T.A.R. Lazio Roma Sez. III, Sent., 23-02-2011, n. 1683 concorsi Ricercatori universitari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto rettorale del 2522008 l’Università La Sapienza ha indetto una procedura di valutazione comparativa per la copertura di un posto di ricercatore presso la Facoltà di Medicina Polo Pontino- settore scientifico disciplinare MED 50, Scienze tecniche, mediche e applicate.

Con decreto rettorale del 2172008, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 1282008, è stata nominata la Commissione esaminatrice, che ha iniziato i lavori il 22102008 e li ha conclusi il 1622009, con la indicazione del vincitore della procedura, dott. G.M..

Il 1222008, alla scadenza del termine di sei mesi dalla pubblicazione nella gazzetta ufficiale del decreto di nomina della Commissione, il Presidente aveva richiesto la proroga di un mese al Rettore per il completamento dei lavori della Commissione.

Con provvedimento dell’1132009, il rettore ha dichiarato decaduta la Commissione e annullato gli atti della procedura di valutazione comparativa.

Avverso tale provvedimento è stato proposto dal vincitore della procedura il presente ricorso per i seguenti motivi: violazione e falsa applicazione dell’art 4 comma 11 del d.p.r. n° 117 del 2000; dell’art 3 della legge n° 241 del 1990; eccesso di potere per assoluta carenza dei presupposti; irragionevolezza; difetto di motivazione; travisamento dei fatti.

Si è costituita l’Università, a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, depositando documentazione.

Alla camera di consiglio del 2752009 è stata accolta la domanda cautelare di sospensione del provvedimento impugnato.

Successivamente, con decreto del 2662009, il rettore ha annullato la seduta relativa alle prove orali e riconvocato i candidati per lo svolgimento di tali prove, con la sostituzione di un membro della commissione.

Avverso tale provvedimento sono stati proposti i seguenti motivi aggiunti:

violazione e falsa applicazione dell’art 4 comma 11 del d.p.r. n° 117 del 2000; dell’art 3 della legge n° 241 del 1990; eccesso di potere per assoluta carenza dei presupposti; irragionevolezza; difetto di motivazione; travisamento dei fatti; difetto di contraddittorio; violazione del giudicato cautelare.

Alla camera di consiglio del 392009, con ordinanza n° 4173 del 2009 è stata nuovamente accolta la domanda cautelare.

Avverso tale ordinanza è stato proposto appello dall’Università, accolto dal Consiglio di Stato con ordinanza del n° 5552 del 2009.

Successivamente, l’Università procedeva con decreto del 2672010 alla nomina della nuova commissione esaminatrice.

Avverso tale provvedimento sono stati proposti ulteriori motivi aggiunti: violazione e falsa applicazione dell’art 4 comma 11 del d.p.r. n° 117 del 2000; dell’art 3 della legge n° 241 del 1990; eccesso di potere per assoluta carenza dei presupposti; irragionevolezza; difetto di motivazione; travisamento dei fatti; violazione del giudicato cautelare; difetto di contraddittorio.

Sono stati proposti motivi aggiunti anche avverso la nuova convocazione alla prova orale.

Con ordinanza del 15 -12- 2010 è stata accolta la domanda cautelare proposta con gli ulteriori motivi aggiunti.

All’udienza pubblica del 222011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Il provvedimento di decadenza adottato dal Rettore l’11 marzo 2009 e tutti i provvedimenti successivi sono illegittimi in quanto adottati in evidente violazione della normativa specifica dettata per le procedure di valutazione comparativa e dei principi generali dell’azione amministrativa.

Ai sensi dell’ art 4 comma 11 del d.p.r. n° 117 del 2000 nell’ ambito dei regolamenti adottati ai sensi dell’articolo 2, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, le università stabiliscono un termine congruo entro cui i lavori della commissione devono concludersi, comunque non superiore a sei mesi dalla data di pubblicazione del decreto rettorale di nomina. Il rettore può prorogare, per una sola volta e per non più di quattro mesi, il termine per la conclusione dei lavori per comprovati ed eccezionali motivi segnalati dal presidente della commissione. Nel caso in cui i lavori non si siano conclusi entro i termini della proroga, il rettore, con provvedimento motivato, avvia le procedure per la sostituzione della commissione ovvero dei componenti ai quali siano imputabili le cause del ritardo, stabilito nel contempo un nuovo termine per la conclusione dei lavori.

Dal tenore testuale di tale norma non emerge in alcun modo la perentorietà dei termini per lo svolgimento della procedura di valutazione comparativa.

Costituisce principio generale, in primo luogo, quello per cui, se un termine non è espressamente indicato dalla legge come perentorio, deve ritenersi ordinatorio.

Il mancato rispetto del termine entro il quale concludere un procedimento, in genere, non è sufficiente ad inficiare i relativi provvedimenti finali, trattandosi di termine ordinatorio (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 05 maggio 2009, n. 4567).

Costiuisce, altresì, principio generale della azione amministrativa quello per cui, l’eventuale superamento del termine per la conclusione di un procedimento non comporta la illegittimità del provvedimento finale, salvi i rimedi approntati dall’ordinamento per il cittadino come il silenzio rifiuto o l’eventuale risarcimento del danno da ritardo o i rimedi di carattere disciplinare nei confronti dei funzionari. Per principio generale dell’ordinamento, i termini dell’azione amministrativa sono ordinatori e non perentori a meno che non vi sia una espressa qualificazione di perentorietà e di decadenza (come si verifica, ad es., nell’ambito dei procedimenti disciplinari). Sicché, la violazione dei termini non dà luogo ad illegittimità del provvedimento, ma a conseguenze di altro genere, sotto il profilo delle responsabilità disciplinari, penali, contabili, e della risarcibilità del danno da ritardo (Consiglio di stato, sez. VI, 29 luglio 2009, n. 4708, proprio rispetto all’art 4 comma 11 del d.p.r. n° 117 del 2000).

Nel caso di specie, in base al mero dato testuale della norma, al momento della scadenza del termine, non è prevista alcuna decadenza automatica, alla quale fa riferimento il provvedimento impugnato. In caso di ritardo, infatti, è previsto un apposito istituto quale la proroga, che nel caso di specie non vi era alcun motivo per non concedere, tenuto anche conto che il ritardo nella conclusione del procedimento è stato di quattro giorni dopo la scadenza e che la proroga risulta richiesta il 1222010, giorno della scadenza del primo termine semestrale.

Inoltre, anche successivamente alla scadenza della proroga, la norma del comma 11 prevede solamente che siano avviate le procedure per la sostituzione dei commissari a cui sia imputabile il ritardo, fissando un nuovo termine per la conclusione dei lavori (cfr Tar Veneto 2658 del 2004, per cui il comma 11 dell’art. 4, prevede quale unica conseguenza la possibilità che il Rettore, a titolo sanzionatorio, avvii – con provvedimento motivato – "la procedura di sostituzione della commissione ovvero dei componenti ai quali siano imputabili le cause del ritardo", stabilendo nel contempo un ulteriore termine per la conclusione dei lavori).

E’ evidente, dunque, che in alcun modo alla scadenza del primo termine di sei mesi poteva conseguire la decadenza della Commissione e l’annullamento delle procedure concorsuali già esaurite.

Neppure tali poteri sono previsti al momento della scadenza della proroga.

Nel caso di specie, il decreto rettorale impugnato con il ricorso principale è dell’11 marzo 2009, mentre la procedura di valutazione comparativa si è conclusa, come risulta dai verbali in atti, il 16 febbraio 2009.

Quindi il Rettore ha annullato una procedura concorsuale orami conclusa, mentre la ratio della norma del comma 11 è quella di far concludere le operazioni concorsuali in ritardo, attribuendo al rettore poteri di impulso, non di carattere annullatorio.

La giurisprudenza, della sezione e del Consiglio di Stato, ha sempre interpretato l’art 4 comma 11 del d.p.r. 117 come non configurante un termine perentorio di conclusione dei lavori della Commissione.

Come detto, per principio generale dell’ordinamento, i termini dell’azione amministrativa sono ordinatori e non perentori a meno che non vi sia una espressa qualificazione di perentorietà e di decadenza.

L’art. 4, d.P.R. n. 117/2000, pur prescrivendo un termine di sei mesi per i lavori della commissione, prorogabili di altri quattro mesi, non prevede che il termine sia perentorio o che ne derivino decadenze, ma solo che scaduto il termine prorogato il rettore avvii la procedura di sostituzione della commissione, in tutto o in parte (Consiglio di stato, sez. VI, 29 luglio 2009, n. 4708; T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 04 agosto 2006, n. 6921).

Non vi è quindi, ai sensi dell’art 4 comma 11 del d.p.r. 117 del 2000 alcuna attribuzione al rettore di un potere di dichiarare decaduta la Commissione per una mero ritardo, senza prendere in esame la richiesta di proroga.

Né ricorrono i presupposti per procedere all’annullamento in autotutela dell’intera procedura concorsuale, non essendosi verificata, a seguito del superamento del termine, in base ai principi generali dell’azione amministrativa, alcuna illegittimità della procedura.

Il mancato rispetto di un termine, iniziale o conclusivo, in quanto connesso alla definizione del procedimento, non comporta né il venir meno del potere di azione da parte dell’amministrazione pubblica né l’illegittimità del provvedimento tardivamente adottato, nel caso in cui tale termine non sia stato espressamente qualificato come perentorio dalla norma che lo prevede. (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 11 gennaio 2007, n. 124)

Non vi era, quindi, alcun presupposto neppure per procedere all’annullamento in autotutela.

L’annullamento d’ufficio ha, infatti, per presupposti, comunque la illegittimità del provvedimento e l’interesse pubblico ed attuale all’annullamento.

L’art 21 nonies della legge n° 241 del 1990, introdotto dalla legge n° 15 del 2005, prevede, infatti, che il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’articolo 21octies possa essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. È, anzi, fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole.

Nel caso di specie, non si è verificata alcuna illegittimità, né si potrebbe ritenere sussistente l’interesse pubblico attuale all’annullamento, trattandosi di procedura concorsuale orami conclusa, con soli quattro giorni di ritardo rispetto al termine originario.

Il ricorso principale è quindi fondato e deve essere accolto con annullamento del provvedimento impugnato.

L’annullamento di tale provvedimento comporta l’annullamento, altresì, degli atti impugnati con i motivi aggiunti, in particolare la nomina della nuova Commissione e l’eventuale svolgimento della prova orale oggetto della convocazione impugnata.

Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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