Cons. Stato Sez. VI, Sent., 23-02-2011, n. 1131 Cassa integrazione guadagni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ocato Coretti per delega di Triolo;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

E’ impugnata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte n. 2163 del 22 maggio 2006, che ha accolto il ricorso proposto dalla curatela fallimentare dell’Impresa M.A. s.a.s. (fallita nel 1996) avverso il provvedimento del Comitato amministratore della gestione, in seno all’INPS, delle prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti, recante il rigetto del ricorso proposto dalla stessa curatela avverso il diniego di concessione in favore dei dipendenti della società fallita della cassa integrazione ordinaria, adottato in prime cure dalla Commissione provinciale dell’INPS di Novara, in relazione ai periodi di sospensione dell’attività (meglio indicati in atti) compresi tra il 3 gennaio 1994 ed il 2 marzo 1996.

Assume l’appellante Istituto nazionale per la previdenza sociale l’erroneità della gravata pronuncia che avrebbe ritenuto non sufficientemente motivato il diniego di trattamento adottato dapprima dalla Commissione provinciale e quindi (a seguito di ricorso della impresa) da parte del Comitato amministratore, sulla richiesta di cassa integrazione guadagni avanzata dall’impresa in conseguenza delle reiterate sospensioni nella esecuzione dei lavori d’appalto commissionati da Ferrovie dello Stato per l’armamento e la messa a piano di alcune stazioni.

Deduce l’appellante che, contrariamente a quanto ritenuto dai primi giudici, le cause di sospensione dei predetti lavori (ascrivibili alla mancata fornitura da parte del committente del pietrisco per le massicciate) non potevano integrare le condizioni di legge per l’erogazione del rivendicato trattamento, di tal che corretta doveva ritenersi la determinazione di diniego impugnata in primo grado. Di qui la richiesta di rigetto del ricorso originario, in accoglimento dell’appello ed in riforma della impugnata sentenza.

Si è costituita in giudizio l’appellata società per resistere al ricorso e per chiederne la reiezione.

All’udienza del 17 dicembre 2007 il ricorso in appello è stato trattenuto per la decisione.

L’appello è fondato.

Con il provvedimento in primo grado impugnato, il Comitato amministratore dell’INPS ha rilevato che la situazione dedotta dall’odierna impresa appellata non poteva integrare nessuna delle condizioni di legge per la erogazione del rivendicato trattamento della cassa integrazione ordinaria.

Tale determinazione, a parer del Collegio, non risulta affetta dal vizio di difetto di motivazione rilevato dal primo giudice.

Ed invero, nella stessa prospettazione della società istante la situazione dedotta a fondamento della richiesta del beneficio economico della cassa integrazione ordinaria per i dipendenti afferiva ad una ordinaria ipotesi di inadempimento contrattuale del committente; in particolare, quest’ultimo non avrebbe adempiuto con regolarità l’obbligazione (allo stesso facente carico, per espressa clausola contrattuale) di fornire il pietrisco necessario per la realizzazione della massicciata. Di qui le continue sospensioni dei lavori con conseguenti ripercussioni sui rapporti di lavoro dei dipendenti della società esecutrice dei lavori.

Ora, come addotto dall’Istituto previdenziale nell’atto di diniego in primo grado impugnato, correttamente ha disposto l’Istituto stesso nel ritenere che la fattispecie dedotta non può integrare i presupposti per l’erogazione del trattamento della cassa integrazione ordinaria.

Ai sensi dell’art. 1 l. 20 maggio 1975, n. 164, l’integrazione salariale ordinaria, per contrazione o sospensione dell’attività produttiva, è dovuta agli operai dipendenti da imprese industriali che siano sospesi dal lavoro nei casi di situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all’imprenditore ovvero determinate da situazioni transitorie di mercato.

Ritiene il Collegio che la dedotta ipotesi di inadempimento contrattuale da parte di Ferrovie dello Stato non possa integrare nessuna delle due distinte condizioni, contraddistinte dalla transitorietà e dalla non imputabilità, che legittimano l’applicazione dell’istituto.

Quanto al requisito della non,imputabilità all’imprenditore, si deve precisare che la situazione causativa della sospensione e o della contrazione della attività non deve essere imputabile non solo all’imprenditore ma anche ad altri soggetti, che con lo stesso hanno concluso contratti. Diversamente, l’istituto dell’integrazione salariale verrebbe inammissibilmente piegato al perseguimento di finalità estranee e si tradurrebbe, altrettanto inammissibilmente, in un meccanismo di immediata socializzazione del rischio di impresa.

In sostanza, i fatti che abbiano causato una contrazione o una sospensione dell’attività di impresa devono risultare estranei alla sfera di responsabilità di soggetti determinati, cui possa essere riferita, a titolo risarcitorio, la responsabilità dell’accaduto e la riparazione delle conseguenze patrimoniali pregiudizievoli. Pertanto nella categoria non potrebbero rientrare quelle fattispecie che integrano comportamenti inadempienti di soggetti contraenti con l’imprenditore, dato che in tal caso il rimedio che l’ordinamento offre secondo le normali regole in punto di responsabilità contrattuale tutela efficacemente, sul piano patrimoniale, l’appaltatore costretto alla sospensione dei lavori. Facendo applicazione di tali principi per valutare la ragionevolezza del comportamento dell’Amministrazione tradotto nel diniego in questione, al caso in esame è a dirsi che non soltanto in relazione all’inadempimento nella fornitura del pietrisco da parte di Ferrovie dello Stato non è stata dimostrata la sua non imputabilità all’imprenditore (ovverosia la dipendenza da fatti oggettivi indipendenti dalla volontà del committentefornitore), ma la stessa imputabilità va esclusa, oltre che per quanto dedotto dalla stessa impresa fallita, anche sulla scorta delle nozioni di comune esperienza, attesa la facile reperibilità del materiale oggetto di fornitura.

Quanto alla condizione alternativa delle particolari situazioni di mercato, va osservato che anche tale condizione non è applicabile al caso di specie, dato che anche in tale ipotesi rilevano situazioni oggettive dovute a fattori esterni e imponderabili, relative al mercato di riferimento (ad esempio, difficoltà oggettive di reperire la materia prima da parte del committente); ma anche tali non provate condizioni oggettive sono da escludere in virtù delle già svolte considerazioni in ordine alla agevole reperibilità sul mercato del materiale da fornire.

In definitiva, il ricorso in appello va accolto e, in riforma della impugnata sentenza, va respinto il ricorso di primo grado.

Ricorrono giusti motivi, avuto riguardo alla particolarità della controversia ed ai profili meramente formali di accoglimento del ricorso di primo grado, per far luogo alla compensazione tra le parti delle spese e competenze di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

lo accoglie e per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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