T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 18-02-2011, n. 496 Rapporto di pubblico impiego

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo

Il ricorrente ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, deducendone l’illegittimità per violazione di legge, in relazione in particolare all’omessa comunicazione di avvio del procedimento e alla carenza di motivazione, nonché per eccesso di potere sotto diversi profili e chiedendone l’annullamento.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione resistente, chiedendo il rigetto del ricorso avversario.

Entrambe le parti hanno presentato documenti.

Con ordinanza depositata in data 22.05.2009, il Tribunale ha accolto la domanda incidentale di sospensione dell’atto impugnato.

All’udienza del giorno 11.01.2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1) Con l’atto impugnato il Questore della Provincia di Milano ha disposto la riattivazione del procedimento volto all’effettuazione delle trattenute sullo stipendio del Sovrintendente Capo della Polizia di Stato O.L. – in servizio presso la II zona Polizia di Frontiera per la Lombardia di Milano – al fine del recupero della somma di euro 2.564,73 oltre agli interessi legali, così come disposto nella nota prot. n. 69/ter/U.A.C./101.15/3 del 18 luglio 2008, con conseguente trattenuta sullo stipendio, nei limiti di legge, a decorrere dal mese di febbraio 2009, fino alla concorrenza della somma indicata.

L’amministrazione pone a fondamento della determinazione assunta l’esito dell’attività ispettiva disposta dall’Ufficio Centrale Ispettivo del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, emergente dalla relazione del 09.05.2006 (cfr. doc. 2 di parte resistente), espressamente indicata come atto recante le ragioni della ripetizione "delle somme percepite a titolo di indennità e rimborsi per missioni effettuate senza i necessari presupposti".

2) Per ragioni di precedenza logico giuridica va esaminata con priorità la censura mediante la quale il ricorrente lamenta, in termini di difetto di istruttoria e di carenza di motivazione, la mancanza dei presupposti per procedere alla ripetizione delle somme versate il suo favore dall’amministrazione.

La censura è fondata.

Va premesso, in considerazione delle deduzioni svolte dall’Avvocatura Distrettuale nelle memorie difensive, che la carenza di motivazione non viene lamentata in termini formalistici, ossia come mancata enunciazione dei motivi di fatto e di diritto posti a fondamento della ripetizione di indebito, ma sul piano sostanziale, ossia per evidenziare che l’atto non dimostra la sussistenza dei presupposti per la ripetizione medesima.

In tal senso, il ricorrente correla la censura anche ad una errata percezione della realtà materiale da parte dell’amministrazione.

L’esame della doglianza richiede alcune precisazioni in punto di fatto.

La ripetizione di somme posta in essere dall’amministrazione concerne "indennità e rimborsi" elargiti in relazione a nove missioni effettuate, asseritamente "senza gli indispensabili presupposti", da O. tra il 2004 e il 2006, come emerge dall’intimazione predisposta dall’amministrazione in data 18.06.2007 (cfr. doc. 3 di parte ricorrente).

La relazione ispettiva datata 09.05.2006, indicata dall’amministrazione come atto dal quale risultano le ragioni della ripetizione – secondo la tecnica della motivazione per relationem – evidenzia, nelle conclusioni, la sussistenza di "carenze organizzative" che "hanno dato spazio all’iniziativa dei singoli, permettendo ad un gruppo di effettuare… con l’avallo del dirigente e funzionario, i servizi ritenuti più importanti e meglio remunerati".

La relazione precisa che "trasparenza, efficienza ed economicità, elementi essenziali nella gestione, pur complessa, di un ufficio come quello della II zona di Polizia di Frontiera sono completamente sconosciuti nel momento in cui l’attività svolta di coordinamento, ispettiva e di controllo non trova riscontro in documenti, relazioni di servizio, verbali o quant’altro possa essere necessario al dirigente stesso, in prima battuta ed alle autorità competenti successivamente a svolgere a loro volta l’attività di verifica e di controllo".

Con riferimento alle modalità di remunerazione dei servizi in questione, gli agenti accertatori evidenziano che, sulla base dei prezzi praticati nei pubblici esercizi della località di Tirano, "tutte le missioni autorizzate in regime forfettario in quella sede non risultano economicamente vantaggiose per l’amministrazione".

Più in dettaglio, nella parte espositiva della relazione gli ispettori mettono in luce che: 1) nell’ufficio sono stati aboliti i fogli firma giornalieri per le attestazioni delle presenze e dello straordinario, sicché ciascun dipendente autocertifica la presenza con prospetti mensili che custodisce autonomamente, mentre lo straordinario viene ratificato giornalmente dal funzionario o dal dirigente; 2) O. risulta frequentemente comandato in missione in gruppo con altri con trattamento forfettario, superando ogni mese il monte ore straordinario, con la precisazione che tali attività "sono remunerate come presenze esterne mentre il restante personale effettua, generalmente, missioni di breve durata che si concludono normalmente nell’arco della giornata e di rado viene richiesto il trattamento economico forfettario"; 3) le località delle missioni sono di regola sempre le stesse e le relative ordinanze sono generiche, facendo riferimento ad attività ispettive e di controllo, nonché marginalmente ad attività connesse all’applicazione della legge 626/94; 4) agli atti non vi è traccia di relazioni di servizio in ordine all’attività svolta, sicché "non è possibile esprimere un giudizio sulla necessità che le missioni in argomento siano svolte in gruppo (sguarnendo l’ufficio) anche di 4 dipendenti, per più giorni, con l’auto di p.s. e frequentemente il rientro in sede risulta essere nelle prime ore del mattino dell’ultimo giorno di missione"; 5) al personale viene retribuita la presenza per "i servizi esterni" ogni qual volta effettuano una prestazione lavorativa all’esterno dell’Ufficio, con la precisazione che "non è stato possibile verificare la sussistenza dei requisiti per retribuire le presenze esterne per mancanza di documenti attestanti gli elementi essenziali che attribuiscono il diritto alla retribuzione della stessa né, tanto meno, la durata del servizio esterno, in quanto l’attuale normativa prevede che il servizio debba essere prestato per almeno tre ore, nonostante il dirigente dichiari mensilmente sotto la sua responsabilità, che il personale della polizia di stato inserito negli appositi elenchi ha effettivamente reso il servizio di turnazione esterna nei giorni indicati a fianco di ciascun nominativo…".

In forza dei rilievi ora ricordati, l’amministrazione, dopo avere remunerato, a titolo di indennità e rimborsi, le prestazioni rese da O. al di fuori della sede di servizio, ha agito in ripetizione di indebito, mediante la trattenuta dalla retribuzione mensile degli importi già erogati.

Tanto premesso, va osservato che la ripetizione di indebito in via amministrativa è sottoposta alla regola dell’onere della prova.

In generale, colui che ha pagato a titolo di adempimento di una determinata obbligazione pecuniaria una somma di denaro, di cui voglia ottenere la restituzione, ha l’onere di dimostrare l’indebito pagamento, ossia di provare i fatti che costituiscono il fondamento della pretesa restitutoria ai sensi dell’art. 2697 c.c. e, pertanto, non è il debitore a dover dimostrare l’esattezza del pagamento e l’infondatezza della domanda di restituzione.

La regola dell’onere della prova trova applicazione anche in relazione ai recuperi di somme erogate dall’amministrazione ad un dipendente nel quadro di un rapporto di pubblico impiego, sicché spetta all’amministrazione la dimostrazione dell’esistenza dell’indebito e la fondatezza della pretesa di recupero, sicché non è il dipendente a dover dimostrare l’infondatezza del recupero e l’esattezza delle retribuzioni o delle indennità o dei rimborsi già percepiti

Insomma, la regola sulla distribuzione dell’onere della prova, applicata a un recupero di somme erogate dall’amministrazione datrice di lavoro relativamente a prestazioni lavorative pregresse, comporta che sia l’amministrazione a dover dimostrare l’esistenza dell’indebito, ossia la fondatezza della pretesa di recupero e non il dipendente a dover dimostrare l’infondatezza del recupero e la spettanza degli importi già percepiti (cfr. sul punto, tra le altre, Consiglio di stato, sez. V, 14 maggio 2003, n. 2560; Consiglio di stato, sez. V, 20 febbraio 2006, n. 685).

I principi ora visti, oltre a riflettere la regola generale sulla distribuzione dell’onere della prova, sono coerenti con il canone generale della buona amministrazione, in quanto la ripetizione di indebito in via amministrativa presuppone che l’amministrazione abbia già valutato in modo positivo, al momento del pagamento, i presupposti per la corresponsione delle somme erogate, sicché spetta all’amministrazione medesima dimostrare che tali pagamenti sono stati effettuati in difetto dei relativi presupposti.

Nel caso di specie, l’atto impugnato si riferisce a somme elargite a titolo di indennità – senza altre specificazioni – e di rimborso, mentre la relazione ispettiva tratta, da un lato, di missioni svolte dal dipendente, dall’altro, di retribuzioni erogate per servizi esterni eseguiti da O., richiamando anche la necessità che in tale caso il servizio sia stato effettuato per almeno tre ore.

Nondimeno, dagli atti già indicati e, comunque, dalla documentazione prodotta in giudizio non emerge la mancata effettuazione delle missioni o l’insussistenza delle condizioni per la remunerazione dei servizi esterni.

In primo luogo, la relazione ispettiva, nonché l’atto impugnato che ad essa rinvia integralmente sul piano dei motivi della pretesa restitutoria, esprime l’esito di un accertamento condotto sulla gestione dell’ufficio "II Zona di Polizia di Frontiera per la Lombardia", ma non contiene valutazioni dettagliate in relazione a ciascuna delle missioni o dei servizi esterni cui si riferisce la pretesa restitutoria.

Inoltre, la relazione, pur evidenziando delle generali anomalie nella gestione delle missioni e dei servizi esterni – come ad esempio la genericità degli ordini di servizio, l’abolizione dei fogli di firma, l’omessa redazione di relazioni di servizio sull’attività svolta – non afferma, né dimostra, che le missioni e i servizi esterni remunerati dall’amministrazione in favore del ricorrente non sono stati effettuati.

Anzi, la relazione riguarda espressamente servizi prestati e missioni autorizzate.

La circostanza che nella gestione del servizio si siano, eventualmente, verificate delle anomalie (nell’assegnazione dei "servizi ritenuti più importanti e meglio remunerati", nella documentazione dei servizi medesimi, nell’organizzazione dei servizi e nella valutazione della loro opportunità) può rilevare ad altri fini, anche disciplinari, ma non basta per affermare che determinate missioni o determinati servizi esterni non siano stati prestati.

Del resto, prendendo ad esempio la prima delle missioni in contestazione – quella svolta a Tirano dal 3 al 5 febbraio 2004 (cfr. doc. 3 di parte ricorrente) – va osservato che dal certificato di viaggio prodotto dall’interessato (cfr. doc 5 di parte ricorrente) risultano non solo le date e gli orari di partenza e di rientro nella sede di servizio, ma anche le date e gli orari di arrivo e di partenza dalla sede di Tirano, con la sottoscrizione del dirigente del Settore Polizia di Frontiera di Tirano.

Analoghe indicazioni sono presenti in relazione ad altre missioni contestate (cfr. documentazione prodotta dal ricorrente).

Simili documenti, che certificano la presenza di O. presso la sede di svolgimento del servizio esterno, sono elementi sintomatici dell’effettiva prestazione del servizio.

Viceversa, le "carenze organizzative" riscontrate in sede di accertamento ispettivo nulla dicono in ordine all’omessa prestazione dei medesimi servizi, già remunerati dall’amministrazione mediante un’apposita indennità.

Le considerazioni ora svolte valgono indipendentemente dalla qualificazione delle attività prestata fuori sede come ipotesi di invio in missione o come casi di servizi esterni.

Difatti, fermo restando che proprio la relazione ispettiva richiama entrambe le fattispecie, l’amministrazione non ha provato l’insussistenza dei presupposti per il pagamento delle missioni o dei servizi esterni.

Invero, non risulta dimostrata la mancata effettuazione delle missioni, né che esse siano state effettuate in assenza di ordini di servizio, oppure in località diverse da quelle individuate dal superiore gerarchico con apposite determinazioni, neppure oggetto di interventi in autotutela da parte dell’amministrazione.

A tal fine è del tutto irrilevante il richiamo che l’Avvocatura Distrettuale (cfr. memoria depositata in data 10.12.2010) fa all’art. 6 del d.p.r. 1995 n 395 – trasfuso nell’art. 6 del d.p.r. 2007 n. 170 – in quanto tale disposizione si limita a disciplinare le modalità di remunerazione delle missioni effettuate.

Insomma, l’l’indennità di missione spetta in caso di temporaneo spostamento del luogo nel quale si presta servizio e riflette la finalità di sovvenire alle maggiori necessità derivanti dallo spostamento stesso e, quindi, di compensare le maggiori spese sostenute dal dipendente, sicché la mancata dimostrazione da parte dell’amministrazione della insussistenza delle missioni già remunerate a O. esclude la sussistenza delle condizioni per la ripetizione attivata con l’atto impugnato (cfr. in argomento Consiglio di Stato, sez. IV, 22 settembre 2005, n. 5006).

Analoghe considerazioni valgono per i servizi esterni, cui si riferisce la relazione ispettiva richiamata dall’atto impugnato.

Invero, la giurisprudenza ha già precisato che il quadro normativo di riferimento – in particolare, l’art. 9 del d.p.r. 1995 n 395 e l’art. 8 del d.p.r. 2007 n. 170 – subordina la remunerazione supplementare per i servizi esterni ad alcune condizioni, essendo necessario che si tratti: a) di servizi svolti all’ "esterno"; b) di servizi organizzati in turni (non aventi cioè carattere saltuario) di durata non inferiore al normale turno lavorativo dei militari; c) di attività espletata in base a "formali ordini di servizio" (cfr. T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 25 settembre 2008, n. 2060; Consiglio di Stato, sez. IV, 26 luglio 2008, n. 3670).

Nondimeno, anche in relazione ai servizi svolti all’esterno l’amministrazione non ha dimostrato l’insussistenza dei presupposti ora ricordati.

Le valutazioni sinora compiute non sono superate dalla circostanza che il ricorrente, unitamente ad altri dipendenti, sia stato rinviato a giudizio dalla Procura di Milano per reati asseritamente commessi e consistiti nella falsificazione dei documenti di missione (cfr. richiesta di rinvio a giudizio presente in atti).

Invero, fermo restando che l’ipotesi accusatoria non è ancora oggetto di accertamento neppure con sentenza non definitiva e fermo restando che analogo procedimento era già stato oggetto di archiviazione in sede penale, il riferimento da parte dell’Avvocatura ad una vicenda penale, neppure richiamata negli atti impugnati e la circostanza – correttamente riconosciuta dall’Avvocatura (cfr. memoria depositata in data 10.12.2010) – che si tratti di una vicenda afferente ad episodi non perfettamente sovrapponibili a quelli in contestazione, escludono la possibilità di ritenere dimostrata la mancata effettuazione dei servizi, ossia l’omesso svolgimento delle mansioni ad essi inerenti.

In definitiva, l’amministrazione ha posto in essere un’attività di recupero di somme già erogate per servizi resi senza dimostrare l’insussistenza dei presupposti per la loro remunerazione e, quindi, senza provare la fondatezza della pretesa di ripetizione.

Va, pertanto, ribadita la fondatezza delle censure in esame.

3) Viceversa, sono infondate e devono essere respinte le ulteriori doglianze articolate nel ricorso, con le quali si lamenta l’omessa comunicazione di avvio del procedimento, nonché l’omessa indicazione del termine e dell’Autorità cui ricorrere.

Invero, in relazione al primo profilo, va osservato che la pendenza di un procedura di ripetizione di indebito era già stata portata a conoscenza dell’interessato mediante l’intimazione di pagamento datata 18.06.2007, procedura sospesa solo temporaneamente a seguito di specifica richiesta di O..

Ne deriva che il ricorrente non solo era a conoscenza della pendenza della procedura di ripetizione, ma ha anche partecipato al procedimento amministrativo, sicché le garanzie partecipative, da intendere in senso sostanziale e non meramente formalistico, risultano rispettate nel caso concreto.

D’altro canto, la mancata indicazione del termine e dell’Autorità cui ricorrere integrano, per giurisprudenza costante, delle mere irregolarità che non incidono sulla legittimità delle determinazioni amministrative (cfr. tra le tante Consiglio Stato, sez. VI, 26 marzo 2010, n. 1751).

Va, pertanto, ribadita l’infondatezza delle censure in esame.

4) E’ infondata e va respinta la domanda risarcitoria avanzata con il ricorso.

In particolare, il ricorrente si è limitato a sviluppare delle allegazioni del tutto generiche in relazione al danno subito, sicché non risulta dimostrata la sussistenza di un presupposto indefettibile per il riconoscimento della responsabilità risarcitoria, ai sensi dell’art. 2043 c.c..

Invero, O. non ha dimostrato di avere concretamente subito un danno patrimoniale o non patrimoniale in conseguenza della determinazione impugnata, specie considerando che per effetto del suo annullamento l’amministrazione è tenuta a ricostituire lo status quo ante, mediante la restituzione di somme eventualmente già trattenute.

Del resto, l’asserito pregiudizio all’onore, alla reputazione e all’immagine si basa su affermazioni del tutto apodittiche, che non valgono a dimostrare l’effettiva sopportazione di un danno non patrimoniale.

5) In definitiva, il ricorso è fondato e merita accoglimento solo in relazione alla domanda di annullamento e nei limiti esposti in motivazione.

La complessità della situazione di fatto sottesa alla vicenda esaminata consente di ravvisare giusti motivi per compensare tra le parti le spese della lite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando:

1) Accoglie in parte il ricorso, nei limiti di quanto esposto in motivazione e per l’effetto annulla la determinazione prot. 2534/UAC del Questore di Milano del 16.12.2008 con la quale è stata disposta la riattivazione del procedimento volto alla effettuazione delle trattenute sullo stipendio del Sovrintendente Capo O.L.;

2) Respinge la domanda risarcitoria contenuta nel ricorso;

3) Compensa tra le parti le spese della lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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