T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 21-02-2011, n. 1578 Prove d’esame

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 6 agosto 2009 e depositato il 12 agosto 2009, A.S., costituito in proprio in quanto avvocato, ha impugnato gli atti e provvedimenti in epigrafe meglio specificati.

Il ricorrente ha partecipato alle prove scritte del concorso a cinquecento posti di magistrato ordinario, indetto con d.m. 27 febbraio 2008, senza essere ammesso alle prove orali in relazione al giudizio di inidoneità espresso dalla commissione esaminatrice su due (diritto amministrativo e diritto penale) delle tre prove scritte, a fronte della votazione di punti 13/20 conseguita nella prova di diritto civile.

A sostegno dell’impugnativa, sono state dedotte le seguenti censure:

1) Inesistenza, nullità o annullabilità del verbale n. 60 del 5 febbraio 2009 e suoi allegati per invalidità propria e derivata nonché invalidità derivata di ogni altro atto ad esso comunque connesso, presupposto e consequenziale. Violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del r.d. n. 1860 del 1925. Violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del d.P.R. n. 686 del 1957 nonché dell’art. 15 del d.P.R. n. 487 del 1994

Il verbale della commissione esaminatrice n. 60 del 5 febbraio 2009, relativo ai risultati della correzione, tra gli altri, degli elaborati formati dal ricorrente, consta di un foglio protocollo e di due fogli intercalari, formato A4; questi ultimi non sono congiunti materialmente al foglio protocollo, mediante spillatura, né sono sottoscritti dal presidente, dal segretario o da altri componenti della commissione, recando solo timbri di giunzione che, almeno dalla fotocopia rilasciata al ricorrente, non appaiono pienamente sovrapponibili.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del d.lgs. n. 160 del 2006 per mancanza di tutti i commissari nella seduta del 2 dicembre 2008, di cui al verbale n. 8

Dal verbale n. 8 risulta che alla seduta del 2 dicembre 2008, nella quale sono stati fissati i criteri di valutazione delle prove scritte, erano assenti due componenti della commissione esaminatrice, in violazione dell’epigrafata disposizione che stabilisce per tale fase procedimentale la presenza di tutti i commissari, e quindi configura la commissione, almeno in quella fase, come collegio perfetto.

3) Violazione delle norme e principi in tema di procedure concorsuali, e in particolare illegittimità dell’art. 8 del bando di concorso per assoluta genericità. Violazione e falsa applicazione dell’art. 35 del d.lgs. n. 165 del 2001 nonché dell’art. 12 del d.P.R. n. 487 del 1994. Eccesso e sviamento di potere per manifesta illogicità e irragionevolezza dei criteri di valutazione delle prove, ingiustizia manifesta. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 per difetto d’istruttoria e di motivazione, motivazione errata, illogicità e contraddittorietà

I criteri di correzione delle prove scritte, come fissati dalla commissione esaminatrice, sono affatto generici, ciò che refluisce anche sulla legittimità del bando di concorso che non contiene alcuna previsione a riguardo.

4) Illegittimità dei criteri di valutazione di cui al verbale n. 8 del 2 dicembre 2008. Violazione e falsa applicazione dell’art. 35 del d.lgs. n. 165 del 2001 nonché dell’art. 12 del d.P.R. n. 487 del 1994, nonché dell’art. 8 del d.P.R. n. 686 del 1957. Eccesso e sviamento di potere per manifesta illogicità e irragionevolezza dei criteri di valutazione delle prove, ingiustizia manifesta, difetto d’istruttoria e di motivazione ex art. 3 della legge n. 241 del 1990

I criteri di valutazione degli elaborati scritti, affatto generici, non sono stati ulteriormente specificati al fine di raccordarli in modo più specifico con i giudizi espressi sui medesimi, ad esempio attraverso "una griglia sia pur semplificata contenente delle fasce di voti"; né sugli elaborati sono stati apposti dalla commissione annotazioni a margine o segni tali da individuare in modo puntuale le carenze riscontrate in sede di correzione.

Costituitesi in giudizio le Autorità intimate, con memorie difensive dell’Avvocatura generale dello Stato, depositate il 25 agosto 2009 e in vista dell’udienza di discussione, è stata diffusamente dedotta l’infondatezza di tutte le censure.

Con decreto presidenziale n. 3947 del 14 agosto 2009 è stata respinta la richiesta di misure cautelari provvisorie "inaudita altera parte" e con ordinanza n. 3878 del 28 agosto 2009 è stata rigettata l’istanza incidentale di sospensione dell’efficacia esecutiva degli atti impugnati.

All’udienza pubblica del 14 luglio 2010 il ricorso è stato discusso e riservato per la decisione.
Motivi della decisione

1.) Il ricorso in epigrafe è destituito di fondamento giuridico e deve essere, pertanto, rigettato.

1.1) La disciplina normativa del concorso per l’accesso alla magistratura ordinaria è costituita in parte dalle disposizioni tutt’ora vigenti del r.d. 15 ottobre 1925, n. 1860 e in parte da quelle introdotte dal d.lgs. 5 aprile 2006, n. 160, come modificate dall’art. 1 della legge 30 luglio 2007, n. 111.

Queste ultime hanno dettato, in particolare, una nuova regolamentazione concernente l’oggetto delle prove scritte e orali, i punteggi minimi per l’ammissione agli orali e il superamento del concorso, nonché la nomina e la composizione della commissione esaminatrice e la disciplina dei suoi lavori.

L’art.1 del d.lgs. n. 160 del 2006 dispone che:

– la prova scritta è data dallo svolgimento "…di tre elaborati teorici, rispettivamente vertenti sul diritto civile, sul diritto penale e sul diritto amministrativo" (comma 3);

– la prova orale verte su dieci materie (diritto civile ed elementi fondamentali di diritto romano; procedura civile; diritto penale; procedura penale; diritto amministrativo, costituzionale e tributario; diritto commerciale e fallimentare; diritto del lavoro e della previdenza sociale; diritto comunitario; diritto internazionale pubblico e privato; elementi di informatica giuridica e di ordinamento giudiziario) nonché su un colloquio facoltativo su lingua straniera indicata dal candidato tra inglese, spagnolo, francese e tedesco (comma 4);

– sono ammessi alla prova orale i candidati che conseguono "…non meno di dodici ventesimi di punti in ciascuna delle materie della prova scritta" e conseguono l’idoneità i candidati che ottengano in ciascuna materia della prova orale "non meno di sei decimi… e comunque una votazione complessiva nelle due prove non inferiore a centootto punti", salvo il giudizio almeno di sufficienza nel colloquio facoltativo di lingua straniera (comma 5);

– "agli effetti di cui all’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, il giudizio in ciascuna delle prove scritte e orali è motivato con l’indicazione del solo punteggio numerico, mentre l’insufficienza è motivata con la sola formula "non idoneo"" (comma 5).

L’art. 5 del d.lgs. n. 160 del 2006, per quanto qui interessa, ha poi stabilito che:

– la commissione esaminatrice, nominata con decreto del Ministro della giustizia "nei quindici giorni antecedenti l’inizio della prova scritta… a seguito di conforme delibera del Consiglio superiore della magistratura" (comma 1), è composta da un magistrato che abbia conseguito la sesta valutazione di professionalità (che la presiede); venti magistrati che abbiano conseguito almeno la terza valutazione di professionalità; cinque professori universitari di ruolo titolari di insegnamenti nelle materie oggetto di esame "…nominati su proposta del Consiglio universitario nazionale…"; tre avvocati iscritti all’albo speciale dei patrocinanti dinanzi alle magistrature superiori "…nominati su proposta del Consiglio nazionale forense" (comma 1 bis);

– la nomina è preclusa nei confronti di magistrati, professori universitari e avvocati che "…che nei dieci anni precedenti abbiano prestato, a qualsiasi titolo e modo, attività di docenza nelle scuole di preparazione al concorso per magistrato ordinario" (comma 2);

– presidente e componenti possono essere nominati anche tra magistrati collocati a riposo da non più di due anni e professori universitari collocati a riposo da non più di cinque anni, già in possesso dei relativi requisiti all’atto della cessazione dal servizio (comma 4);

– nell’assenza o impedimento del presidente, lo sostituisce il magistrato componente presente di maggiore anzianità di servizio (comma 5);

– nella seduta di cui al sesto comma dell’art. 8 del r.d. n. 1860 del 1925 (ossia a seguito del raggruppamento delle buste degli elaborati di ciascun candidato in unica busta contrassegnata da numero progressivo, operazione immediatamente prodromica all’inizio delle correzioni) "…la commissione definisce i criteri per la valutazione omogenea degli elaborati scritti; (mentre) i criteri per la valutazione delle prove orali sono definiti prima dell’inizio delle stesse"; "Alle sedute per la definizione dei suddetti criteri devono partecipare tutti i componenti della commissione, salvi i casi di forza maggiore e legittimo impedimento, la cui valutazione è rimessa al Consiglio superiore della magistratura. In caso di mancata partecipazione, senza adeguata giustificazione, a una di tali sedute o comunque a due sedute di seguito, il Consiglio superiore può deliberare la revoca del componente e la sua sostituzione con le modalità previste dal comma 1" (comma 3);

– qualora i candidati che hanno portato a termine le prove siano più di trecento, eseguita in seduta plenaria della commissione, con la partecipazione di tutti i componenti, la valutazione degli elaborati di almeno venti candidati, il presidente forma due sottocommissioni per ciascuna seduta di correzione, cui assegna, secondo criteri obiettivi, la metà dei candidati (recte: gli elaborati della metà dei candidati) da valutare, presiedute rispettivamente dal presidente e dal magistrato più anziano presente, gradatamente sostituiti dai magistrati via via più anziani tra quelli presenti; ciascuna sottocommissione è divisa in tre collegi, composti da almeno tre componenti, ognuno dei quali collegi esamina gli elaborati di una delle tre materie oggetto della prova scritta relativamente a ogni candidato (comma 6);

– alle sottocommissioni e ai collegi trovano applicazione le disposizioni di cui agli artt. 12, 13 e 16 e, quanto alle prove orali e all’assegnazione del punteggio finale, di cui agli artt. 14, 15 e 16 del r.d. n. 1860 del 1925 (comma 7).

Le richiamate disposizioni prevedono, a loro volta:

– le operazioni prodromiche alla correzione, nonché le modalità della correzione (esame contestuale da parte delle sottocommissioni o dei collegi dei tre elaborati riferibili a ciascun candidato, con assegnazione del punteggio, salvo l’eventuale annullamento di elaborati che risultino in tutto o in parte copiati da altro lavoro o dai quali risulti che il concorrente si sia fatto riconoscere): art. 12;

– le operazioni successive a ciascuna correzione (annotazione a cura del segretario della commissione e "a piede di ciascun lavoro" del voto assegnato, sottoscritta dal presidente della commissione o sottocommissione) e delle operazioni conclusive della correzione (apertura delle buste contenenti i nomi dei candidati, al fine dell’abbinamento con gli elaborati corretti e dell’individuazione dei candidati ammessi agli orali; pubblicazione dell’elenco degli ammessi all’orale): art. 13;

– lo svolgimento in seduta pubblica delle prove orali: art. 14;

– le modalità delle interrogazioni dei candidati, di assegnazione della votazione e l’immediata pubblicazione del risultato della prova: art. 15;

– il numero di voti a disposizione di ogni commissario (sino a 10 per ciascuna prova scritta e orale), la cui attribuzione è subordinata alla valutazione, a cura della commissione o sottocommissione, se il candidato meriti di conseguire il punteggio minimo richiesto: art. 16.

Deve rammentarsi, per completezza, che la dichiarazione di inidoneità "per tre volte in concorsi per l’ammissione in magistratura" preclude la partecipazione a ulteriori concorsi in magistratura; l’espulsione del candidato dopo la dettatura del tema durante le prove scritte "…equivale a inidoneità"; il Consiglio superiore della magistratura, sentito l’interessato, può escludere da uno o successivi concorsi il candidato che "durante lo svolgimento delle prove scritte di un concorso, è stato espulso per comportamenti fraudolenti, diretti ad acquisire o ad utilizzare informazioni non consentite, o per comportamenti violenti che comunque abbiano turbato le operazioni del concorso" (art. 7 del d.lgs. n. 160 del 2006).

1.2) Così sintetizzato il quadro di riferimento normativo, il Tribunale deve rilevare l’infondatezza di tutte le censure dedotte dal ricorrente.

1.2.1) Nell’ordine logicogiuridico, devono anzitutto considerarsi, in quanto più radicali e potenzialmente idonee a travolgere tutte le operazioni di correzione svolte dalla commissione, i profili d’illegittimità dedotti con il motivo di ricorso sub 2), relativi alla pretesa invalidità viziante della composizione della commissione esaminatrice nella seduta del 2 dicembre 2008, nella quale essa ha proceduto alla definizione dei criteri di valutazione degli elaborati relativi alle prove scritte.

Dal verbale n. 8 del 2 dicembre 2008, esibito dal ricorrente, risulta l’assenza dei componenti prof. Carlo Paterniti e Francesco Cordopatri, la prima non giustificata, la seconda preannunciata con dichiarazione di impegno a documentare l’impedimento alla IX Commissione del Consiglio superiore della magistratura.

Il ricorrente sostiene che, in relazione alla previsione di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 160 del 2006, che dispone l’obbligatorietà della partecipazione di tutti i componenti della commissione esaminatrice nelle sedute destinate alla fissazione dei criteri di valutazione delle prove scritte ed orali, la commissione deve riguardarsi come collegio "reale"o "perfetto" di tal ché l’assenza del quorum integrale determina insanabile vizio di composizione della commissione che si riverbera sui criteri fissati nella suddetta seduta e sulle successive operazioni di correzione degli elaborati.

E’ noto che, in linea generale, tutti gli organi collegiali a carattere non rappresentativo -caratterizzati da funzioni di ponderazione d’interessi pubblici omogenei e non di composizione d’interessi pubblici eterogenei, e contrassegnati dalla posizione di neutralità, imparzialità e indipendenza dei loro componenti, tra i quali rientrano anche le commissioni esaminatrici dei concorsi pubblici (oltre che gli organi amministrativi contenziosi e gli organi giurisdizionali), sono in via di massima collegi perfetti perché alla loro attività è, di regola, coessenziale la presenza di tutti i componenti in quanto muniti di specifiche competenze tecniche (e tanto più se eterogenee), che nel loro dispiegarsi nell’organo assicurano la più completa ed esauriente valutazione e ponderazione dell’interesse pubblico alla cui cura sono preposti (nell’ambito dei concorsi per l’ammissione agli impieghi, l’interesse alla più esauriente e compiuta valutazione dei candidati e alla selezione dei migliori tra i concorrenti).

Elemento strutturale che denota in genere la riconducibilità dell’organo collegiale ad una regola d’indefettibile presenza di tutti i suoi componenti è peraltro, generalmente, la previsione di supplenti, chiamati a sostituire i componenti titolari assenti o impediti, che costituisce nel silenzio della legge l’indice più sicuro della natura del collegio "…poiché lo scopo della supplenza è proprio quello, da un lato, di garantire che il collegio possa operare con il plenum anziché con la sola maggioranza, in caso di impedimento di taluno dei membri effettivi e, dall’altro lato, l’esigenza che la commissione svolga le sue operazioni con continuità e tempestività, senza che il suo agire sia impedito o ritardato dall’impedimento di taluno dei suoi componenti" (Cons. Stato, sez. VI, 21 marzo 2005, n. 1112).

Nel caso di specie, però, la nuova disciplina recata dal d.lgs. n. 160 del 2006 in ordine alla composizione della commissione esaminatrice del concorso di ammissione alla magistratura ordinaria non ha contemplato la nomina di componenti supplenti, a differenza di quanto invece già previsto dall’art. 5 comma 2 del r.d. n. 1860 del 1925.

La stessa disposizione dell’art. 5 comma 3 del d.lgs. n. 160 del 2006 dispone non già che la commissione debba indefettibilmente fissare i criteri di valutazione con la presenza di tutti i suoi componenti, limitandosi a prevedere, in modo più circoscritto, che alle sedute relative alla fissazione dei criteri "…devono partecipare tutti i componenti della commissione", essendo tale partecipazione legittimamente esclusa nei casi di "…forza maggiore e legittimo impedimento", la cui valutazione è rimessa al Consiglio superiore della magistratura in funzione dell’eventuale sanzione della revoca e sostituzione del componente in caso di "mancata partecipazione, senza adeguata giustificazione, a una di tali sedute o comunque a due sedute di seguito".

La previsione di cause giustificatrici dell’assenza dei componenti e di sanzioni per le (sole) assenze ingiustificate chiarisce, oltre ogni dubbio, che l’obbligo di presenza non implica che anche la seduta della commissione debba considerarsi invalida in caso di assenza di taluno dei componenti.

Tale disciplina, dalla quale non è dunque affatto desumibile che la commissione esaminatrice sia, anche se solo per le sedute concernenti la definizione dei criteri di valutazione, strutturata come "collegio perfetto", risulta d’altro canto coerente con la serrata "tempistica" dei lavori della commissione, come fissata dal successivo art. 6, che introduce termini acceleratori per la formazione della graduatoria (nove mesi dal giorno dell’espletamento dell’ultima prova scritta; dodici mesi dal medesimo dies a quo per l’inizio del tirocinio dei magistrati vincitori del concorso; dieci sedute a settimana; correzione degli elaborati di almeno seicento candidati al mese e esame orale di almeno cento candidati al mese), che si coordina, a sua volta, con la previsione che il concorso è bandito "…con cadenza di norma annuale in relazione ai posti vacanti e a quelli che si renderanno vacanti nel quadriennio successivo", contenuta nel precedente art. 1 comma 1.

Alla luce dei rilievi che precedono risultano, quindi, infondate le più radicali censure dedotte con il secondo motivo di ricorso.

1.2.2) Ancora, in ordine logicogiuridico, devono gradatamente esaminarsi i profili d’illegittimità di cui al motivo sub 1) di ricorso, incentrati sulla pretesa invalidità (in termini di inesistenza o nullità o annullabilità) del verbale n. 60 del 5 febbraio 2009, relativo alla seduta nella quale sono stati corretti, tra gli altri, gli elaborati del ricorrente, per non essere spillati, né sottoscritti, gli intercalari del medesimo.

Il suddetto verbale consta di un foglio unico formato protocollo a quattro facciate e due fogli interni (appunto intercalari) denominati "prospetto riassuntivo", prestampati e completati dalla commissione, nei quali sono elencati il numero delle buste e per ciascuna materia il voto o il giudizio di non idoneità attribuito.

Secondo il ricorrente tali intercalari dovevano essere materialmente uniti al foglio protocollo, che reca in calce alla quarta facciata la sottoscrizione del presidente e del segretario della commissione, o almeno essi pure sottoscritti, o almeno siglati, non essendo sufficiente la circostanza che tra i medesimi intercalari e le facciate interne del foglio protocollo sia stato apposta l’impronta del timbro della commissione, il cui segno grafico non apparirebbe "continuo" o perfettamente sovrapponibile.

Osserva il Tribunale che, al contrario, proprio la presenza dell’impronta del timbro posto a giunzione degli intercalari con il foglio formato protocollo qualifica la continuità delle parti materiali che compongono il verbale e rende quindi riferibili al complesso del documento, comprensivo dei predetti intercalari, la sottoscrizione unica, ritualmente apposta in calce alla quarta facciata dal presidente e dal segretario della commissione esaminatrice ai sensi dell’art. 8 del r.d. n. 1860 del 1925, che, a differenza degli invocati artt. 8 del d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686 e 15 comma 1 del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, non richiede la sottoscrizione di tutti i componenti della commissione (oltre che del segretario).

D’altro canto, secondo un noto indirizzo giurisprudenziale, addirittura la mancata sottoscrizione anche di fogli effettivamente "sparsi" di un verbale non integra ex se vizio di legittimità dell’attività dell’organo, sebbene mera irregolarità sanabile della sua documentazione quando non sia avanzata "…alcuna contestazione circa l’effettività e veridicità del loro contenuto…(sebbene la mera prospettazione)… che un tale modo di redazione del verbale potrebbe rendere impossibile ricollegare all’organo competente (cioè alla commissione) l’attività svolta" (Cons. Stato, Sez. IV, 22 settembre 2005, n. 4989 e Sez. V, 25 gennaio 2003, n. 344).

1.2.3) Con il motivo di ricorso sub 3.) il ricorrente deduce due ordini di censure, riferite alla mancata predeterminazione nel bando di concorso dei criteri di valutazione delle prove scritte e all’asserita genericità dei criteri fissati dalla commissione esaminatrice nella seduta del 2 dicembre 2008.

Quanto al primo ordine di doglianze, ne è del tutto manifesta l’infondatezza solo che si ponga mente alla disposizione dell’art. 5 comma 3 del d.lgs. n. 160 del 2006 che assegna proprio alla commissione esaminatrice la competenza a formulare i criteri di valutazione tanto delle prove scritte quanto delle prove orali.

In ordine al secondo profilo, deve rammentarsi che la commissione, nella seduta del 2 dicembre 2008, ha enucleato tre parametri di valutazione alla stregua dei quali considerare idonei i candidati, richiedendo che ciascuno degli elaborati nelle tre materie:

– "presenti una forma italiana corretta sotto il profilo lessicale, sintattico e grammaticale, e riveli adeguata padronanza della terminologia giuridica, unita a capacità di sintesi. In particolare, la chiarezza va valutata in relazione alla linearità del periodo ed alla comprensibilità del contenuti nonché alla precisione del linguaggio comune e giuridico";

– "offra una pertinente ed esauriente trattazione del tema, dimostrando adeguata conoscenza dell’istituto cui direttamente esso si riferisce, dei principi fondamentali della materia, della giurisprudenza e della dottrina, nonché un’adeguata capacità di inquadramento dogmatico e sistematico";

– "riveli la capacità del candidato di procedere all’analisi delle specifiche questioni a lui sottoposte e di proporne una soluzione logicamente argomentata in coerenza con gli istituti e i principi della materia".

Orbene, i suddetti criteri di valutazione risultano pertinenti, razionalmente coordinati alla preparazione richiesta per il superamento delle prove scritte di un concorso debitamente selettivo quale quello per l’accesso alla magistratura ordinaria, sufficientemente esaurienti nella delineazione del profilo di "adeguatezza" richiesto all’elaborato.

E’evidente che il conseguimento di un livello minimale di sufficienza presuppone la dimostrazione di un livello, anzitutto, di cultura generale (correttezza lessicale, sintattica e grammaticale del testo) e di cultura tecnicospecialistica (padronanza della terminologia giuridica), che insieme debbono fondersi in una trattazione lineare, comprensibile, adeguatamente sintetica, onde evitare inutili prolissità volte piuttosto che a riempire di surrettizi contenuti lo svolgimento dell’argomento e al limite a dissimulare la relativa povertà dei concetti esposti.

E’ innegabile, poi, che la trattazione non possa non essere pertinente agli istituti giuridici da esaminare e per quanto possibile esauriente, tale da denotare la conoscenza degli istituti, dei principi fondamentali di ciascuna materia, della giurisprudenza e della dottrina, quale può conseguire soltanto da un previa corretta analisi e inquadramento delle questioni giuridiche affrontate.

E’ elementare, infine, che, in funzione della professionalità richiesta ad aspiranti magistrati, gli elaborati debbano dimostrare che il candidato è in grado di procedere all’analisi delle questioni giuridiche sottoposte e di proporre una soluzione argomentata coerente con la disciplina degli istituti e i principi generali della materia oggetto della prova.

Né può sottacersi che la individuazione dei criteri di valutazione delle prove appartiene comunque all’ampia sfera della discrezionalità tecnica delle commissioni esaminatrici insindacabile salvo che per profili, nella specie del tutto assenti, di "manifesta e intrinseca illogicità e irrazionalità" (così, tra le tante, e tra le ultime, Cons. Stato, Sez. IV, 15 febbraio 2010, n. 835, che ha riconosciuto la legittimità di omologhi criteri valutativi delle prove scritte concernenti um precedente concorso per l’accesso a posti di uditore giudiziario).

Alla stregua dei rilievi che precedono sono, pertanto, infondate anche le censure dedotte con il terzo motivo di ricorso.

1.2.4) Non hanno maggior pregio giuridico, da ultimo, le censure dedotte con il motivo di ricorso sub 4), con le quali, ribadita la genericità dei criteri di valutazione fissati dalla commissione, ci si duole che essi non abbiano trovato ulteriore specificazione in "…una griglia, sia pur semplificata, contenente delle fasce di voti, così da rendere comprensibile ai candidati il motivo per il quale è stato loro attribuito un voto piuttosto che un altro", tanto più che a margine degli elaborati non sono state apposte annotazioni o segni di correzione, tali da rendere comprensibile il giudizio di non idoneità o il voto assegnato.

Osserva il Tribunale che il primo ordine di censure si risolve nella sostanziale riproposizione di quelle già dedotte con il terzo motivo, della cui infondatezza si è trattato sub 1.2.3), oltre che nel postulare un intrusivo e quindi inammissibile sindacato giurisdizionale di merito sulle modalità di estrinsecazione dei criteri valutativi.

Analogamente, nessun rilievo invalidante può assumere l’assenza di segni di correzione, poiché la valutazione degli elaborati non è indirizzata a evidenziare ai candidati le lacune della loro preparazione.

L’art. 1 comma 5 del d.lgs. n. 160 del 2006 prevede, peraltro, la sola attribuzione del voto numerico o, in caso d’insufficienza, la sola indicazione della non idoneità, onde il giudizio della commissione esaminatrice è adeguatamente motivato dall’espressione numerica del voto (in ventesimi) o dalla dicitura "non idoneo".

Tale previsione appare pienamente coerente con i consolidati arresti giurisprudenziali, anche di questo Tribunale, in tema di adeguatezza della motivazione riferita a quella peculiare categoria di atti amministrativi che sono i giudizi valutativi delle prove dei concorsi pubblici, per i quali -salve specifiche diverse previsioni, come ad esempio per i concorsi notarili, ove è espressamente richiesto che il giudizio di non idoneità sia motivato- è sufficiente l’attribuzione del voto numerico o, come nella specie, della non idoneità qualora l’elaborato non raggiunga nemmeno la soglia della sufficienza (pari al voto di 12/20), senza la necessità di ulteriori indicazioni e chiarimenti a mezzo di proposizioni esplicative (tra le tante e ultime vedi Cons. Stato, Sez. IV, 15 febbraio 2010, n. 835, 11 maggio 2009, n. 2880 e 11 luglio 2008, n. 3480; C.g.a., 7 ottobre 2008, n. 837).

2.) In conclusione, il ricorso in epigrafe deve essere respinto, siccome infondato.

3.) In relazione alla parziale novità delle questioni esegetiche affrontate sussistono, nondimeno, giusti motivi per dichiarare compensate per intero tra le parti costituite le spese e onorari del giudizio, mentre non vi è luogo a provvedere in ordine alle spese della parte privata intimata non costituita.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sede di Roma – Sezione I rigetta il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Nulla per le spese della parte privata intimata non costituita.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’A’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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