Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 16-02-2011) 25-02-2011, n. 7533 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza in data 03.03.2010 la Corte d’assise d’appello di Catania, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza proposta da D.S. di riunificazione in executivis sotto il vincolo della continuazione, ex art. 81 cpv. c.p., e art. 671 c.p.p., dei reati di omicidio volontario aggravato (in persona di tal Q.V.) ed altri, commessi il (OMISSIS), con quelli (per associazione mafiosa ed altro) perpetrati fino al (OMISSIS), già tra loro riuniti in continuazione con precedente ordinanza. Rilevava invero detta Corte come il reato di omicidio volontario in questione si presentasse come estemporaneo rispetto ai plurimi fatti commessi in esecuzione del vincolo di appartenenza, ed anzi come risultasse essere stato deciso in epoca del tutto prossima alla sua esecuzione, di tal che non si poteva affermare che esso rientrasse in un preventivo ed unitario disegno criminoso sufficientemente specifico.

2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto condannato che motivava l’impugnazione deducendo:

l’omicidio del Q. era funzionale alla vitalità della cosca e rientrava nei piani prestabiliti, così come era stato deciso in relazione all’analogo omicidio di tal F.G., ritenuto connesso in continuazione con i diversi fatti commessi da esso ricorrente quale affiliato ai Malpassoti.

3. Il Procuratore generale presso questa Corte depositava quindi requisitoria con la quale richiedeva declaratoria di inammissibilità del ricorso.

4. Con atto datato 09.02.2011 la difesa produceva memoria con la quale ribadiva le proprie tesi e richieste.

5. Il ricorso, infondato, deve essere rigettato con ogni dovuta conseguenza di legge. Ed invero la Corte territoriale ha evidenziato, traendo elementi in fatto dalla sentenza di cognizione, che la deliberazione di uccidere il Q. si era determinata in epoca assai prossima alla sua esecuzione e per circostanze sopravvenute per cui, ancorchè tale delitto risultasse funzionale al rafforzamento della consorteria criminale, esso non poteva essere inserito in un unico e preventivo disegno criminoso. Trattasi di impostazione del tutto corretta che resiste alle critiche del ricorrente, posto che non può integrare la continuazione, rettamente intesa, una generica propensione a commettere omicidi, anche in funzione associativa, che non siano sufficientemente individuati nelle loro linee essenziali fin dalla costituzione dell’associazione. E’ stato invero costantemente affermato che può ben sussistere vincolo di continuazione tra reato associativo e reati fine, a patto però che questi ultimi siano stati ideati e voluti, ab initio, in tutti i lori elementi essenziali (così, ex pluribus, Cass. Pen. Sez. 1, n. 12639 in data 28.03.206, Rv. 234100, Adamo; Cass. Pen. Sez. 1, n. 8451 in data 21.01.2009, Rv. 243199, Vitale; ecc). Per tale motivo non può essere legato da vincolo di continuazione con il reato associativo e con altri compiuti in quell’ambito un omicidio che risulti essere estemporaneo ed occasionale, anche se commesso per finalità proprie della consorteria e con complici sodali (così Cass. Pen. Sez. 5, n. 23370 in data 14.05.2008, Rv. 240489, Pagliara; ecc.). E’ strutturale la differenza, invero, tra previo disegno criminoso (che esige una preventiva deliberazione unitaria sufficientemente specifica) e strumentalità del singolo delitto, che può nascere anche da spunti occasionali. In definitiva, se anche un’associazione per delinquere preveda di ricorrere all’omicidio per esplicare il dominio sul territorio e su altre cosche, ciò non vuoi dire che gli omicidi poi in effetti commessi siano stati singolarmente deliberati ab initio, dovendosi così escludere dal vincolo ex art. 81 cpv. c.p., (e quindi anche ex art. 671 c.p.p.) almeno quelli che risultino frutto di deliberazioni sicuramente successive per motivi estemporanei.. Nella fattispecie, l’elemento storico emergente dalla ricostruzione del giudice del merito è che la deliberazione di uccidere il Q. sia insorta in relazione al sospetto che la vittima fosse un confidente di Polizia (ovvero per ragioni debitorie personali, il che porta il movente addirittura fuori delle finalità associative), elementi tutti che di necessità non potevano essere neppure immaginati, nello specifico, all’inizio del percorso criminale del clan. In definitiva il ricorso, infondato, deve essere rigettato. Alla completa reiezione dell’impugnazione consegue ex lege, in forza del disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente D.S. al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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