Cass. civ. Sez. III, Sent., 12-04-2011, n. 8341 CE Formazione professionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione del 10.1.2000 il Ministero del Lavoro conveniva in giudizio T.R., S.M. e S.G., eredi del defunto Sa.Gi., titolare della ditta individuale Cre Elettronica, al fine di ottenerne la condanna al pagamento in favore dello stesso Ministero della somma di L. 69.564.000, somma incassata quale anticipazione del contributo erogato alla Cre nella qualità di destinataria di un finanziamento gravante in parte in capo alla Commissione Europea, nell’ambito del Fondo Sociale Europeo, ed in altra parte in capo al Ministero del Lavoro. Infatti, con decisione n. 1313 del 24.9.82 la Commissione Cee aveva approvato il progetto di formazione professionale presentato dalla Cre, prevedendo che potesse essere utilizzato un contributo erogato dal F.s.e. di L. 82.280.000 ed un contributo di L. 74.800.000 a carico del fondo di rotazione. In data 13 gennaio 1983 la Cre stipulò una convenzione con lo lai Cisl per l’organizzazione e la gestione amministrativa dell’intero corso. Il corso iniziò in data 24.5.83 e contestualmente si avanzò richiesta per il pagamento del primo anticipo. In data 5 giugno 1984, ultimata l’attività formativa, venne trasmesso dalla Regione Molise il rendiconto finale del corso al Ministero del Lavoro. Quest’ultimo, in data 13.11.84 ne sollecitò un nuovo invio, concedendo un ulteriore termine sino al 30.11.1984, nuovo invio effettuato nuovamente dall’Amministrazione regionale.

A seguito di ciò il Ministero del Lavoro agiva in giudizio innanzi al Tribunale di Campobasso chiedendo che, essendosi la ditta sottratta alla verifica della rendicontazione trasmessa, venisse revocato il beneficio concesso con condanna degli attuali ricorrenti alla restituzione di quanto incassato dalla Cre in fase di anticipazione del finanziamento.

Il Tribunale di Campobasso, a seguito dell’istruttoria svolta, decidendo anche sulla domanda riconvenzionale avanzata degli aventi causa del S., finalizzata ad ottenere il saldo di quanto chiesto e risultante a credito nel rendiconto finale del corso, a titolo di completamento nella erogazione del finanziamento, con sentenza n. 814/04, rigettava tanto la domanda proposta dal Ministero del Lavoro quanto la domanda riconvenzionale proposta dagli eredi del Sa., compensando le spese di lite.

Proponeva appello il Ministero del Lavoro e, costituitisi T. R., S.M. e S.G., quali eredi di Sa.Gi., già titolare della C.r.e., la Corte d’Appello di Campobasso, con la decisione in esame depositata in data 1.2.2008, così decideva: "in parziale accoglimento dell’appello incidentale, dichiara la carenza di legittimazione attiva del Ministero in ordine alla richiesta di restituzione della somma di L. 24.684.000, pari a Euro 12.748,23; rigetta nel resto l’appello incidentale; in parziale accoglimento dell’appello principale, condanna solidamente gli appellati principali a corrispondere al Ministero appellante la somma di L. 44.880.000, pari a Euro 23.178,59, oltre interessi legali sulla stessa decorrenti dal 27.12.83 e fino all’effettivo soddisfo; rigetta nel resto l’appello principale; compensa equamente le spese processuali del doppio grado per la metà tra le parti in causa e condanna gli appellati principali – appellanti incidentali in solido alla rifusione della rimanenza in favore del Ministero, che liquida (per detta rimanenza della metà e in mancanza di notula) in complessivi Euro 3.750,00".

Ricorrono per cassazione gli eredi Sa.Gi. con quattro motivi, illustrati da memoria (e con quesiti formulati solo per il terzo e quarto motivo); resiste con controricorso il Ministero.
Motivi della decisione

Con il primo motivo si deduce difetto di motivazione in ordine alla chiesta liquidazione del saldo dei contributi dovuti alla C.r.e..

Con il secondo motivo si deduce ancora difetto di motivazione in ordine alla asserita mancanza di prova dell’effettivo inoltro della domanda di saldo al Ministero.

Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 1455 c.c. e dell’art. 1493 c.c., comma 3 in quanto "la sentenza impugnata deve essere censurata e riformata anche nel secondo capo di merito con il quale il Giudice di Appello ha accolto il terzo ed il quarto motivo dell’appello principale del Ministero del Lavoro, condannando gli attuali ricorrenti al pagamento in favore dell’appellante principale la somma di L. 44.800.000, pari ad Euro 23.178,59, oltre interessi legali sulla stessa decorrente dal 27.12.1983 e fino al soddisfo.

Con il quarto motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione alla condanna degli eredi Sa. al pagamento delle spese di secondo grado.

Il ricorso non merita accoglimento in relazione a tutte le suesposte doglianze.

Preliminarmente inammissibili sono i primi due motivi in quanto, oltre a prospettare, pur deducendosi difetto di motivazione, il non consentito riesame nella presente sede di legittimità di circostanze di fatto e risultanze documentali riguardanti i contributi in questione, non risultano assistiti dalla formulazione dei relativi quesiti ex art. 366 bis c.p.c. Come, infatti, già statuito da questa Corte (tra le altre, n. 8897/2008), allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366 bis c.p.c., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso.

Inammissibili sono, inoltre, anche il terzo e il quarto motivo: con essi si tende, rispettivamente, ad una rivalutazione riguardante ulteriori aspetti fattuali, tra cui le modalità di espletamento del corso in questione, e ad una non consentita censura in ordine al potere discrezionale del Giudice del merito di liquidare le spese del grado sulla base del principio della soccombenza (correttamente applicato nel caso di specie).

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese della presente fase che liquida in complessivi Euro 2.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *