Cons. Stato Sez. V, Sent., 21-02-2011, n. 1074 Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il ricorso di primo grado e con relativi motivi aggiunti la società attualmente appellata aveva impugnato gli atti di gara relativi all’appalto in epigrafe formulando censure di violazione di legge e di eccesso di potere sotto vari profili, mirate anche ad evidenziare vizi relativi all’ammissione alla gara della controinteressata.

L’Amministrazione sanitaria intimata e la controinteressata società aggiudicataria della gara,costituendosi in giudizio,avevano resistito al gravame allegando eccezioni di rito e di merito.

Con l’impugnata sentenza, il T.A.R.: A) ha rigettato l’eccezione di difetto di legittimazione attiva della società ricorrente (quale capogruppo mandataria di una A.T.I. costituenda),rilevando che tale eccezione – siccome riferita all’omessa sottoscrizione dell’atto di procura alle liti anche da parte della società mandante – non consentiva di individuare l’esistenza di un vizio invalidante di tale atto ben potendo la stessa mandataria far valere da sola il proprio interesse all’annullamen

to degli atti di gara ritenuti illegittimi; B) ha ritenuto inammissibili le doglianze avanzate dalla società controinteressata rilevando che tali doglianze erano in effetti delle contro censure,come tali non proponibili con una semplice memoria bensì con un ricorso incidentale ritualmente notificato.In particolare,con tali doglianze veniva contestato che la ricorrente non aveva documentato di possedere i requisiti utili per la partecipazione alla gara e che,essendosi verificata dopo la presentazione dell’offerta l’incorporazione della società offerente in un’altra società,il raggruppamento ricorrente doveva essere escluso dalla gara ai sensi dell’art.37 (commi 9 e 10) del codice dei contratti pubblici;C) ha poi rigettato la preliminare censura dedotta dalla ricorrente con i motivi aggiunti riscontrando (con argomentazioni di fatto e di diritto) l’infondatezza della denunciata carenza della documentazione in ordine al possesso dei requisiti morali da parte della società aggiudicataria (siccome documentata con riferimento ad uno solo degli amministratori delegati muniti di rappresentanza e non anche con riferimento all’altro amministratore cessato dalla carica nell’ultimo triennio,amministratore che però risultava deceduto al momento dell’aggiudicazione provvisoria e che in base al certificato del casellario giudiziario comunque non si trovava nelle condizioni di esclusione previste dal predetto codice dei contratti); D) ha infine accolto il gravame ritenendo fondata ed assorbente la censura riferita alla violazione dell’art.83 dello stesso codice,con la quale la ricorrente aveva denunciato il difetto di motivazione nella assegnazione dei punteggi da parte della Commissione di gara.In particolare,considerando anche la specifica rilevanza del punteggio assegnato rispetto a quello previsto per l’offerta tecnica (massimo di 60 punti),il T.A.R.ha riscontrato che né il bando di gara,né il capitolato,né la stessa Commissione avevano curato di esternare con adeguata precisione i criteri base preventivi idonei a far comprendere quanto meno "ob relationem"le ragioni in base alle quali erano stati attribuiti i punteggi numerici alle varie voci relative alla stessa offerta tecnica.

Per ottenere la riforma di detta sentenza,l’appellante ha formulato censure di rito e di merito, tutte mirate a far valere l’irricevibilità,l’inammissibilità e comunque l’infondatezza del ricorso di primo grado.

La società appellata si è costituita e resiste.

Trattenuta la causa in decisione,il Collegio rileva che l’appello è infondato.

Infondata è anzitutto la prima censura con la quale si ribadisce l’eccezione di difetto di legittimazione ad agire della società ricorrente in primo grado (già formulata nella memoria difensiva del 28 settembre 2009) e si denuncia l’errata valutazione di inammissibilità che il T.A.R.avrebbe effettuato in proposito,trascurando di considerare che il difetto di legittimazione era rilevabile anche d’ufficio,a prescindere dalla formulazione di un apposito ricorso incidentale.

Tale censura è infondata perché – contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante – l’eccezione in questione,siccome asseritamente riferita ad una sopravvenuta modificazione soggettiva della composizione del raggruppamento in questione rispetto a quella risultante al momento in cui venne presentata l’offerta, non poteva per ciò stesso intendersi come un vizio genetico di legittimazione al gravame rilevabile anche d’ufficio.Infatti, trattandosi di una denuncia di violazione di legge eventualmente sanzionabile ex post dall’Amministrazione in corso di gara ed anche in seguito con l’annullamento dell’aggiudicazione o la nullità del contratto,la denuncia di tale illegittimità non poteva essere rappresentata nel contesto di una memoria di resistenza ma richiedeva la formulazione di un apposito motivo di gravame incidentale da notificare ritualmente alla stessa Amministrazione ed alla controparte ricorrente in primo grado.Ciò,ben s’intende,nel doveroso rispetto della regola del contraddittorio e della natura essenzialmente impugnatoria del giudizio di cui è causa.

Infondata è poi l’altra censura con la quale viene evidenziata l’irricevibilità e/o l’inammissibilità del ricorso di primo grado,sia in relazione all’omessa impugnazione tempestiva del bando di gara e della lettera di invito (siccome asseritamente prive di specifici criteri di valutazione e come tali da ritenere immediatamente lesive secondo la prospettazione dello stesso ricorrente),sia in relazione all’intervenuta acquiescenza agli atti della procedura ed alle relative regole, avendo il ricorrente comunque partecipato alla gara senza formulare alcuna riserva.

Per quanto concerne l’onere di immediata impugnazione del bando di gara e della lettera di invito,è più che sufficiente rilevare che in questo caso le censure formulate dal ricorrente non erano affatto riferite o riferibili a prescrizioni di requisiti soggettivi e/o oggettivi che in ipotesi impedivano la sua partecipazione alla gara bensì alle modalità di svolgimento della gara stessa ed,in particolare,alla genericità dei criteri valutativi siccome delineati nel relativo capitolato e (sopratutto) siccome in concreto applicati dalla Commissione di gara con l’assegnazione di un voto numerico non adeguatamente motivato.In sostanza,trattandosi di censure assolutamente non correlabili a clausole concernenti i requisiti di partecipazione ma a clausole generali contenute nella disciplina di gara, è ben evidente che la doglianza di irricevibilità del ricorso di primo grado è del tutto infondata proprio perchè l’interesse concreto ed attuale per l’impugnativa della disciplina di gara doveva in questo caso necessariamente intendersi riportato non al momento della pubblicazione del bando e della ricezione della lettera di invito ma al momento in cui la Commissione di gara dette applicazione alla disciplina medesima (sul punto cfr.,amplius,la decisione dell’A.P. del Consiglio di Stato n.1 del 23 gennaio 2003).

Per quanto concerne poi l’infondatezza della dedotta eccezione di acquiescenza, è altresì sufficiente rilevare che l’avvenuta partecipazione alla gara anche senza la formulazione di riserve da parte della ricorrente non implicava affatto l’accettazione implicita della disciplina contenuta nel bando e nel relativo capitolato;ciò,anzitutto perchè – in via di principio – l’intenzione di prestare acquiescenza ad un atto amministrativo deve comunque risultare in modo chiaro ed irrefutabile dal compimento di atti ovvero da comportamenti assolutamente inconciliabili con una volontà del tutto diversa;inoltre (e sopratutto) perché, come sopra detto, nel caso in esame la disciplina del bando di gara non era di per sé immediatamente lesiva sicchè solo partecipando alla gara e solo conoscendo in seguito l’esito della stessa la società ricorrente in primo grado poteva in concreto decidere se prestare o meno acquiescenza agli atti posti in essere dalla Commissione di gara ed ai conseguenti provvedimenti di aggiudicazione posti in essere dall’Amministrazione in favore della controinteressata.

Infondata è anche l’ulteriore e finale censura con la quale si denuncia l’erroneità della sentenza impugnata in relazione all’infondatezza nel merito delle censure svolte dalla ricorrente in primo grado, alla inammissibilità del relativo gravame sotto altri profili nonchè al vizio di ultrapetizione.

In proposito si sostiene che detta sentenza avrebbe erroneamente accolto la dedotta censura di violazione di legge (art.83 del D.Lgvo.n.163/2006) senza considerare che la Commissione di gara – attribuendo i singoli voti numerici ai vari elementi relativi all’offerta tecnica- si era perfettamente riportata ai criteri predefiniti nella lex specialis ed in particolare nell’art 11 del Capitolato speciale di appalto.Tali criteri,siccome riprodotti nel verbale del 10 marzo 2008,consentivano ex se di individuare la motivazione espressa in chiave tecnicoamministrativa dalla stessa Commissione con il solo voto numerico e quindi giustificavano appieno la legittimità del suo giudizio discrezionale;giudizio,per di più,insindacabile in sede giurisdizionale in quanto non viziato da palese e macroscopica illogicità,irragionevolezza ed incongruenza.Si sostiene poi che la stessa sentenza avrebbe trascurato di considerare che la ricorrente in primo grado aveva censurato l’omessa elencazione dei criteri ma non aveva tempestivamente impugnato il bando anche a causa della omessa indicazione della ponderazione dei singoli criteri e della omessa indicazione dei sub criteri e dei sub pesi e dei sub punteggi.Si sostiene,infine,che la stessa sentenza sarebbe viziata per ultrapetizione avendo accordato rilievo anche alla mancanza di sufficienti criteri di giudizio nella lex specialis, mancanza che però non era stata oggetto di una specifica censura.

A giudizio di questo Collegio,dette argomentazioni difensive non possono giustificare l’accoglimento della predetta ultima censura.

Al riguardo,conviene subito precisare che in questo caso non è riscontrabile il dedotto vizio di ultrapetizione.Invero, una delle censure di primo grado elencate in punto di fatto nell’impugnata sentenza si riferiva non solo all’illegittimità dei giudizi espressi dalla Commissione di gara siccome basati sul mero voto numerico senza altre indicazioni motivazionali ma anche alla mancata predisposizione nella lex specialis di criteri valutativi utili a far comprendere aliunde il percorso logico seguito dalla stessa Commissione. Tale censura,quindi,così come articolata anche con riferimento alle carenze della disciplina generale di gara,consentiva al T.A.R. di giudicare anche sulla mancanza di sufficienti criteri di giudizio ricavabili dalla lex specialis.

Conviene altresì ribadire che in questo caso – tenuto conto delle suesposte considerazioni sulla valenza non immediatamente lesiva del predetto bando di gara e del relativo capitolato – la società ricorrente in primo grado non aveva alcun onere di impugnare tempestivamente il bando ed il capitolato anche se detta disciplina risultava congegnata senza la specifica formulazione dei sub criteri di ponderazione dei criteri generali contenuti nel capitolato.

Ciò premesso,occorre a questo punto rilevare che fondatamente il T.A.R.ha ritenuto di accogliere il ricorso di primo grado in considerazione del fatto che detti criteri generali (contenuti nel capitolato e non nel bando di gara) non presentavano affatto quell’accuratezza e quel dettaglio necessari per consentire alla Commissione di gara di affidare al voto numerico la sostanziale giustificazione dei punteggi attribuiti alle ditte partecipanti.

Invero,dalla descrizione del principale criterio relativo alla valutazione di qualità dei singoli progetti tecnici,emerge ben chiaro che tale criterio riferito alla capacità generale tecnico organizzativa della concorrente alla gara affidava alla stessa Commissione un potere valutativo assolutamente determinante ma del tutto privo di specifici riscontri oggettivi e concreti.Alla Commissione,infatti, veniva attribuita la piena facoltà di individuare come migliore progetto tecnico quello che indicava soluzioni operative dei vari servizi di vigilanza che essa stessa avrebbe (insindacabilmente) ritenuto meglio confacenti alle esigenze dell’azienda e dell’utenza.

Così privo di parametri oggettivi e concreti – che invece l’Amministrazione doveva correttamente predeterminare e specificare nel bando indicando per lo meno quali erano in questo caso le effettive esigenze dell’azienda e le effettive esigenze dell’utenza- è ben evidente che detto criterio era del tutto inidoneo a far comprendere le ragioni per le quali la Commissione decise che il progetto tecnico della attuale appellante meritava un punteggio migliore rispetto a quello della attuale appellata.

In conclusione,dovendosi ritenere infondata anche detta finale censura,l’appello merita di essere respinto.

Le spese di lite del presente grado di giudizio possono essere tuttavia compensate integralmente tra le parti,in presenza di giusti motivi.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale V Sezione,definitivamente pronunciando,respinge l’appello e compensa integralmente tra le parti le spese di lite relative al presente grado di giudizio

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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