Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 16-11-2010) 23-02-2011, n. 7099

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 11-2-2010 il G.I.P. presso il Tribunale per i minorenni di Torino dichiarava non doversi procedere nei confronti di R.M. per i reati ascrittile ai sensi dell’art. 110 e 624 c.p., art. 625 c.p., n. 2 ritenendo l’imputata persona non imputabile.

Nella motivazione il Giudice rilevava che non vi era prova della capacità d’intendere e di volere della minore R. al momento del fatto-reato (contestato per sottrazione di un computer portatile, asportato dai banchi di vendita secondo quanto descritto in rubrica).

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per Cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Torino, deducendo la inosservanza o erronea applicazione della legge penale e/o di altre disposizioni con particolare riferimento all’istituto della "imputabilità" e in relazione all’art. 98 c.p., nonchè la contraddittorietà della motivazione.

A riguardo evidenziava come dovesse ritenersi erronea la valutazione resa in sentenza circa l’assenza di elementi dai quali poter desumere la capacità di intendere e di volere della imputata all’epoca del fatto, dato che il Giudice non aveva richiamato alcun dato dal quale potesse aver desunto la predetta assenza di capacità dell’imputata.

Peraltro il Requirente rilevava la contraddittorietà della motivazione sul punto, avendo il giudice rilevato che l’accusa non era sostenibile in giudizio, pur riconoscendo che era immediatamente percepibile il disvalore del fatto contestato, elemento da cui si sarebbe dovuta desumere diversamente la esistenza della capacità del minore.

Il Requirente evidenziava per di più che anche all’età di anni quattordici il minore può ritenersi dotato di capacità di intendere secondo la valutazione delle sue condizioni psico-fisiche e di inserimento sociale, e che – nel caso di specie – il Giudice aveva tratto in modo apodittico le sue valutazioni circa lo stato di incapacità, onde concludeva, richiamando giurisprudenza di legittimità, con richiesta di annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

La Corte rileva il fondamento del ricorso.

Invero la giurisprudenza di legittimità ha specificato (con sentenza di questa Corte Sez. 5, del 22-1-1993, n. 534, Rizzotto) che "poichè la capacità di intendere e di volere del minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni non si presumevi richiede al giudice di merito un’adeguata motivazione sull’accertamento, in concreto, di detta capacità intesa come attitudine del soggetto ad avere la consapevolezza del disvalore sociale dell’atto e delle relative conseguenze e a determinare liberamente la sua condotta in relazione ad esso. Inoltre il suddetto accertamento deve essere rapportato agli episodi criminosi in cui il minore risulta coinvolto. Invero, mentre l’incapacità di intendere e di volere derivante da causa psicopatologica ha carattere assoluto, nel senso che prescinde dalla natura e dal grado di disvalore sociale della condotta posta in essere, quella da immaturità ha carattere relativo, nel senso che la maturità psichica e mentale del minore è accertabile sulla base di elementi non soltanto psichici, ma anche socio-pedagogici, relativi all’età evolutiva e, quindi, il relativo esame va compiuto con stretto riferimento al reato commesso".

Orbene, dalla sentenza di cui si tratta emerge erronea applicazione della legge penale nonchè carenza ed illogicità della motivazione, in ordine alla valutazione della incapacità di intendere e di volere dell’imputato, atteso che il giudice ha ritenuto di poter escludere apoditticamente la verifica della capacità dell’imputata, limitandosi a constatare che la minore si era resa irreperibile, dato che precludeva una valutazione della capacità in sede dibattimentale escludendo altresì di poter valutare la capacità dell’imputata per l’epoca remota del fatto.

In tal senso deve ritenersi erroneamente applicata la disposizione dell’art. 98 c.p. considerato che la motivazione resta in tal senso priva di qualsivoglia dato riferibile al tipo di comportamento assunto dal minore nella realizzazione del fatto contestato, ovvero a particolari emergenti sulla personalità del predetto imputato rilevati dal giudice in relazione al fatto contestato.

Vale il richiamo testuale alla sentenza emessa da questa Corte:

– v. Sez. 5 – sentenza n. 1706 – Rel Bruno in proc. n. 32025/2010, datata 12 novembre 2010, qui di seguito citata, ove evidenzia che:

– E’ ius receptum,in proposito, che la capacità di intendere e di volere del minore che abbia compiuto gli anni quattordici e non ancora i diciotto, a differenza di quella dell’adulto, non è presuntala dev’essere accertata in concreto (cfr. tra le altre, Cass. Sez. 26.4.1979, n. 6535, rv. 142557). E’ del pari, pacifico che, ai fini di siffatta indagine, non è necessario l’esperimento di apposita perizia, in quanto l’accertamento delle anzidette capacità non è necessariamente vincolato a particolari accertamenti tecnico- specialistici, ma ben può essere affidato alla diretta valutazione del giudice, con ogni mezzo a sua disposizione e con riferimento al caso concreto. Posto che la relativa prova è, ovviamente, acquisibile anche in sede dibattimentale, con qualsivoglia modalità, pure sulla base della mera valutazione del comportamento dell’imputato in rapporto alla fattispecie concreta, è sicuramente erronea la mera presa d’atto, in sede di udienza preliminare, della mancanza di prova della capacità d’intendere e di volere, facendo assurgere un dato negativo (difetto di prova di capacità) ad elemento di prova positiva (rilievo di immaturità) a sostegno della declaratoria di non luogo a procedere. D’altronde, non essendo, all’uopo, necessaria apposita indagine peritale, la ritenuta irreperibilità dell’indagata è circostanza affatto priva di rilievo.

Il sintetico sviluppo argomentativo in esame rivela, poi, intrinseca contraddittorietà, nella parte in cui assume che il disvalore del fatto era immediatamente percepibile, posto che l’immediata percepibilità di tale disvalore – impregiudicata la capacità dell’indagata di recepirlo – è uno dei parametri di giudizio capaci di rivelare la maturità del minorenne o, comunque,tali da renderla ragionevolmente ipotizzabile. Ed infatti, tanto la capacità d’intendere, intesa come maturità intellettiva, quanto la capacità di volere, intesa come capacità di autodeterminazione, devono essere rapportate al disvalore etico-sociale della condotta in contestazione (cfr., Cass.Sez. 1, 11.7.1991, n. 1002, rv. 188594).

Gli errori di giudizio ed il difetto motivazionale sono causa di nullità della sentenza impugnata che va, dunque, dichiarata nei termini di cui in dispositivo, con rinvio per nuovo esame al competente Giudice di merito.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Annulla l’impugnata sentenza con rinvio al Tribunale per i Minorenni di Torino per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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