T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 22-02-2011, n. 518 Concessione per nuove costruzioni modifiche e ristrutturazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. I ricorrenti sono proprietari di unità immobiliari al quarto piano dello stabile di via F.lli Campi 2, sito in zona B1 R di piano regolatore.

2. L’edificio, risalente al 1920, ubicato di fronte alla Rotonda della Besana (monumento storico del "700), si componeva di sei piani fuori terra, con tetto a falde a copertura integrale e sovrastante terrazzino condominiale circondato da una ringhiera ed accessibile da una scala posizionata nel sottotetto.

3. Nel 2003 i controinteressati, proprietari del sottotetto, sottoponevano all’assemblea un progetto di recupero finalizzato alla sua trasformazione in tre abitazioni residenziali.

4. L’assemblea condominiale assentiva il progetto di massima a determinate condizioni.

5. Constatata l’esecuzione di opere a loro avviso non conformi a quanto assentito dal condominio, i ricorrenti hanno impugnato i provvedimenti specificati in epigrafe, vale a dire le denunce di inizio attività (DIA) via via presentate dai controinteressati e i provvedimenti 13 aprile e 10 maggio 2006 con cui il Comune (Sportello Unico per l’Edilizia) – che aveva diffidato dal dare corso alle DIA in variante per l’eccessivo impatto paesistico dei lavori ivi previsti (diffide 2.2.06) – ha ritirato le diffide, ritenendo i precedenti rilievi superati dalla documentazione integrativa prodotta medio tempore dai controinteressati.

6. Con il primo motivo (violazione art. 23 d.p.r. 380/2001, artt. 1120 e 1102 c.c., art. 63 e ss. legge regionale n. 12/2005 e precedenti leggi regionali sul recupero dei sottotetti; eccesso di potere per errata valutazione dei fatti e dei presupposti, contraddittorietà, difetto di istruttoria) i ricorrenti assumono che i controinteressati non avevano titolo a realizzare opere incidenti su parti comuni dello stabile apportandovi modifiche senza il consenso di tutti i condomini. Secondo i ricorrenti le opere eccedono i limiti posti dalla normativa regionale al recupero del sottotetto (recupero cui era finalizzata la prima DIA, cioè la c.d. DIA madre presentata il 7.10.04); e la trasformazione di una parte del tetto comune in terrazze, incorporate nella proprietà esclusiva di singoli condomini, costituirebbe innovazione vietata dall’art. 1120 e realizzata in violazione dell’art. 1102 c.c. che disciplina l’uso delle cose comuni.

7. Con il secondo motivo (violazione delle linee guida regionali approvate con D.G.R. 8.11.2002 n. 7/11045 e dell’art. 3 legge 241/90, eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione, contraddittorietà, travisamento) si addebita al Comune di avere errato nella valutazione dell’impatto paesistico delle opere in progetto (a partire dalla classificazione della sensibilità del sito, che non terrebbe conto di una presenza monumentale in loco e delle peculiarità architettoniche degli edifici a latere), di avere autorizzato la sostituzione della copertura in rame con nuove tegole marsigliesi color rosso (contrastante con i vecchi mattoni della facciata), di avere assentito la realizzazione delle due serre sul terrazzo a condizione che ne venisse garantito il coordinamento (laddove "l’attuale stato del tetto" sarebbe "totalmente difforme da quello di progetto rappresentato nelle tavole allegate sia alla DIA madre che alle varianti successive").

8. Con il terzo motivo (violazione artt. 1 e 2 l.r. 15/1996, art. 63 e ss. l.r. 12/2005; violazione d.m. 1444/1968; eccesso di potere per difetto di istruttoria, carente ed errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto) si assume che il sottotetto possedeva già altezze interne superiori al minimo necessario a realizzarne il recupero a fini abitativi ai sensi della normativa di settore, sicché non v’era necessità alcuna di modificare falda e pendenza del tetto e tanto meno di incrementare l’altezza dell’edificio con l’inserimento di serre e locale lavanderia più alti dell’originario terrazzino condominiale, in contrasto con l’art. 8 del d.m. 2 aprile 1968 n. 1444 secondo cui in zona B l’altezza massima dei nuovi edifici non può superare l’altezza degli edifici preesistenti circostanti.

9. Il Comune e i controinteressati si sono costituiti in giudizio. Con ordinanza 7.9.2006 n. 1779 la Sezione, dato atto dell’ultimazione dei lavori (avvenuta nel luglio 2006), ha respinto la domanda cautelare, non ravvisando nel lamentato deprezzamento dell’immobile gli estremi del danno grave e irreparabile.

10. Ciò premesso, il Collegio osserva quanto segue.

11. La lesione del diritto di comproprietà sulle parti comuni è azionabile dinanzi al giudice civile, che i ricorrenti, del resto, hanno già adito.

12. In questa sede si contesta la legittimità dei titoli edilizi (DIA) sulla cui base i controinteressati hanno realizzato l’intervento in contestazione. Si deve pertanto innanzitutto verificare, prima che la legittimità intrinseca dell’intervento, la ritualità del ricorso e la tempestività dell’impugnazione delle DIA.

13. Il Comune e uno dei controinteressati (M.) eccepiscono l’inammissibilità del ricorso, in quanto proposto cumulativamente contro atti diversi non riconducibili allo stesso destinatario e al medesimo rapporto. L’eccezione è priva di fondamento, in quanto gli atti impugnati si correlano tutti alla medesima vicenda edilizia, e sono investiti da censure almeno in parte comuni, tanto che, ove fossero stati proposti ricorsi formalmente distinti, si sarebbe resa, se non necessaria, quanto meno opportuna la riunione (nel senso che il ricorso cumulativo è sempre ammissibile ove sussista tra i provvedimenti impugnati un vincolo di connessione che giustificherebbe da parte del giudice la riunione dei singoli ricorsi, cfr. Cons. Stato VI, 17.9.09 n. 5548).

14. Il Comune eccepisce altresì che, rispetto alla data (24 maggio 2006) in cui i ricorrenti assumono di avere acquisito (tramite accesso agli atti) piena conoscenza degli atti impugnati, il ricorso sarebbe tardivo perché notificato oltre i 60 giorni. L’eccezione è priva di fondamento in quanto il sessantesimo giorno (23 luglio 2006), scadeva in giorno festivo (domenica), sicché il ricorso è stato legittimamente notificato nel primo giorno utile non festivo (lunedì 24 luglio 2006).

15. La circostanza che ad uno dei controinteressati (sig. T.) il ricorso sia stato notificato il 25 luglio non rende irricevibile il ricorso, essendo sufficiente la notifica tempestiva ad almeno uno dei controinteressati, purché gli altri vengano, anche successivamente, evocati in giudizio. Ciò porta a disattendere l’eccezione di tardività sollevata dal signor T..

16. Quest’ultimo eccepisce anche la propria carenza di legittimazione passiva sul rilievo che terrazzi e serre, oggetto di contestazione, sono di proprietà esclusiva di M. e A.. L’eccezione è priva di fondamento in quanto il signor T. è firmatario delle DIA 7 ottobre e 16 maggio 2005, impugnate in questa sede, il che, com’è ovvio, ne fa un contraddittore necessario a prescindere dalla fondatezza o meno dell’impugnativa nel merito.

17. Tanto meno può ritenersi cessata la materia del contendere (come assume il signor T.), essendo evidente che non sono idonei a produrre tale conseguenza né la conclusione dei lavori, né la pendenza in sede civile di una controversia originata dagli stessi fatti, diversi essendo causa petendi e petitum delle due azioni.

18. La tardività e l’inammissibilità (parziali) del ricorso emergono, peraltro, sotto un diverso profilo. L’esame cronologico dei verbali di assemblea condominiale, raffrontato alle date salienti dell’iter amministrativo, dimostra infatti la consapevolezza da parte dell’assemblea (e degli odierni ricorrenti) della natura e consistenza dei lavori realizzati in base al primo dei titoli in contestazione.

19. Per quanto qui interessa, è sufficiente sottolineare che l’assemblea condominiale:

– aveva approvato il progetto di massima (verbale 2 luglio 2003) e dato atto della consegna delle perizie statiche (verbale 26 novembre 2003);

– sin dal luglio 2004 aveva autorizzato la realizzazione di nuovo volume tecnico e la sopraelevazione del lastrico solare di un metro finalizzata ad innalzare di un piano l’ascensore, alla sola condizione che i proprietari dei solai si accollassero la relativa spesa (verbale 6 luglio 2004);

– aveva preso visione del progetto approvato di recupero del sottotetto (presentato con la c.d. DIA madre in data 7.10.2004) dando atto della prescrizione di un "tetto alla francese" imposta dal Comune (verbale 30 novembre 2004, punto 4 o.d.g.);

– aveva approvato la sostituzione integrale dell’impianto ascensore accettando l’offerta del dott. M. di accollarsi il 50% della differenza di costo tra le alternative (sostituzione integrale della parte meccanica dell’impianto o esecuzione dei lavori strettamente necessari a innalzare di un piano l’ascensore) illustrate al punto 2 dell’o.d.g. (cfr. verbale 10 maggio 2005, punto 4 o.d.g., 4° e 5° paragrafo);

– aveva discusso dell’indennità di occupazione del terrazzino condominale conseguente all’innalzamento dell’ascensore e della indennità per la realizzazione del sopralzo, mostrandosi consapevole della modifica del progetto originale e della conseguente realizzazione di terrazzi privati al posto del preesistente tetto a falde (verbale 20 ottobre 2005, punti 2 e 3 o.d.g.; verbale 15 dicembre 2005, punti 4 e 5 o.d.g.).

20. Ne consegue che l’impugnazione della c.d. DIA madre (DIA 7 ottobre 2004), visionata dall’assemblea – presente, tra gli altri, il condomino R. – nella riunione del 31.11.2004, deve ritenersi tardiva, oltre che inammissibile per acquiescenza; e tale sorte accomuna tutte le censure che denunciano il superamento dei limiti posti dalla normativa di settore al recupero dei sottotetti (eccedenza delle altezze rispetto all’altezza media ponderale minima), l’erroneità del giudizio espresso dalla commissione edilizia integrata dall’esperto in materia paesaggisticoambientale in sede di valutazione dell’impatto paesistico, la trasformazione di una parte del tetto in terrazze inglobate nella proprietà esclusiva dei controinteressati.

21. Parimenti tardive – e comunque infondate – devono ritenersi le doglianze relative al terrazzino condominiale e alla realizzazione di terrazzi ad uso esclusivo. Le modifiche apportate al riguardo risultano infatti assentite dall’assemblea condominiale.

22. Per quanto riguarda, in particolare, il terrazzino, posto a copertura del vano ascensore, la cui sopraelevazione è stata autorizzata in sede assembleare, dal rapporto 21.8.2006 del Comune (prodotto il 4.11.10, cfr. fasc. Comune) risulta che esso è stato oggetto di una DIA presentata dal condominio stesso per la creazione di un nuovo locale ascensori, che si trova nella medesima posizione preesistente e che è accessibile da una "botola con griglia….. servita da una scala situata internamente al nuovo vano tecnico" (su ciò concorda, sostanzialmente, la consulenza tecnica depositata nel giudizio civile, prodotta dagli stessi ricorrenti sub doc. 27).

23. Per quanto riguarda la DIA in variante presentata dai controinteressati il 16 maggio 2005 per l’apertura di una nuova finestra e il cambio di copertura, non vi è prova di conoscenza specifica della stessa da parte dei ricorrenti (e del condominio). Va osservato, tuttavia, che non è sindacabile, in quanto frutto di una valutazione di merito sottratta al controllo di legittimità, il giudizio espresso dalla commissione edilizia integrata; la quale, pur avendo in precedenza prescritto (seduta n. 21 del 26.5.2005) la realizzazione di una copertura in rame, ha poi ritenuto compatibile con il contesto, tra le alternative proposte dagli interessati (copertura in rame o zinco, ovvero copertura in tegole marsigliesi), il manto in tegole marsigliesi (seduta n. 30 del 21.7.2005). Opinione non censurabile, tanto più che non vi è evidenza alcuna di un intollerabile contrasto estetico tra il rosso delle tegole marsigliesi e i riquadri in mattoni rossi presenti sulla facciata.

24. Diversa conclusione vale per le DIA 15 settembre 2005 e 18 gennaio 2006 presentate, rispettivamente, dal sig. M. e dal sig. A. per la realizzazione di serre in vetro e ferro sui terrazzi ad uso esclusivo.

25. Va innanzitutto premesso – circa l’eccezione di inammissibilità dell’impugnativa formulata da uno dei resistenti (M.) – che l’evoluzione giurisprudenziale si è orientata nel senso di ammettere un sindacato giurisdizionale diretto sulla DIA, sia esso finalizzato ad accertarne l’illegittimità (Cons. Stato VI, 15.4.10 n. 2139) o ad annullare il titolo abilitativo tacito o implicito formatosi su di essa (Cons. Stato IV, 13.1.10 n. 72, 25.11.08 n. 5811, 22.3.07 n. 1409; VI 5.4.07 n. 1550), senza considerare che la problematica non ha comunque ragione di porsi laddove sia contestualmente impugnato un atto amministrativo che attesti la legittimità della DIA (cfr. TAR Milano 2^, 29.12.08 n. 6188) o che – come nella specie – rimuova una precedente diffida a non dar seguito ai lavori.

26. Ora, non vi è prova alcuna che la progettazione e la realizzazione delle serre sia stata assentita dal condominio e che questi ne fosse a conoscenza; il che rende il ricorso in parte qua ammissibile (non essendo neppure provato che i ricorrenti avessero avuto conoscenza del provvedimento 13 aprile 2006 del Comune – che ha dato il "via libera"al progetto – con tale anticipo da rendere tardiva la notifica del ricorso, avvenuta il 24 luglio successivo) e fondato nel merito.

27. E’ indubbio infatti che le serre posizionate al di sopra della copertura eccedono la portata di un intervento di recupero abitativo del sottotetto, qual è disciplinato dalla normativa di settore e al quale era finalizzata la c.d. DIA madre, espressamente presentata ai sensi (e nei limiti) di tale normativa.

28. Non risulta inoltre che vi sia stato assenso condominiale alla (ulteriore) trasformazione di parte della copertura ed al posizionamento su di essa di serre di proprietà.

29. E parimenti indubbio che le serre, perfettamente visibili dal piano stradale, alterano le linee architettoniche dell’edifico e l’estetica della copertura.

30. Al riguardo, va rilevato come sia del tutto privo di motivazione il parere positivo espresso dalla Commissione edilizia integrata, nella seduta n. 8 del 2.3.2006, dopo che la stessa Commissione, nella precedente seduta n. 3 del 26.1.2006, aveva espresso parere negativo sia sul progetto M. (DIA 15.9.05) sia sul progetto A. (DIA 18.1.06) sul rilievo che "i volumi asimmetrici proposti costituiscono sia elemento del tutto estraneo all’architettura sottostante, sia elemento di interferenza negativa in un contesto visuale particolarmente significativo".

31. Va aggiunto che per il progetto A. la Commissione aveva chiesto un adeguamento della proposta progettuale "al fine di garantire un corretto coordinamento delle due serre da posizionare sulla medesima copertura del medesimo edificio", coordinamento che non è chiaro se sia stato curato in fase progettuale, e non risulta che sia stato assicurato in sede esecutiva.

32. Per le esposte (ed assorbenti) considerazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile nella parte che investe la DIA 7 ottobre 2004 (c.d. DIA madre), va respinto nella parte che investe la DIA 16 maggio 2005, va accolto nella parte che investe le DIA 15 settembre 2005 (M.) e 18 gennaio 2006 (A.) nonché i provvedimenti 13 aprile e 10 maggio 2006 del Comune (Sportello unico per l’edilizia).

33. Le spese di causa, liquidate in dispositivo, vengono regolate come segue. I ricorrenti sono tenuti a rifondere le spese processuali al signor T. in quanto soccombenti nei suoi confronti. Hanno invece titolo alla rifusione delle spese a proprio favore e a carico del Comune e dei controinteressati, parzialmente soccombenti per quanto di loro pertinenza.
P.Q.M.

– dichiara in parte inammissibile il ricorso, in parte lo respinge, in parte lo accoglie e per l’effetto dichiara illegittime le DIA 15 settembre 2005 e 18 gennaio 2006 e annulla i provvedimento 13 aprile e 10 maggio 2006 del Comune, il tutto come specificato al punto 32 della motivazione;

– condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese processuali, che liquida in Euro 3.000,oo (Euro tremila), oltre IVA e CPA, a favore della signora B., quale erede del signor T.;

– condanna il signor M., il signor A. e il Comune di Milano, in solido tra loro, alla rifusione delle spese processuali, che, tenuto conto della parziale soccombenza, si liquidano a favore dei ricorrenti nella complessiva misura di Euro 6.000,oo (Euro seimila), oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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