Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 12-01-2011) 24-02-2011, n. 7126

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma propone ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza in epigrafe con la quale il GIP del medesimo tribunale respingeva la richiesta di convalida del fermo disposto in data 19 gennaio 2010 nei confronti di C. I.R. in ordine ai reati di induzione e sfruttamento aggravato della prostituzione e la contestuale richiesta di misura coercitiva della custodia cautelare in carcere.

Il GIP ha congiuntamente motivato il respingimento delle richieste sul rilievo che l’unico elemento probatorio a carico del C. era sostanzialmente rappresentato dalla denuncia della fidanzata B.R. che, seppure articolata, non poteva integrare il compendio indiziario necessario a fondare la misura restrittiva, in considerazione della relazione sentimentale esistente con l’accusato e del sentimento di ostilità da lei, e verosimilmente anche dalla sua famiglia, maturato nei confronti del giovane.

Inoltre lo stesso GIP riteneva ininfluenti le dichiarazioni di conferma della sorella della denunciante e del carabiniere che aveva ricevuto la denuncia non avendo gli stessi assistito personalmente ad episodi di prostituzione o a condotte violente consumate dell’indagato verso la denunciante stessa e non risultando ulteriori elementi di riscontro delle dichiarazioni accusatone.

Deduce in questa sede il procuratore della Repubblica ricorrente:

1) la violazione di legge sul rilievo che essendo la denunciante teste, le sue dichiarazioni, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, non richiedono necessariamente riscontri ai fini della loro utilizzazione nella ricostruzione della storicità di un fatto.

2) omessa motivazione sull’attendibilità intrinseca delle dichiarazioni della denunciante.

3) omessa motivazione sull’attendibilità estrinseca delle dichiarazioni della denunciante.

Il ricorso è fondato.

Come già evidenziato il GIP ha per un verso rigettato la richiesta di convalida del fermo e per altro verso non ha accolto la richiesta misura custodiale avanzata dalla procura della Repubblica.

Il ricorso ha riguardo solo alla mancata convalida del fermo.

Ferma restando l’autonomia della convalida rispetto alla misura coercitiva (ex multis Sez. 6, n. 34031 del 07/07/2003 Rv. 226757) va ribadito in questa sede che, come più volte affermato da questa Corte, in sede di convalida di un provvedimento coercitivo, il giudice è tenuto unicamente a valutare la sussistenza degli elementi che legittimavano l’adozione della misura con una verifica "ex ante" (deve tener conto, cioè, della situazione conosciuta dalla polizia giudiziaria ovvero da quest’ultima conoscibile con l’ordinaria diligenza al momento dell’arresto o del fermo), con esclusione delle indagini o delle informazioni acquisite successivamente, le quali sono utilizzabili solo per l’ulteriore pronuncia sullo "status libertatis" (Sez. 3, n. 2454 del 20/11/2007 Rv. 238533).

Alla luce di tale principio emerge con chiarezza l’errore di principio in cui è incorso il GIP. Quest’ultimo, in relazione alla richiesta di convalida del fermo, si sarebbe dovuto limitare infatti unicamente a verificare la correttezza dell’operato della PG alla luce degli elementi in suo possesso all’atto del fermo;

elementi nella specie rappresentati da una denuncia che lo stesso giudice definisce molto articolata e da dichiarazioni di soggetti ai quali la denunciante aveva esternato l’accaduto.

L’analisi del GIP è andata evidentemente oltre con considerazioni che, indipendentemente dalla loro correttezza in rapporto ai criteri di valutazione della prova testimoniale, potevano essere sviluppate solo per confutare la sussistenza delle condizioni per l’emissione del provvedimento custodiale richiesto e non già per la convalida per la quale – si ribadisce – i criteri valutativi sono diversi.

Si impone pertanto l’accoglimento del ricorso del PM. L’annullamento deve essere disposto senza rinvio in quanto il ricorso, come affermato da questa Corte costantemente, avendo ad oggetto la rivisitazione di una fase ormai definitivamente perenta, è finalizzato esclusivamente alla verifica della correttezza dell’operato degli agenti di polizia giudiziaria, mentre l’eventuale rinvio solleciterebbe una pronuncia meramente formale, priva di ricadute giuridiche (così, Sez. 1, n. 36236 del 20/09/2007 Rv.

237687).
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Annulla l’ordinanza impugnata senza rinvio limitatamente alla omessa convalida del fermo.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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