solo sinteticamente. L’art. 21, co. 1, l. 1034/71 vigente al momento dei fatti, disponeva che il ricorso dovesse essere notificato "entro il termine di giorni sessanta da quello in cui l’interessato ne abbia ricevuta la notifica, o ne abbia comunque avuta piena conoscenza". In casi, quale quello in esame, in cui non si versa in ipotesi di provvedimento di cui il ricorrente abbia ricevuto notifica, ciò che rileva è la data in cui lo stesso ne ha "avuta piena conoscenza". L’esercizio del diritto di accesso pertanto non rileva in sé, ma soltanto nella misura in cui ha consentito alla parte di avere piena conoscenza del provvedimento impugnato.
In fatto si fronteggiano la tesi che individua la data della piena conoscenza nel 22. 4. 2010 (e la piena conoscenza viene fatta derivare dalla circostanza che affacciandosi dalle finestre di casa il ricorrente poteva vedere un cantiere già abbastanza avanzato, in cui era stato gettato anche il solaio del primo piano) e la tesi che la individua nel 13. 5. 2010 (in cui la piena conoscenza viene fatta derivare dalla circostanza che in quella data il ricorrente ha avuto in mano permesso di costruire ed allegati ed ha compreso esattamente cosa si stesse costruendo davanti casa sua).
Tra le due tesi è, in fatto, fondata la seconda, posto che – per sostenere che già solo per presa d’atto visiva vi fosse la piena conoscenza già alla data del 22. 4. 2010 – occorre provare che quanto era già stato realizzato a quella data fosse manifestamente superiore ai carichi volumetrici o di altezza ammissibili nell’area (il quantum della volumetria ed il quantum dell’altezza sono i due profili dedotti in ricorso). Una tale prova però non c’è.
Diverso sarebbe stato se il ricorrente avesse dedotto che davanti a casa sua non si poteva proprio costruire, perché in quel caso la piena conoscenza si sarebbe già perfezionata alla data del 22. 4. 2010, ma il ricorrente non contesta l’an dell’edificazione, ma il quantum in relazione ai parametri dell’altezza e della volumetria, e per essi una prova di cosa esattamente venisse costruito prima dell’esercizio del diritto di accesso non v’era.
In questo contesto non ha alcun rilievo la circostanza (che afferma la controinteressata e nega il ricorrente) che già il solaio del primo piano gettato al 22. 4. 2010 togliesse la vista lago al ricorrente, perché la perdita della vista del lago è una delle voci di cui si compone l’interesse a ricorrere (che è, peraltro, fatto anche di perdita di luce ed aria e dell’aumento della presenza antropica sul territorio con la corrispondente riduzione dei servizi a propria disposizione), ma non un motivo di ricorso (i motivi, come detto, sono l’esubero di volumetria ed altezze, che al 22. 4. 2010 non erano ancora percepibili alla sola vista e sono stati accertati con l’accesso).
III. Nel merito il ricorso è fondato.
E’ pacifico in fatto che il progetto assentito si ponga in contrasto con le misure di salvaguardia previste dal PGT adottato.
Nella relazione acquisita in sede istruttoria il Comune ha provato a sostenere che il permesso era stato rilasciato comunque perché alla data in cui era stato adottato il PGT era stata completata l’istruttoria della pratica in questione, ma sul punto il Tribunale ha già preso posizione nella ordinanza di sospensiva rilevando che si tratta di tesi priva di qualsiasi consistenza giuridica, in quanto affida ad un momento del tutto nebuloso, quale quello della chiusura dell’istruttoria, la decorrenza delle misure di salvaguardia.
Il permesso di costruire rilasciato dal Comune e la relativa variante si pongono, pertanto, in contrasto con l’art. 12, co. 3, d.p.r. 380/01 (secondo cui "In caso di contrasto dell’intervento oggetto della domanda di permesso di costruire con le previsioni di strumenti urbanistici adottati, è sospesa ogni determinazione in ordine alla domanda….) e con l’art. 13, co. 12, l.r. 12/05 (secondo cui "nel periodo intercorrente tra l’adozione e la pubblicazione dell’avviso di approvazione degli atti di PGT si applicano le misure di salvaguardia in relazione a interventi, oggetto di domanda di permesso di costruire, ovvero di denuncia di inizio attività, che risultino in contrasto con le previsioni degli atti medesimi"), e devono essere annullati.
IV. Forse perché consapevole dei vizi che affliggono il titolo, la controinteressata ha chiesto essa stessa l’annullamento in autotutela del permesso di costruire, istanza su cui però il Comune non ha provveduto (almeno prima della data in cui è stato introitato per la decisione questo ricorso, si ignorano le vicende successive), e pertanto non si può dichiarare la cessazione della materia del contendere.
V. Le spese seguono la soccombenza (addossate a Comune, pur non costituito, e controinteressata, in solido tra loro) e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
ACCOGLIE il ricorso, e, per l’effetto, annulla il permesso di costruire 4064/08 e la variante 4064/08/1.
CONDANNA il Comune di Paratico e la controinteressata Immobiliare Seven6 snc, in solido tra loro, al pagamento in favore del ricorrente delle spese di lite, che determina in euro 4.500, più i.v.a. e c.p.a..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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