T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 21-02-2011, n. 1580 Prove d’esame

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 31 ottobre 2009 e depositato il 18 novembre 2009, V.N. ha impugnato gli atti e provvedimenti in epigrafe meglio specificati.

La ricorrente ha partecipato alle prove scritte del concorso a cinquecento posti di magistrato ordinario, indetto con d.m. 27 febbraio 2008, senza essere ammessa alle prove orali in relazione al giudizio di inidoneità espresso dalla commissione esaminatrice su una uno (diritto amministrativo) dei tre elaborati delle prove scritte, a fronte della votazione di 12/20 e di 14/20 conseguita rispettivamente nelle altre materie (diritto civile e diritto penale).

A sostegno dell’impugnativa, sono state dedotte le seguenti censure:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del d.lgs. n. 160 del 2006 per mancanza di tutti i commissari nella seduta del 2 dicembre 2008, di cui al verbale n. 8

Dal verbale n. 8 risulta che alla seduta del 2 dicembre 2008, nella quale sono stati fissati i criteri di valutazione delle prove scritte, erano assenti due componenti della commissione esaminatrice, in violazione dell’epigrafata disposizione che stabilisce per tale fase procedimentale la presenza di tutti i commissari, e quindi configura la commissione, almeno in quella fase, come collegio perfetto.

2) Violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, dell’art. 5 del d.lgs. n. 160 del 2006. Incompetenza per irregolare composizione dell’organo collegiale

Al momento della correzione e valutazione dell’elaborato della ricorrente relativo alla prova scritta di diritto amministrativo nel collegio della sottocommissione esaminatrice era assente il docente universitario, sostituito da altro componente appartenente alla diversa categoria dei magistrati ordinari.

3) Violazione delle norme e dei principi in tema di svolgimento delle prove concorsuali. Violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990.Illegittimità costituzionale dell’art. 1 del d.lgs. n. 160/2006, come modificato dalla legge n. 111/2007, per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. e dei principi di logicità, ragionevolezza e trasparenza dell’azione amministrativa

La formula della non idoneità elude l’esigenza di motivazione delle valutazioni anche tecnicodiscrezionali, addirittura oltre l’insufficienza del mero voto numerico, preclude l’esercizio del diritto di difesa, soprattutto quando non accompagnata da annotazioni, glosse o segni grafici di correzione (come nel caso di specie), onde s’impone l’applicazione estensiva dell’art. 11 del d.lgs. n. 166 del 2006 che, nell’ambito dei concorsi notarili, prescrive che il giudizio di non idoneità sia motivato.

Alternativamente, la disposizione dell’art. 1 comma 5 del d.lgs. n. 160 del 2006, nella parte in cui ammette tale formula quale motivazione ex art. 3 della legge n. 241 del 1990 deve ritenersi costituzionalmente illegittima per violazione dell’art. 3 Cost., in relazione all’inammissibile disparità di trattamento ingiustificabile tra i candidati al concorso per l’accesso in magistratura ordinaria e i candidati al concorso notarile, nonché dell’art. 97 Cost., per violazione dei principi di efficienza e trasparenza dell’attività amministrativa.

Costituitesi in giudizio le Autorità intimate, con memorie difensive dell’Avvocatura generale dello Stato, depositate il 1° dicembre 2009 e in vista dell’udienza di discussione, è stata diffusamente dedotta l’infondatezza di tutte le censure.

All’udienza pubblica del 14 luglio 2010 il ricorso è stato discusso e riservato per la decisione.
Motivi della decisione

1.) Il ricorso in epigrafe è destituito di fondamento giuridico e deve essere, pertanto, rigettato.

1.1) La disciplina normativa del concorso per l’accesso alla magistratura ordinaria è costituita in parte dalle disposizioni tutt’ora vigenti del r.d. 15 ottobre 1925, n. 1860 e in parte da quelle introdotte dal d.lgs. 5 aprile 2006, n. 160, come modificate dall’art. 1 della legge 30 luglio 2007, n. 111.

Queste ultime hanno dettato, in particolare, una nuova regolamentazione concernente l’oggetto delle prove scritte e orali, i punteggi minimi per l’ammissione agli orali e il superamento del concorso, nonché la nomina e la composizione della commissione esaminatrice e la disciplina dei suoi lavori.

L’art.1 del d.lgs. n. 160 del 2006 dispone che:

– la prova scritta è data dallo svolgimento "…di tre elaborati teorici, rispettivamente vertenti sul diritto civile, sul diritto penale e sul diritto amministrativo" (comma 3);

– la prova orale verte su dieci materie (diritto civile ed elementi fondamentali di diritto romano; procedura civile; diritto penale; procedura penale; diritto amministrativo, costituzionale e tributario; diritto commerciale e fallimentare; diritto del lavoro e della previdenza sociale; diritto comunitario; diritto internazionale pubblico e privato; elementi di informatica giuridica e di ordinamento giudiziario) nonché su un colloquio facoltativo su lingua straniera indicata dal candidato tra inglese, spagnolo, francese e tedesco (comma 4);

– sono ammessi alla prova orale i candidati che conseguono "…non meno di dodici ventesimi di punti in ciascuna delle materie della prova scritta" e conseguono l’idoneità i candidati che ottengano in ciascuna materia della prova orale "non meno di sei decimi… e comunque una votazione complessiva nelle due prove non inferiore a centootto punti", salvo il giudizio almeno di sufficienza nel colloquio facoltativo di lingua straniera (comma 5);

– "agli effetti di cui all’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, il giudizio in ciascuna delle prove scritte e orali è motivato con l’indicazione del solo punteggio numerico, mentre l’insufficienza è motivata con la sola formula "non idoneo"" (comma 5).

L’art. 5 del d.lgs. n. 160 del 2006, per quanto qui interessa, ha poi stabilito che:

– la commissione esaminatrice, nominata con decreto del Ministro della giustizia "nei quindici giorni antecedenti l’inizio della prova scritta… a seguito di conforme delibera del Consiglio superiore della magistratura" (comma 1), è composta da un magistrato che abbia conseguito la sesta valutazione di professionalità (che la presiede); venti magistrati che abbiano conseguito almeno la terza valutazione di professionalità; cinque professori universitari di ruolo titolari di insegnamenti nelle materie oggetto di esame "…nominati su proposta del Consiglio universitario nazionale…"; tre avvocati iscritti all’albo speciale dei patrocinanti dinanzi alle magistrature superiori "…nominati su proposta del Consiglio nazionale forense" (comma 1 bis);

– la nomina è preclusa nei confronti di magistrati, professori universitari e avvocati che "…che nei dieci anni precedenti abbiano prestato, a qualsiasi titolo e modo, attività di docenza nelle scuole di preparazione al concorso per magistrato ordinario" (comma 2);

– presidente e componenti possono essere nominati anche tra magistrati collocati a riposo da non più di due anni e professori universitari collocati a riposo da non più di cinque anni, già in possesso dei relativi requisiti all’atto della cessazione dal servizio (comma 4);

– nell’assenza o impedimento del presidente, lo sostituisce il magistrato componente presente di maggiore anzianità di servizio (comma 5);

– nella seduta di cui al sesto comma dell’art. 8 del r.d. n. 1860 del 1925 (ossia a seguito del raggruppamento delle buste degli elaborati di ciascun candidato in unica busta contrassegnata da numero progressivo, operazione immediatamente prodromica all’inizio delle correzioni) "…la commissione definisce i criteri per la valutazione omogenea degli elaborati scritti; (mentre) i criteri per la valutazione delle prove orali sono definiti prima dell’inizio delle stesse"; "Alle sedute per la definizione dei suddetti criteri devono partecipare tutti i componenti della commissione, salvi i casi di forza maggiore e legittimo impedimento, la cui valutazione è rimessa al Consiglio superiore della magistratura. In caso di mancata partecipazione, senza adeguata giustificazione, a una di tali sedute o comunque a due sedute di seguito, il Consiglio superiore può deliberare la revoca del componente e la sua sostituzione con le modalità previste dal comma 1" (comma 3);

– qualora i candidati che hanno portato a termine le prove siano più di trecento, eseguita in seduta plenaria della commissione, con la partecipazione di tutti i componenti, la valutazione degli elaborati di almeno venti candidati, il presidente forma due sottocommissioni per ciascuna seduta di correzione, cui assegna, secondo criteri obiettivi, la metà dei candidati (recte: gli elaborati della metà dei candidati) da valutare, presiedute rispettivamente dal presidente e dal magistrato più anziano presente, gradatamente sostituiti dai magistrati via via più anziani tra quelli presenti; ciascuna sottocommissione è divisa in tre collegi, composti da almeno tre componenti, ognuno dei quali collegi esamina gli elaborati di una delle tre materie oggetto della prova scritta relativamente a ogni candidato (comma 6);

– alle sottocommissioni e ai collegi trovano applicazione le disposizioni di cui agli artt. 12, 13 e 16 e, quanto alle prove orali e all’assegnazione del punteggio finale, di cui agli artt. 14, 15 e 16 del r.d. n. 1860 del 1925 (comma 7).

Le richiamate disposizioni prevedono, a loro volta:

– le operazioni prodromiche alla correzione, nonché le modalità della correzione (esame contestuale da parte delle sottocommissioni o dei collegi dei tre elaborati riferibili a ciascun candidato, con assegnazione del punteggio, salvo l’eventuale annullamento di elaborati che risultino in tutto o in parte copiati da altro lavoro o dai quali risulti che il concorrente si sia fatto riconoscere): art. 12;

– le operazioni successive a ciascuna correzione (annotazione a cura del segretario della commissione e "a piede di ciascun lavoro" del voto assegnato, sottoscritta dal presidente della commissione o sottocommissione) e delle operazioni conclusive della correzione (apertura delle buste contenenti i nomi dei candidati, al fine dell’abbinamento con gli elaborati corretti e dell’individuazione dei candidati ammessi agli orali; pubblicazione dell’elenco degli ammessi all’orale): art. 13;

– lo svolgimento in seduta pubblica delle prove orali: art. 14;

– le modalità delle interrogazioni dei candidati, di assegnazione della votazione e l’immediata pubblicazione del risultato della prova: art. 15;

– il numero di voti a disposizione di ogni commissario (sino a 10 per ciascuna prova scritta e orale), la cui attribuzione è subordinata alla valutazione, a cura della commissione o sottocommissione, se il candidato meriti di conseguire il punteggio minimo richiesto: art. 16.

Deve rammentarsi, per completezza, che la dichiarazione di inidoneità "per tre volte in concorsi per l’ammissione in magistratura" preclude la partecipazione a ulteriori concorsi in magistratura; l’espulsione del candidato dopo la dettatura del tema durante le prove scritte "…equivale a inidoneità"; il Consiglio superiore della magistratura, sentito l’interessato, può escludere da uno o successivi concorsi il candidato che "durante lo svolgimento delle prove scritte di un concorso, è stato espulso per comportamenti fraudolenti, diretti ad acquisire o ad utilizzare informazioni non consentite, o per comportamenti violenti che comunque abbiano turbato le operazioni del concorso" (art. 7 del d.lgs. n. 160 del 2006).

1.2) Così sintetizzato il quadro di riferimento normativo, il Tribunale deve rilevare l’infondatezza di tutte le censure dedotte dalla ricorrente.

1.2.1) Nell’ordine logicogiuridico, devono anzitutto considerarsi, in quanto più radicali e potenzialmente idonee a travolgere tutte le operazioni di correzione svolte dalla commissione, i proprio i profili d’illegittimità non per caso dedotti con il motivo di ricorso sub 1), relativi alla pretesa invalidità viziante della composizione della commissione esaminatrice nella seduta del 2 dicembre 2008, nella quale essa ha proceduto alla definizione dei criteri di valutazione degli elaborati relativi alle prove scritte.

Dal verbale n. 8 del 2 dicembre 2008, esibito dal ricorrente, risulta l’assenza dei componenti prof. Carlo Paterniti e Francesco Cordopatri, la prima non giustificata, la seconda preannunciata con dichiarazione di impegno a documentare l’impedimento alla IX Commissione del Consiglio superiore della magistratura.

La ricorrente sostiene che, in relazione alla previsione di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 160 del 2006, che dispone l’obbligatorietà della partecipazione di tutti i componenti della commissione esaminatrice nelle sedute destinate alla fissazione dei criteri di valutazione delle prove scritte ed orali, la commissione deve riguardarsi come collegio "reale"o "perfetto" di tal ché l’assenza del quorum integrale determina insanabile vizio di composizione della commissione che si riverbera sui criteri fissati nella suddetta seduta e sulle successive operazioni di correzione degli elaborati.

E’ noto che, in linea generale, tutti gli organi collegiali a carattere non rappresentativo -caratterizzati da funzioni di ponderazione d’interessi pubblici omogenei e non di composizione d’interessi pubblici eterogenei, e contrassegnati dalla posizione di neutralità, imparzialità e indipendenza dei loro componenti, tra i quali rientrano anche le commissioni esaminatrici dei concorsi pubblici (oltre che gli organi amministrativi contenziosi e gli organi giurisdizionali), sono in via di massima collegi perfetti perché alla loro attività è, di regola, coessenziale la presenza di tutti i componenti in quanto muniti di specifiche competenze tecniche (e tanto più se eterogenee), che nel loro dispiegarsi nell’organo assicurano la più completa ed esauriente valutazione e ponderazione dell’interesse pubblico alla cui cura sono preposti (nell’ambito dei concorsi per l’ammissione agli impieghi, l’interesse alla più esauriente e compiuta valutazione dei candidati e alla selezione dei migliori tra i concorrenti).

Elemento strutturale che denota in genere la riconducibilità dell’organo collegiale ad una regola d’indefettibile presenza di tutti i suoi componenti è peraltro, generalmente, la previsione di supplenti, chiamati a sostituire i componenti titolari assenti o impediti, che costituisce nel silenzio della legge l’indice più sicuro della natura del collegio "…poiché lo scopo della supplenza è proprio quello, da un lato, di garantire che il collegio possa operare con il plenum anziché con la sola maggioranza, in caso di impedimento di taluno dei membri effettivi e, dall’altro lato, l’esigenza che la commissione svolga le sue operazioni con continuità e tempestività, senza che il suo agire sia impedito o ritardato dall’impedimento di taluno dei suoi componenti" (Cons. Stato, sez. VI, 21 marzo 2005, n. 1112).

Nel caso di specie, però, la nuova disciplina recata dal d.lgs. n. 160 del 2006 in ordine alla composizione della commissione esaminatrice del concorso di ammissione alla magistratura ordinaria non ha contemplato la nomina di componenti supplenti, a differenza di quanto invece già previsto dall’art. 5 comma 2 del r.d. n. 1860 del 1925.

La stessa disposizione dell’art. 5 comma 3 del d.lgs. n. 160 del 2006 dispone non già che la commissione debba indefettibilmente fissare i criteri di valutazione con la presenza di tutti i suoi componenti, limitandosi a prevedere, in modo più circoscritto, che alle sedute relative alla fissazione dei criteri "…devono partecipare tutti i componenti della commissione", essendo tale partecipazione legittimamente esclusa nei casi di "…forza maggiore e legittimo impedimento", la cui valutazione è rimessa al Consiglio superiore della magistratura in funzione dell’eventuale sanzione della revoca e sostituzione del componente in caso di "mancata partecipazione, senza adeguata giustificazione, a una di tali sedute o comunque a due sedute di seguito".

La previsione di cause giustificatrici dell’assenza dei componenti e di sanzioni per le (sole) assenze ingiustificate chiarisce, oltre ogni dubbio, che l’obbligo di presenza non implica che anche la seduta della commissione debba considerarsi invalida in caso di assenza di taluno dei componenti.

Tale disciplina, dalla quale non è dunque affatto desumibile che la commissione esaminatrice sia, anche se solo per le sedute concernenti la definizione dei criteri di valutazione, strutturata come "collegio perfetto", risulta d’altro canto coerente con la serrata "tempistica" dei lavori della commissione, come fissata dal successivo art. 6, che introduce termini acceleratori per la formazione della graduatoria (nove mesi dal giorno dell’espletamento dell’ultima prova scritta; dodici mesi dal medesimo dies a quo per l’inizio del tirocinio dei magistrati vincitori del concorso; dieci sedute a settimana; correzione degli elaborati di almeno seicento candidati al mese e esame orale di almeno cento candidati al mese), che si coordina, a sua volta, con la previsione che il concorso è bandito "…con cadenza di norma annuale in relazione ai posti vacanti e a quelli che si renderanno vacanti nel quadriennio successivo", contenuta nel precedente art. 1 comma 1.

Alla luce dei rilievi che precedono risultano, quindi, infondate le più radicali censure dedotte con il secondo motivo di ricorso.

1.2.2) Alla luce dei rilievi che precedono deve escludersi anche la fondatezza delle censure dedotte con il motivo di ricorso sub 2), concernente la pretesa invalidità viziante della composizione della commissione esaminatrice, connessa all’assenza di (almeno) un docente universitario al momento della correzione (tra gli altri) dell’elaborato della prova scritta di diritto amministrativo formato dalla ricorrente.

Si è già osservato che la disciplina recata dal d.lgs. n. 160 del 2006 in ordine alla composizione della commissione esaminatrice del concorso di ammissione alla magistratura ordinaria non ha contemplato la nomina di componenti supplenti, a differenza di quanto invece già previsto dall’art. 5 comma 2 del r.d. n. 1860 del 1925.

E’ pertanto da escludere che la composizione di ciascuno dei collegi di correzione in cui è ripartita la sottocommissione debba rispecchiare le tre "categorie professionali" nell’ambito delle quali sono scelti i membri della commissione (magistrati, docenti universitari, avvocati), ciascuna delle quali è in tal senso "fungibile" rispetto alle altre (sull’indifferenza delle categorie professionali, addirittura in presenza di membri supplenti per le varie categorie, come per le commissioni per l’esame di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato, vedi Cons. Stato, Sez. IV, 12 giugno 2007, n. 3114

Ciò è peraltro coerente anche con la ben diversa consistenza numerica delle tre categorie professionali (venti magistrati, oltre al presidente; cinque docenti universitari; tre avvocati), tale da non consentire che in ciascun collegio di correzione sia possibile assicurare la presenza di docenti universitari (e men che meno avvocati).

Né può sostenersi che l’assenza nel collegio di correzione di un docente universitario, sostituito da componente di altra categoria professionale, dequalifichi l’elevata competenza professionale comunque assicurata dalla presenza di commissari che rivestono la qualità di magistrati, peraltro di adeguata anzianità di carriera ed esperienza (per aver conseguito almeno la terza valutazione di professionalità, se non addirittura la sesta ove il collegio sia presieduto dal presidente) e di avvocati, essi pure muniti di qualificazione indiscutibile (in quanto iscritti all’albo speciale degli avvocati ammessi al patrocinio davanti alle magistrature superiori).

1.2.3) Sono destituite di fondamento giuridico anche le censure dedotte con il motivo di ricorso sub 3), incentrate sulla dedotta carente motivazione del giudizio di non idoneità, sull’applicabilità in via di analogia della disposizione dell’art. 11 del d.lgs. n. 166 del 2006 e, in ultima analisi, sulla prospettata illegittimità costituzionale dell’art. 1 comma 5 del d.lgs. n. 160 del 2006 per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost.

1.2.3.1) Nessuna contestazione è stata avanzata con riferimento ai criteri di valutazione fissati dalla commissione esaminatrice nella seduta del 2 dicembre 2008, in cui sono stati enucleati tre parametri alla stregua dei quali considerare idonei i candidati, richiedendo che ciascuno degli elaborati nelle tre materie:

– "presenti una forma italiana corretta sotto il profilo lessicale, sintattico e grammaticale, e riveli adeguata padronanza della terminologia giuridica, unita a capacità di sintesi. In particolare, la chiarezza va valutata in relazione alla linearità del periodo ed alla comprensibilità del contenuti nonché alla precisione del linguaggio comune e giuridico";

– "offra una pertinente ed esauriente trattazione del tema, dimostrando adeguata conoscenza dell’istituto cui direttamente esso si riferisce, dei principi fondamentali della materia, della giurisprudenza e della dottrina, nonché un’adeguata capacità di inquadramento dogmatico e sistematico";

– "riveli la capacità del candidato di procedere all’analisi delle specifiche questioni a lui sottoposte e di proporne una soluzione logicamente argomentata in coerenza con gli istituti e i principi della materia".

Né può dubitarsi che i suddetti criteri di valutazione risultano pertinenti, razionalmente coordinati alla preparazione richiesta per il superamento delle prove scritte di un concorso debitamente selettivo quale quello per l’accesso alla magistratura ordinaria, sufficientemente esaurienti nella delineazione del profilo di "adeguatezza" richiesto all’elaborato.

E’evidente che il conseguimento di un livello minimale di sufficienza presuppone la dimostrazione di un livello, anzitutto, di cultura generale (correttezza lessicale, sintattica e grammaticale del testo) e di cultura tecnicospecialistica (padronanza della terminologia giuridica), che insieme debbono fondersi in una trattazione lineare, comprensibile, adeguatamente sintetica, onde evitare inutili prolissità volte piuttosto che a riempire di surrettizi contenuti lo svolgimento dell’argomento e al limite a dissimulare la relativa povertà dei concetti esposti.

E’ innegabile, poi, che la trattazione non possa non essere pertinente agli istituti giuridici da esaminare e per quanto possibile esauriente, tale da denotare la conoscenza degli istituti, dei principi fondamentali di ciascuna materia, della giurisprudenza e della dottrina, quale può conseguire soltanto da un previa corretta analisi e inquadramento delle questioni giuridiche affrontate.

E’ elementare, infine, che, in funzione della professionalità richiesta ad aspiranti magistrati, gli elaborati debbano dimostrare che il candidato è in grado di procedere all’analisi delle questioni giuridiche sottoposte e di proporre una soluzione argomentata coerente con la disciplina degli istituti e i principi generali della materia oggetto della prova.

D’altro canto la individuazione dei criteri di valutazione delle prove appartiene comunque all’ampia sfera della discrezionalità tecnica delle commissioni esaminatrici insindacabile salvo che per profili, nella specie del tutto assenti, di "manifesta e intrinseca illogicità e irrazionalità" (così, tra le tante, e tra le ultime, Cons. Stato, Sez. IV, 15 febbraio 2010, n. 835, che ha riconosciuto la legittimità di omologhi criteri valutativi delle prove scritte concernenti um precedente concorso per l’accesso a posti di uditore giudiziario).

1.2.3.2) La ricorrente si duole, invece, proprio della formula della "non idoneità" in se e per se considerata.

Orbene, la commissione esaminatrice ha applicato in modo puntuale la disposizione dell’art. 1 comma 5 del d.lgs. n. 160 del 2006, che come già rammentato sub 1.1), dispone espressamente che "agli effetti di cui all’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, il giudizio in ciascuna delle prove scritte e orali è motivato con l’indicazione del solo punteggio numerico, mentre l’insufficienza è motivata con la sola formula "non idoneo"".

Il legislatore ha ritenuto, nell’ambito di ragionevole esercizio della propria discrezionalità, di fissare un punteggio minimo per ciascuna prova scritta, pari a 12/20, corrispondente al voto di 6, in decimi, ossia alla tradizionale soglia docimologica della sufficienza, e di ragguagliare tutti gli elaborati insufficienti ad un’unica formula "non idoneo", piuttosto che esigere una votazione numerica articolata su una scala da 0/20 a 11/20, tenuto conto dell’irrilevanza obiettiva dell’attribuzione di un voto numerico a elaborati giudicati inferiori alla soglia della sufficienza.

Tale previsione appare pienamente coerente con i consolidati arresti giurisprudenziali, anche di questo Tribunale, in tema di adeguatezza della motivazione riferita a quella peculiare categoria di atti amministrativi che sono i giudizi valutativi delle prove dei concorsi pubblici, per i quali è sufficiente l’attribuzione del voto numerico o, come nella specie, della non idoneità qualora l’elaborato non raggiunga nemmeno la soglia della sufficienza (pari al voto di 12/20), senza la necessità di ulteriori indicazioni e chiarimenti a mezzo di proposizioni esplicative (tra le tante e ultime vedi Cons. Stato, Sez. V, 13 luglio 2010, n. 4528, Sez. IV, 15 febbraio 2010, n. 835, 13 gennaio 2010, n. 92, 11 maggio 2009, n. 2880 e 11 luglio 2008, n. 3480; C.g.a., 7 ottobre 2008, n. 837).

La scelta legislativa sottesa alla previsione della mera indicazione della "non idoneità" in presenza di elaborati che non conseguano la soglia minima della sufficienza non introduce, poi, alcuna disparità di trattamento che possa essere sanzionata sotto il profilo dell’illegittimità costituzionale rispetto ai candidati del concorso notarile, attesa la assoluta disomogeneità della posizione di questi ultimi nei confronti dei candidati del concorso per l’accesso in magistratura.

Si tratta, infatti, di procedure concorsuali del tutto eterogenee, l’una indirizzata alla provvista di liberi professionisti, ancorché investiti di pubbliche funzioni, l’altra alla selezione di funzionari pubblici di elevata professionalità, onde difetta ogni possibilità di comparazione sulla quale fondare l’evocata violazione del principio costituzionale di eguaglianza, di cui all’art. 3 Cost., onde la questione d’illegittimità costituzionale non presenta il requisito della non manifesta infondatezza.

In presenza, peraltro, di una specifica e puntuale regolamentazione del concorso per l’accesso alla magistratura ordinaria, e quindi mancando alcun "vacuum" di disciplina normativa, è del tutto evidente l’inestensibilità, in via di analogia legis, dell’art. 11 del d.lgs. n. 166/2006, che riguarda il solo concorso notarile, e nel quale peraltro il giudizio d’inidoneità può attenere tanto alla singola prova, anche con effetto di "sbarramento" all’esame degli altri elaborati in presenza di "nullità o gravi insufficienze", quanto la valutazione finale complessiva degli elaborati.

Né sotto altro profilo la scelta di ragionevole discrezionalità legislativa sottesa all’indicazione, quale motivazione sufficiente ex art. 3 della legge n. 241 del 1990, della formula "non idoneo" può ritenersi collidente con i principi di efficienza, buon andamento e trasparenza dell’attività amministrativa, anche riferiti allo specifico settore dei concorsi pubblici, poiché anzi essa è razionalmente coordinata all’assoluta irrilevanza di una più ampia spiegazione delle ragioni per le quali l’elaborato non raggiunga nemmeno la soglia minimale dell’insufficienza, cui si ricollega l’attribuzione del voto di 12/20 (corrispondente, si ribadisce, a 6/10).

Si tratta di formula sintetica adeguata ad esprimere, in rapporto ai criteri di valutazione, una considerazione complessiva negativa in ordine alla dimostrazione, nello svolgimento delle prove scritte, di un profilo minimamente adeguato di preparazione e capacità di impostazione e risoluzione delle problematiche giuridiche, tenuto conto che le valutazioni della commissione non hanno carattere didattico e pertanto non possono essere funzionalmente rivolte a segnalare le lacune del profilo culturale generale e giuridico del candidato, da cui consegue anche l’irrilevanza dell’omessa apposizione di segni di correzione.

2.) In conclusione, il ricorso in epigrafe deve essere respinto, siccome infondato.

3.) In relazione alla parziale novità delle questioni esegetiche affrontate sussistono, nondimeno, giusti motivi per dichiarare compensate per intero tra le parti costituite le spese e onorari del giudizio, mentre non vi è luogo a provvedere in ordine alle spese della parte privata intimata non costituita.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sede di Roma – Sezione I rigetta il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Nulla per le spese della parte privata intimata non costituita.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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