T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 21-02-2011, n. 1603 Competenza e giurisdizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente, cittadino marocchino, in data 17.2.2008 ha presentato istanza di concessione della cittadinanza italiana per matrimonio, ai sensi dell’art. 5 della legge n. 91 del 1992.

Nonostante il decorso del termine di 30 gg. prescritto dall’art. 3 del dpr. 352/1994, l’Amministrazione, dopo aver comunicato l’avvio del procedimento con nota del 19.3.2009, non si è a tutt’oggi pronunciata sull’istanza del ricorrente, in quanto, rilevato che l’interessato, tratto in stato di arresto in quanto sorpreso in flagranza nello spaccio di 20 grammi di cocaina, era stato condannato in data 6.4.2004 per il reato di cui all’art. 73 del DPR n. 309 del 9.10.1990, considerato ostativo ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. b, della predetta legge n. 91 del 1992, aveva interrotto l’iter procedimentale.

Avverso l’inerzia della PA, pertanto, l’interessato ha presentato il ricorso in esame chiedendo l’accertamento dell’illegittimità dell’operato dell’Amministrazione e la condanna alla conclusione del procedimento con un provvedimento espresso.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata con memoria scritta a difesa del proprio operato, rappresentando che la sospensione del procedimento in esame costituiva un atto dovuto, stante l’espressa previsione in tal senso del comma 4 dell’art. 5 della legge n. 91 del 1992, il quale dispone che "4. L’acquisto della cittadinanza è sospeso fino a comunicazione della sentenza definitiva, se sia stata promossa azione penale per uno dei delitti di cui al comma 1, lettera a) e lettera b), primo periodo, nonchè per il tempo in cui è pendente il procedimento di riconoscimento della sentenza straniera, di cui al medesimo comma 1, lettera b), secondo periodo".

Con memoria di replica il ricorrente ha osservato che comunque, essendo scaduto il termine per la pronuncia e non sussistendo nei suoi confronti motivi interenti la sicurezza della Repubblica che possano precludere l’acquisto della cittadinanza italiana, come ammesso dalla Questura di Bergamo con nota del 25.5.2009, l’Amministrazione non potrebbe più opporre al ricorrente la valenza ostativa della condanna per il reato sopra richiamato.

All’udienza camerale odierna il ricorso è trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Deve preliminarmente essere rilevato d’ufficio il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Come ripetutamente precisato da costante orientamento giurisprudenziale, cui questa Sezione ha da tempo aderito, la concessione della cittadinanza per matrimonio, disciplinata dall’art. 5 della legge n. 91 del 1992, attiene ad una situazione giuridica soggettiva avente la consistenza di diritto soggettivo, essendo l’unica causa preclusiva alla concessione della cittadinanza demandata alla valutazione discrezionale della competente amministrazione quella di cui all’art. 6, comma 1, lett. c, della legge n. 91 del 1992, ossia la sussistenza, nel caso specifico, di "comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica" (cfr., tra le tante, di recente, TAR Lazio, Roma, sez. I, n. 945 del 2010; sez. II, n. 11019 del 2009 e n. 90 del 2010). Soltanto in tale evenienza la citata situazione di diritto soggettivo risulta affievolita in interesse legittimo, con conseguente radicamento della giurisdizione in capo al giudice amministrativo, mentre la sussistenza di altre cause preclusive, ivi compresa quella dei reati c.d. ostativi di cui alla lettera b) del comma 1 dell’art. 6, invece, non richiedendo alcuna valutazione discrezionale da parte dell’amministrazione, comporta l’attribuzione delle relative controversie alla giurisdizione in capo al giudice ordinario.

Tale conclusione è, a maggior ragione, valida nel caso in cui risulti scaduto (come nella specie) il termine di cui all’art. 8, comma 2, della legge n. 91 del 1992, senza che il decreto ministeriale di diniego risulti fondato su motivi inerenti la sicurezza dello Stato, non potendo tali fattori preclusivi essere fatti valere oltre il termine decadenziale sopra indicati neppure nel caso in cui sia stata disposta la sospensione del procedimento, come prescritto dal comma 4 dell’art. 5 della legge n. 91 del 1992, fino a comunicazione della sentenza di condanna definitiva.

La sospensione del procedimento, infatti, non opera una remissione in termini della PA per effettuare, oltre il termine decadenziale sopra richiamato, la discrezionale valutazione dei predetti motivi di sicurezza, ma determina solo la sospensione del termine per la conclusione del procedimento per il tempo necessario ad accertare, con sentenza definitiva, l’effettiva imputabilità all’interessato di una condotta criminosa ritenuta preclusiva dell’ammissione al beneficio in esame, con la conseguenza che le relative controversie rientrano, comunque, tra quelle attribuite al giudice ordinario in virtù delle considerazioni sopra svolte.

Conseguentemente, il ricorso in trattazione va dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, risultando le controversie relative alla materia in esame attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario, sia in caso di impugnativa di un provvedimento espresso sull’istanza in argomento sia in caso di ricorso contro l’inerzia serbata sulla medesima in quanto rappresenta comunque un comportamento attinente a materia attribuita al predetto giudice.

Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione, sussistendo la giurisdizione del giudice ordinario, davanti al quale il giudizio dovrà essere riassunto, ai sensi dell’art. 59 della legge n. 69/2009 – art. 1 dlvo n. 104/2010, a pena di estinzione, entro il termine perentorio, fino alla scadenza del quale saranno salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda, di tre mesi decorrenti dal passaggio in giudicato della presente decisione.

Sussistono giusti motivi per l’integrale compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater) dichiara inammissibile il ricorso in epigrafe per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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