Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-01-2011) 23-02-2011, n. 7084 Motivazione contraddittoria, insufficiente, mancante

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

R.T., tratto al giudizio del Giudice di pace di Treviso in seguito a ricorso immediato della parte lesa D.M.V. D.Lgs. n. 274 del 2000, ex art. 20 veniva assolto, con sentenza del 18 dicembre 2009, dal reato di cui all’art. 594 c.p. per reciprocità delle offese, e da quelli di cui agli artt. 612 e 581 c.p. mancando la prova piena della penale responsabilità dell’imputato.

L’alterco si era verificato in un ristorante tra un avventore, il R., ed il direttore del locale, il D.M..

Con il ricorso per cassazione anche agli effetti penali la parte offesa costituita parte civile deduceva:

1) la violazione di legge processuale ed il travisamento della prova con riferimento al reato di cui all’art. 594 c.p. perchè il Giudice dalle spontanee dichiarazioni del R., che non hanno natura di prova perchè non assunte in contraddittorio tra le parti, ha tratto gli elementi per ritenere la reciprocità delle offese, mentre in atti non esiste alcun elemento dal quale risulti che il D.M. abbia profferito offese;

2) il vizio di motivazione, sotto il profilo della contraddittorietà, con riferimento al reato di cui all’art. 594 c.p. perchè il Giudice, dopo avere detto che vi era stato un vivace scambio di espressioni, ha sostenuto che R. aveva apostrofato D.M. dopo che quest’ultimo gli avrebbe rivolto l’epiteto di pezzente, aggiungendo poco dopo che vi era stato contatto fisico ed espressioni verbali che il ricorrente aveva percepito come minaccia.

Chiariva il ricorrente che l’assenza di reciprocità emergeva anche dalle dichiarazioni dei testimoni Z.T. e A. H. e, quindi, era ravvisabile un travisamento della prova ed una motivazione apodittica.

Inoltre il ricorrente si doleva del fatto che i testi Z. e A.H. erano stati ritenuti apoditticamente non decisivi, presumibilmente si voleva dire non attendibili, essendo il primo suocero del D.M. e la seconda dipendente del ristorante;

3) la violazione di legge per travisamento della prova in ordine ai reati di cui agli artt. 581 e 612 c.p. per le ragioni indicate con il primo motivo di impugnazione;

4) il vizio della motivazione con riferimento ai reati di cui agli artt. 612 e 581 c.p. perchè il Giudice, pur avendo riconosciuto che contatto fisico vi era stato e che frasi ritenute minacciose erano state pronunciate ha sostenuto che vi era dubbio sull’esatto svolgersi dei fatti, ritenendo, peraltro, che la testimonianza della parte lesa fosse priva di riscontri.

Inoltre il ricorrente chiariva che per le percosse non era necessario alcun certificato medico non essendovi malattia e a prova dei fatti non dovevano essere citate la Autorità intervenute, che, ovviamente, erano intervenute quando i fatti erano già stati commessi;

5) la violazione di legge con riferimento al reato di cui all’art. 581 c.p..

I motivi posti a sostegno del ricorso proposto da D.M.V. sono fondati.

Non vi è dubbio, infatti, che la motivazione del provvedimento impugnato non sia soddisfacente sia perchè contiene delle affermazioni apodittiche, sia perchè in alcuni passaggi appare contraddittoria.

In modo più puntuale deve dirsi, in relazione al primo motivo di impugnazione, che delle spontanee dichiarazioni dell’imputato il giudice può certamente tenere conto per formare il suo libero convincimento, ma tale convincimento deve essere congruamente motivato, dal momento che le spontanee dichiarazioni non costituiscono prova, anche perchè non vengono assunte in contraddittorio.

Ebbene il Giudice si è limitato ad affermare che non appariva revocabile in dubbio, ancorchè il R. avesse rilasciato spontanee dichiarazioni, che vi fosse stata reciprocità di offese.

Siffatta affermazione – secondo motivo di impugnazione – non è confortata da alcun elemento di prova, ma anzi risultava contrastata dalle affermazioni della parte lesa, che, come è noto, secondo la ormai costante giurisprudenza di questa Corte, possono, quando sia stata accertata la attendibilità del testimone, anche da sole legittimare una affermazione di responsabilità penale, perchè quella della parte lesa è una testimonianza a tutti gli effetti, che non richiede alcun riscontro ai sensi dell’art. 192 c.p.p., comma 3.

Il fatto che vi era stato un vivace scambio di espressioni, invero, non significa affatto che anche il D.M. abbia offeso il decoro e l’onore del R..

Non appare, inoltre, corretta la valutazione di inattendibilità o di non decisività delle dichiarazioni dei due testimoni Z. e A.D.C. fondata, come è, esclusivamente sul fatto che il primo era un affine del ricorrente e la seconda una dipendente del ristorante.

Non vi è alcun dubbio allora che l’esame del materiale testimoniale debba essere esaminato con maggiore approfondimento al fine di ricostruire adeguatamente lo spiacevole episodio.

Il Giudice ha poi riconosciuto che vi sia stato contatto fisico – terzo, quarto e quinto motivo di impugnazione – tra il R. ed il D.M. e che il R. abbia profferito espressioni ritenute minacciose dalla parte lesa, ma ha poi immotivatamente concluso che sul punto era ravvisabile il dubbio che legittimava l’assoluzione dell’imputato ex art. 530 c.p., comma 2.

E’ appena il caso di notare in proposito che la prova per il delitto di percosse non deve necessariamente essere reperita in certificati medici perchè di norma esse non lasciano alcuna traccia visibile, nota essendo la differenza esistente tra il delitto di percosse, quando dal fatto derivi soltanto una sensazione dolorosa, e quello di lesioni, prevedendo soltanto quest’ultimo l’insorgere di una malattia e, quindi, di segni evidenti e facilmente riscontrabili.

Infine non appare determinante il fatto che il ricorrente non abbia richiesto l’audizione della Autorità di polizia intervenuta, non solo perchè se avesse ritenuto necessarie ai fini della decisione tali testimonianze avrebbe potuto provvedere ai sensi dell’art. 507 c.p.p. anche lo stesso Giudice, ma anche perchè sembra di capire che la polizia sia intervenuta, su richiesta della parte offesa, quando il diverbio era già cessato; è difficile allora comprendere su che cosa avrebbero potuto testimoniare.

Per le ragioni indicate la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame al Giudice di pace di Treviso.
P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al Giudice di pace di Treviso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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