Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato in data 14 giugno 2007, la s.r.l. Geo Service chiede, con due motivi, la cassazione della sentenza depositata il 26 marzo 2007 e notificata il successivo 18 aprile, con la quale il Tribunale di Crotone ha respinto la sua opposizione agli atti esecutivi, proposta con ricorso depositato il 27 ottobre 2005 avverso il pignoramento presso terzi notificato da E.M. e dal suo difensore avv. C.G., agente in proprio – in quanto antistatario -, il giorno 22 precedente.
Il pignoramento faceva seguito alla notifica in data 6 aprile 2005 di atto di precetto (oggetto di opposizione proposta dalla Geo per difetto di legittimazione passiva il 10 aprile 2005), contenente l’intimazione alla società ad eseguire gli obblighi retributivi (nonchè quelli relativi alle spese legali) derivanti a suo carico dalla sentenza n. 1410/04 – con la quale il Tribunale di Cassano aveva annullato il licenziamento intimato l’11 settembre 1999 da Italpasti a E.M., col conseguente ordine di pagamento delle retribuzioni dalla data del licenziamento ed era stato notificato alla Geo Service s.r.l. sul presupposto che nel corso del giudizio di impugnazione del licenziamento la stessa avesse acquisito il ramo di azienda presso il quale aveva prestato in precedenza servizio la E..
Gli intimati E. e avv. C. non si sono costituiti in questo giudizio di cassazione.
Motivi della decisione
1 – Col primo motivo, la società deduce la violazione dell’art. 481 c.p.c., contestando la decisione del Tribunale che si possa agire in executivis, in pendenza del giudizio di opposizione a precetto, anche successivamente al decorso il termine "naturale" di novanta giorni, stabilito dall’art. 481 c.p.c., comma 1.
In proposito, il ricorrente sostiene che dal necessario coordinamento tra i commi 1 e 2 di tale articolo del codice di rito deriva che, in pendenza del giudizio di opposizione al precetto, il creditore ha la scelta tra attendere il relativo esito prima di procedere all’esecuzione, come consentito dall’art. 481 c.p.c., comma 2 oppure iniziare subito l’esecuzione, ma in quest’ultimo caso deve rispettare il termine di novanta giorni dalla notifica del precetto, come stabilito dal comma 1.
Nel caso in esame, viceversa, il giudice di merito aveva erroneamente ritenuto corretto il pignoramento presso terzi del 22 ottobre 2005, avvenuto a distanza di oltre sei mesi dalla notifica del precetto del 6 aprile precedente, cui era seguita l’opposizione in data 10 aprile 2005. 2 – Col secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 c.c. nella versione precedente alle modifiche apportate dal D.Lgs. 2 febbraio 2001, n. 18, art. 1 attuativo della direttiva 98/50/CE, al trasferimento di ramo di azienda.
Nel caso in esame, il Tribunale avrebbe erroneamente respinto le obiezioni della società, secondo cui il titolo esecutivo riguardava la Italpasti, datrice di lavoro che aveva proceduto al licenziamento e ciò nonostante esso nonchè il precetto e il pignoramento erano stati notificati alla Geo Service s.r.l., in quanto cessionaria il 5 aprile 2001, del ramo di azienda della prima società al quale sarebbe stata addetta la lavoratrice al momento del licenziamento del 1999.
Viceversa, secondo la versione dell’art. 2112 c.c. anteriore alla modifica di cui al D.Lgs. n. 18 del 2001 (entrata in vigore il 1 luglio 2001), applicabile al caso in esame ratione temporis, la relativa normativa non sarebbe stata applicabile al caso di trasferimento di parte dell’azienda e poichè al momento di tale cessione tra Italpasti e la ricorrente non risulterebbe l’intenzione dei contraenti di trasferire anche un rapporto di lavoro in quel momento risolto, la società ricorrente non avrebbe dovuto essere destinataria dell’esecuzione.
I due intimati non hanno svolto difese in questa sede di legittimità.
Il ricorso è infondato.
Quanto al primo motivo, questa Corte ha già avuto modo di precisare, come ricordato anche dalla sentenza impugnata, che l’opposizione al precetto non impedisce di per sè al creditore di dare inizio all’esecuzione, in quanto l’art. 481 c.p.c. ricollega ad essa unicamente l’effetto di sospendere il termine di efficacia del precetto stesso e non già quello della sospensione dell’esecuzione (Cass. 3 giugno 1994 n. 5377).
Da tale orientamento non v’è ragione di discostarsi alla luce delle argomentazioni svolte dalla ricorrente, in ragione del fatto che esso appare pienamente aderente al tenore letterale della norma e realizza altresì una equilibrata, ragionevole composizione degli interessi in gioco.
Sul piano letterale, infatti, la norma si esprime esplicitamente nel senso della sospensione del termine di efficacia del precetto e non di sospensione del potere di procedere all’esecuzione mentre, sul piano logico, la scelta cosi accordata al creditore in possesso di un titolo esecutivo consente a questi di poter trasferire sul debitore il danno derivante dalla durata del processo originato dall’opposizione al precetto ed è bilanciata dal rischio su di lui gravante, connesso alla possibilità di subire gli effetti pregiudizievoli del successivo accoglimento di tale opposizione.
Anche il secondo motivo (che, in verità, tratta una materia qualificabile piuttosto come opposizione all’esecuzione, non investendo la regolarità formale del pignoramento) è manifestamente infondato.
Già nella sentenza 10 dicembre 1986 n. 7338 questa Corte faceva infatti applicazione della disciplina di cui all’art. 2112 c.c. nel testo allora vigente, anche al caso di trasferimento di alcuni nuclei aziendali.
Inoltre, nella L. 29 dicembre 1990, n. 428, art. 47 che ha riscritto il testo del suddetto articolo del codice civile nella versione applicabile ratione temporis al caso in esame, era prevista, al comma 5, la possibilità che il trasferimento riguardasse "unità produttive"; ciò che del resto era in linea con la direttiva del consiglio 77/187/CEE del 14 febbraio 1977, come ripetutamente interpretata dalla Corte di giustizia CE, quindi ripresa nel contenuto, con i chiarimenti provenienti dalla giurisprudenza della Corte, dalla direttiva del Consiglio 29 giugno 1998 n. 98/50/CE e infine solo razionalizzata nel testo, ma senza innovazioni sostanziali, mediante sostituzione con la direttiva 2001/23/CE. Concludendo, in base alle considerazioni svolte, il ricorso va respinto. Nessuna pronuncia è dovuta per le spese degli intimati, che non hanno svolto difese in questa sede.
P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso; nulla perle spese.
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