Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
In data 30 dicembre 2009 hanno proposto ricorso per cassazione F.E., F.C. e D.A. avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro in data 14 luglio 2009 con la quale è stata confermata quella di primo grado, affermativa della loro responsabilità in ordine ai seguenti reati: – capo A) bancarotta fraudolenta patrimoniale impropria contestata a F.E. e D.A. in relazione al fallimento della snc "Salumificio Filippelli di Filippelli Elio & c", dichiarato con sentenza del 15 novembre 2000, essendo il F. amministratore unico e, la coimputata (coniuge del primo), socio illimitatamente responsabile;
– capo B) bancarotta fraudolenta patrimoniale impropria contestata a F.E. e F.C. in relazione al fallimento della snc "Filippelli Cesarino & figlio" dichiarato con sentenza del 22 novembre 2000, essendo i due ricorrenti (padre e figlio) soci e co- amministratori.
Nel primo caso la distrazione aveva avuto ad oggetto somme di denaro e corrispettivo di beni alienati, per un valore totale di lire 1.136.290.000; nel secondo caso, somme e corrispettivi di beni alienati, per un valore complessivo di L. 73 milioni.
Deducono il vizio di motivazione sulle cause del dissesto e sul fatto, dedotto nei motivi di appello, che da due testimonianze era emerso come tutti i creditori fossero stati integralmente soddisfatti, con la conseguenza che avrebbe dovuto essere apprezzata la mancanza di dolo e la ricorrenza della figura del c.d. "gruppo societario", tale da comportare che operazioni apparentemente senza corrispettivo erano state in realtà compensate da benefici indiretti per la società fallita.
In secondo luogo si assume non essere stata valorizzata la novella legislativa del 2006 che avrebbe comportato la necessità di inquadrare i ricorrenti nella categoria del "piccolo imprenditore", con la conseguente irrilevanza penale della condotta loro ascritta.
In terzo luogo si chiede la esclusione della aggravante L. Fall., ex art. 219 non contestata nei capi di imputazione e il riconoscimento della attenuante del danno di speciale tenuità in ragione della integrale soddisfazione dei crediti.
Il ricorso è inammissibile per tardività.
Esso è stato presentato con atto depositato dall’avv. S. Greco al Tribunale di Cosenza, il 30 dicembre 2009 e cioè intempestivamente.
Il termine per la proposizione del gravame, nella specie era di 45 giorni alla stregua dell’art. 585, comma 1, lett. c) che rimanda all’art. 544 c.p.p., comma 3 per il caso, verificatosi nella specie, di determinazione di un termine superiore a quello ordinario per il deposito della motivazione.
Il detto termine di 45 giorni decorreva dal 27 ottobre 2009, data della notifica, a tutti gli imputati, dell’estratto contumaciale della sentenza.
Esso era destinato a maturare dunque, l’11 dicembre 2009 con la conseguenza che il gravame, presentato il 30 dicembre, è tardivo.
E’ appena il caso di precisare che per la costante giurisprudenza,il termine per la redazione della sentenza di cui all’art. 544 c.p.p. – alla scadenza del quale decorre l’ulteriore termine per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 585 c.p.p. – non è soggetto alla sospensione nel periodo feriale prevista dalla L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1 (Sez. Un 19 giugno 1996, Giacomini, rv 205335).
Alla inammissibilità consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese procedurali e al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in 500 Euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed a versare alla cassa delle ammende la somma di Euro 500.
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