T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 21-02-2011, n. 169 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 Con atto notificato l’8 agosto 2000 – depositato il 10 ottobre 2000 – il ricorrente impugna l’ordinanza di demolizione n. 213 del 14 luglio 2000, deducendo: violazione di legge, art. 4 e segg. con particolare riferimento agli artt. 31 e 32 della legge 47 del 1985 – eccesso di potere per carenza di motivazione – insufficiente istruttoria.

2 Con atto depositato in data 23 ottobre 2000 si è costituito in giudizio il comune di Fondi che ha opposto l’infondatezza.

3 Con ordinanza n. 826 del 26 ottobre 2000 la Sezione ha accolto l’istanza cautelare accordando rilevanza alla "pendenza della domanda di condono presentata il 13 dicembre 1995 (a integrazione della precedente istanza del 1985) sulla quale il Comune ha l’obbligo di pronunciarsi;".

4 Con sentenza n. 504 del 12 luglio 2007 la Sezione ha disposto istruttoria al fine di accertare l’esistenza dell’avvenuta presentazione, per la attività sanzionata, di specifica domanda di condono e/o sanatoria ex art. 32 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni con legge 24 novembre 2003, n. 236, ed ex lege regionale 8 novembre 2004, n. 12. Con nota depositata il 27 settembre 2007 il comune di Fondi ha rappresentato che nessuna istanza è stata presentata dal ricorrente in relazione alle leggi menzionate.

5 Con domanda depositata l’11 novembre 2009, il ricorrente ha partecipato il persistente interesse alla definizione della domanda.

6 Alla pubblica udienza del 13 gennaio 2011 il ricorso è stato chiamato ed introdotto per la decisione.
Motivi della decisione

1 Il ricorrente impugna l’ordinanza n. 213 del 14 luglio 2000 con la quale il comune di Fondi ha ingiunto la demolizione delle opere di cui al rapporto della P.M. n. 3596 del 6 settembre 1995. In sede introduttiva: (a) rappresenta di aver avanzato istanza di condono edilizio per il manufatto in questione, qualificabile come pertinenza in quanto adibito a garage, con integrazione dell’originaria istanza "… che non teneva conto della rimessa per auto in causa"; (b) argomenta la violazione di legge e l’eccesso di potere, in quanto, per un verso, tale domanda non è stata mai definita, per altro perché, detta pendenza escluderebbe ogni rilevanza alla richiamata, nel provvedimento, ingiunzione alla demolizione disposta quale sanzione accessoria dalla Corte di appello di Roma.

2 Come anticipato in fatto, la ravvisata fondatezza del primo di citati profili ha indotto la Sezione ad accogliere l’istanza cautelare, stante la "pendenza della domanda di condono presentata il 13 dicembre 1995 (a integrazione della precedente istanza del 1985) sulla quale il Comune ha l’obbligo di pronunciarsi;".

3 L’esame della domanda va preceduto dalla ricostruzione della fattispecie alla stregua degli atti di giudizio.

3.1 Con istanza depositata il 13 dicembre 1995 il ricorrente ha integrato e rettificato la domanda di condono, avendo "… omesso la superficie di una piccola tettoia adibita a posto auto" in relazione alla quale, "con verbale della Polizia Municipale n° 3596 del 06/09/1995 è stata constata una violazione edilizia, consistente nella esecuzione di una chiusura, in adiacenza del fabbricato principale, a mezzo tamponatura con blocchetti di cemento,…" (cfr. perizia giurata in prodotta del ricorrente).

3.2 Dalla documentazione versata dal comune può agevolmente ricavarsi che le opere edilizie alle quali si riferisce l’impugnata demolizione, erano in corso al 6 settembre 1995, data di accertamento della polizia locale ed al 26 settembre 1995, data di adozione dell’ordinanza di sospensione n. 303.

4 Ciò premesso in punto di fatto, l’assunto secondo il quale il comune non avrebbe potuto disporre la demolizione stante la pendenza della domanda di condono edilizio sì come successivamente integrata e modificata, non può esser condiviso.

4.1 Ed, infatti, occorre evidenziare che ai sensi dell’articolo 39 della legge 724 del 1994 l’istanza di condono edilizio interessa le opere ultimate entro il 31 dicembre 1993 e deve esser presentata, a pena di decadenza, entro il 31 marzo 1995. La disciplina del condono poi, in quanto norma di favore, è di stretta interpretazione. Ora, dall’esposizione delle vicende che intessano la fattispecie si ricava che, la tettoia della quale non si era fatta menzione nell’originaria domanda, è venuta a configurarsi come una struttura edilizia completamente diversa e per effetto di lavori eseguiti oltre i termini di cui sopra; la stessa istanza di integrazione è stata poi depositata oltre i termini posti, come detto, a pena di decadenza. Da tali vicende deriva allora che, non può invocarsi l’orientamento al quale ha aderito la Sezione in sede cautelare, il quale, ovviamente si fonda sul presupposto di una istanza ammissibile la cui previa definizione condizionerebbe l’adozione dei provvedimenti sanzionatori in ragione della ovvia nonché oggettiva coincidenza, al di là dei possibili completamenti ammessi nelle more della definizione del procedimento di sanatoria, tra il bene oggetto del condono e quello della demolizione per il caso di esito negativo. Il che non rileva nella fattispecie connotata, come detto, da una domanda che non concerne ab origine il manufatto ora sanzionato, al quale si riferisce la successiva ed inammissibile istanza di condono.

5 In definitiva deve allora affermarsi che: (a) è irrilevante il richiamo alla citata istanza di integrazione e modificazione, non riconducibile all’articolo 39 della legge 724 del 1994; (b) il ricorrente non ha richiamato nella stessa norme che accordano la possibilità di conseguire la sanatoria ad altro titolo; (c) conseguentemente, non può nel caso invocarsi il principio della necessaria, previa definizione della domanda di condono edilizio; (d) il provvedimento in questione va ricondotto all’ordinario potere sanzionatorio connesso al riscontro di una edificazione non assistita dai prescritti titoli, nel caso, non solo edilizi.

6 Il ricorso va quindi respinto. Le spese seguono, come per legge, la soccombenza per l’ammontare in dispositivo liquidato.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione staccata di Latina, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del comune di Fondi, delle spese di giudizio che liquida in complessivi Euro 1.500,00 (millecinquecento,00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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