Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 08-04-2011, n. 8069 Contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ricorso del 2 aprile 2003 la società Impresa Edile Giobbi Giuseppe s.r.l. si rivolgeva al Tribunale di Bergamo, in funzione di giudice del lavoro, opponendosi alla cartella esattoriale notificata il 24 febbraio 2003 relativa all’accertamento, da parte dell’INPS, dell’indebito godimento degli sgravi contributivi di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 8, commi 2 e 4, per il periodo gennaio 2000 – ottobre 2001 in relazione all’assunzione di quattro dipendenti collocati nelle liste di mobilità a seguito della cessazione dell’attività dell’impresa artigiana Giobbi Pietro s.n.c. Sosteneva l’opponente che la pretesa dell’Istituto, basata sulla esistenza di un collegamento fra le due società, era infondata poichè la nuova società si era costituita con atto dell’8 novembre 1999 mediante conferimento della ditta artigiana Giobbi Giuseppe mentre la preesistente s.n.c. Giobbi Pietro aveva licenziato tutti i dipendenti il 31 dicembre 1999 e, peraltro, aveva lavorato per diverse aziende del settore edilizio. Nella resistenza dell’Istituto, il Tribunale accoglieva l’opposizione ritenendo che non poteva configurarsi una cessione di azienda, nè alcun collegamento societario, sì che gli sgravi contributivi erano stati legittimamente goduti dalla opponente in relazione ad un effettivo incremento occupazionale; ma tale decisione veniva riformata dalla Corte d’appello di Brescia, che, accogliendo l’impugnazione proposta dall’INPS, con la sentenza qui impugnata respingeva l’opposizione. In particolare, i giudici d’appello operavano – sulla scorta del verbale di ispezione dell’Istituto previdenziale, posto a fondamento della pretesa contributiva – una analitica ricostruzione delle vicende aziendali che avevano originato il godimento degli sgravi in questione e, in particolare, rilevavano che la società opponente era di fatto subentrata alla precedente società in nome collettivo e pertanto aveva l’obbligo di riassumere il personale licenziato, che, in effetti, i lavoratori avevano lavorato senza soluzione di continuità negli stessi cantieri dove già avevano operato in precedenza; in ogni caso, al godimento degli sgravi ostava, in base al disposto della L. n. 223 del 1991, art. 8, comma 4 bis, la coincidenza degli assetti societari, dimostrata dall’esame analitico della fatturazione relativa agli anni 1998-2000 e dalle risultanze della prova testimoniale, da cui era emerso che le due imprese avevano lavorato sempre insieme sia prima che dopo la costituzione della nuova società. 2. Di questa sentenza la società Impresa Edile Giobbi Giuseppe domanda la cassazione con un unico motivo, articolato in più censure. L’Istituto resiste con controricorso.
Motivi della decisione

1. Con l’unico motivo si lamenta che la Corte d’appello, adottando una motivazione illogica e insufficiente, abbia trascurato risultanze decisive ai fini dell’applicazione dell’art. 2112 c.c. e ai fini della configurazione di un unico assetto aziendale in relazione alla occupazione dei lavoratori presso la nuova società e presso quella preesistente.

2. Il ricorso non è fondato, rivelandosi altresì inammissibile in alcuni profili.

2.1. Ai fini della concessione degli sgravi in relazione alla novità dell’impresa, è principio consolidato che debba trattarsi di una azienda effettivamente nuova, dovendosi avere riguardo al concetto di azienda in senso oggettivo, senza che possano assumere rilievo tutte le eventuali variazioni intervenute nella titolarità dell’impresa, come nelle ipotesi di trasferimento, trasformazione o fusione di aziende, nelle quali si verifichi il mero passaggio di personale alla nuova impresa senza un effettivo incremento dei lavoratori occupati.

Più in generale, la giurisprudenza di questa Corte ha precisato, in proposito, che non ricorre il presupposto per l’attribuzione degli sgravi suddetti, nell’ipotesi di un’impresa, anche societaria, che sia derivata da un’altra impresa -di cui abbia rilevato attrezzature, dipendenti e sede sociale – restando immutato il numero dei lavoratori occupati, anche se la derivazione sia stata parziale, nel senso che l’azienda sia stata conferita in natura per la costituzione di una impresa avente in parte un oggetto diverso e più ampio e in parte il medesimo oggetto di quella precedente (cfr. Cass. n. 10055 del 2002; n. 256 del 2001; n. 4064 del 2004; n. 3207 del 2003; n. 13728 del 2007). Ciò non significa, naturalmente, che un’impresa debba considerarsi comunque "derivata" tutte le volte in cui abbia in comune con una preesistente impresa uno o più elementi aziendali, dovendosi invece accertare, in primo luogo, la presenza, o meno, di significativi elementi di permanenza della preesistente struttura aziendale (o di parte di essa, o comunque di elementi aziendali funzionalmente collegati), nonchè la presenza, o meno, altresì, di elementi di novità intervenuti nella struttura, e, in secondo luogo, la sussistenza, o meno, di una sostanziale continuità nell’esercizio dell’impresa, dato che solo in caso di una tale continuità può configurarsi la trasmigrazione degli elementi aziendali da un’impresa all’altra e, quindi, la derivazione, quantunque parziale, dell’azienda da quella preesistente.

2.2. Ai delineati principi, osserva il Collegio, si è adeguato il giudice di merito allorchè ha escluso la sussistenza delle condizioni per l’attribuzione dei benefici suddetti alla società ricorrente, per essersi verificata, nella specie, la mera successione della preesistente azienda nei rapporti lavorativi, senza creazione di alcun posto di lavoro e senza la costituzione di un’azienda nuova.

2.3. La Corte di merito ha accertato, in particolare, in base ad una verifica in fatto non sindacabile in questa sede, talune significative circostanze, idonee a configurare in capo alla struttura aziendale della società ricorrente una mera prosecuzione di rapporti di lavoro, con riguardo ai dipendenti transitati direttamente dalla precedente società alla società ricorrente. Ai fini che qui interessano, è risultato determinante, da una parte, che i lavoratori abbiano prestato la loro attività senza soluzione di continuità negli stessi cantieri dove già operavano in precedenza e, dall’altra, che in tal modo non vi era alcuna opzione riguardo alla assunzione dei lavoratori presso la società subentrante, trattandosi di una cessione concordata di manodopera.

2.4. Si tratta di circostanze che, di per sè, comportano che in alcun caso si sia verificato un incremento di occupazione, posto che il passaggio diretto dei dipendenti dall’una all’altra azienda in coincidenza con la cessazione della prima non significa – anche al di là del dato formale della corresponsione, o meno, del trattamento di fine rapporto -creazione di nuova occupazione ma, appunto, mera trasmigrazione di personale (cfr. Cass. n. 10815 del 2003; n. 4976 del 2003), tanto più che, oggettivamente, tale trasmigrazione ha riguardato lavoratori che, all’atto del trasferimento, erano di fatto impiegati negli stessi cantieri.

2.5. In tale ordine di idee, dunque, la decisione impugnata risulta coerente con le norme di previsione degli sgravi in questione ed immune dai denunziati vizi e si sottrae dunque a tutti i dedotti profili di censura della ricorrente, i quali finiscono per compendiarsi nella prospettazione di un novum aziendale, invocato dalla società, in maniera inammissibile in questa sede, in relazione alla diversa valutazione delle prove assunte e alla scelta dell’una o dell’altra risultanza, da ritenere come decisiva ai fini della configurazione degli assetti aziendali in questione.

3. In conclusione, il ricorso è respinto. Si compensano le spese del giudizio in ragione della complessità della vicenda e della difficoltà delle questioni esaminate.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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