Cons. Stato Sez. IV, Sent., 24-02-2011, n. 1240 Concessione per nuove costruzioni Decisione amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente impugna la sentenza del Tar della Lombardia con cui è stato rigettato il ricorso avverso il provvedimento del Comune di Talamona (So) di diniego di concessione edilizia, peraltro più volte reiterato in esecuzione delle diverse ordinanze cautelari di riesame di primo e di secondo grado sul presupposto che l’area interessata all’istanza medesima è attraversata da una strada vicinale denominata "della Todesca".

Il ricorso è affidato:

– alla prospettazione di quattro rubriche, con cui si denunciano:

gli errori di fatto e di diritto ed il difetto di motivazione della sentenza appellata; la contraddittorietà tra le diverse precedenti pronunce cautelari; la violazione delle ordinanze cautelari d’appello; gli errori di motivazione sui secondi motivi aggiunti; la violazione dell’articolo 112 c.p.c. per il mancato esame dei terzi motivi aggiunti;

– alla riproposizione dei tre capi di censura del terzo atto di motivi aggiunti introdotti in primo grado e non esaminati.

Si è costituito in giudizio il Comune, che, con le proprie memorie e relativa documentazione, ha contestato le tesi di parte ricorrente ed ha concluso per il rigetto dell’appello.

Con ordinanza n. 3993/2006 è stata respinta l’istanza di sospensione cautelare del provvedimento.

La parte ricorrente ha depositato una CTP e le ulteriori controdeduzioni del suo tecnico alle affermazioni del Comune.

Con ulteriori documentazioni e con le proprie memorie e repliche per la discussione le parti hanno insistito sulle rispettive argomentazioni.

Chiamata all’udienza pubblica di discussione, la causa è stata ritenuta in decisione.
Motivi della decisione

– 1.Par.. Nell’ordine logico delle questioni deve essere preliminarmente esaminata la quarta rubrica dell’appello con cui si lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c. per l’omessa valutazione dei terzi motivi aggiunti diretti avverso il provvedimento con cui il Comune ha riconfermato — sulla base dei medesimi presupposti — i precedenti dinieghi di concessione edilizia per l’ampliamento di un fabbricato adibito a laboratorio artigianale. Ciò sarebbe provato dal fatto che tale ulteriore mezzo di gravame non era neanche citato nella epigrafe/premessa dalla sentenza, per cui si sostiene esservi stata un’omissione di pronuncia sul punto.

L’assunto è inconferente.

Nel caso di specie, non è ravvisabile alcuna lesione sostanziale del principio di cui all’art.112 c.p.c..

In primo luogo, e lo si dice a mo" di premessa, deve richiamarsi il consolidato orientamento della Sezione, dal quale non vi è ragione per discostarsi (ed oggi direttamente ricavabile dall’art. 105, I co. c.p.a.), a tenore del quale l’omessa pronuncia del giudice di primo grado sui motivi di ricorso non comporta la rimessione al primo grado, ma solo la ritenzione della causa e l’integrazione della motivazione che il giudice di appello è legittimato ad operare decidendo il merito della causa (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 29 aprile 2010, n. 2456; Consiglio Stato, sez. VI, 03 dicembre 2009, n. 7547; Consiglio Stato, sez. VI, 08 giugno 2009, n. 3480).

In secondo luogo, l’omessa pronuncia su un vizio del provvedimento impugnato deve essere sostanzialmente accertata con riferimento alla motivazione della sentenza nel suo complesso, senza privilegiare gli aspetti formali. Cosicché la violazione può ritenersi sussistente soltanto nell’ipotesi in cui risulti non essere stato esaminato il punto controverso e non quando al contrario, come questo giudice ritiene evidente anche nel caso di specie:

– o la decisione sul motivo d’impugnazione comunque risulti implicitamente da un’affermazione decisoria di segno contrario ed incompatibile (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 20 febbraio 1998, n. 189);

– ovvero i motivi omessi siano la mera reiterazione dei medesimi profili sostanziali, ancorché siano diretti contro nuovi atti del medesimo procedimento confermativi, oppure siano comunque fondati sui medesimi presupposti di fatto.

Entrambe le evenienze, di cui alle alinee appena enunciate, sono riscontrabili nel caso di specie, sicché, sotto l’aspetto dedotto deve confermarsi la decisione qui appellata, con rigetto della quarta (rubrica di) censura e dei terzi motivi aggiunti ripetuti.

Tale complessiva conferma, qui fin da ora lo si precisa, avviene ed avverrà seppure con le integrazioni della motivazione che si rendono necessarie e che emergeranno dalla seguente redazione di questa sentenza.

– 2.Par.. La prima rubrica di gravame è, a sua volta, ripartita in dieci profili – tutti diretti avverso l’impugnata sentenza — che vanno esaminati partitamente per gruppi e nell’ordine che segue.

– 2.1. Con il primo ed il nono profilo si lamenta che erroneamente il Tar avrebbe basato la sua decisione sulla prima C.T.U. dell’ing. G., designato dalla provincia di Sondrio. Tale CTU sarebbe stata nulla, perché assunta in difetto del contraddittorio e perché eseguita da un soggetto che non poteva essere considerato "super partes", essendo stato per lungo tempo responsabile del settore tecnico dell’ufficio tecnico comunale. Inoltre questa perizia era stata superata dalla successiva C.T.U. disposta in sede di appello con ordinanza n. 173/2003;

– 2.2. la verificazione ordinata alla provincia di Sondrio avrebbe dovuto essere diretta unicamente a conoscere se la strada vicinale n. 18 dell’elenco allegato alla delibera comunale n.19/1965, fosse quella in cui andrebbe ad insistere l’ampliamento denegato (terzo profilo);

– 2.3. nonostante la ricorrente avesse nominato un proprio consulente tecnico di parte, la provincia di Sondrio aveva comunque proceduto alla C.T.U. senza alcun avviso (quarto profilo);

– 2.4. in violazione dei principi di trasparenza e correttezza, il C.T.U. della Provincia di Sondrio non avrebbe coinvolto nelle operazioni peritali il consulente tecnico di parte, ed avrebbe condiviso, in maniera pedissequa e ripetitiva, le infondate considerazioni del comune (quinto profilo).

– 2.5. I profili in parte sono infondati ed in parte sono inconferenti.

Non vi è alcuna situazione di incompatibilità di un ex dipendente di un’amministrazione pubblica convenuta in giudizio cui sia demandato un accertamento istruttorio, se al momento della consulenza non vi sia, come non vi era nell’ipotesi, alcun rapporto professionale in atto. Ciò posto, l’aver lavorato per l’Amministrazione in passato non costituiva motivo di astensione per il CTU (arg. ex Cassazione civile, 25 maggio 2009, n. 12004); e del resto non lo costituirebbe nemmeno ora, come si evince chiaramente dalla lettera dell’art.19, primo co. secondo periodo del c.p.a..

In sostanza, non è conducente sollevare in appello, in modo indiretto e tortuoso, dubbi sulla correttezza del CTU, quando a norma dell’art. 63 del c.p.c. non ricorrevano le ipotesi di cui all’art. 51 del c.p.c..

Quanto poi alla pretesa nullità della consulenza dell’ing. G., per il mancato preavviso alle parti, si ricorda che, nel caso, si era affidato ad un ufficio diverso da quello che ha emanato l’atto impugnato un accertamento istruttorio, a norma dell’art. 26 r.d. 17 agosto 1907 n. 642, che, non implicando valutazioni alla stregua della discrezionalità tecnica, si risolveva principalmente in acquisizioni documentali e fotografiche dello stato dei luoghi, al fine di una migliore conoscenza dei fatti, che, come tale, non doveva necessariamente avvenire alla presenza delle parti e/o dei rispettivi consulenti (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 03 gennaio 2006, n. 7; Consiglio Stato, sez. VI, 27 maggio 1991, n. 321; Consiglio Stato, sez. VI, 03 giugno 1991, n. 350).

A tutto voler concedere — essendo comunque consentito alle parti, fino alla scadenza del relativo termine, introdurre nel giudizio atti e documenti — la pretesa nullità delle conclusioni della consulenza in ogni caso non travolgerebbe la validità degli atti non specificamente formati in quella sede, ma che sono stati allegati dal consulente alla propria relazione. Il fatto che gli stessi non sono stati versati direttamente in giudizio dalla parte appellata non può impedire al Collegio di assumerne la rilevanza.

Pertanto il Collegio ritiene che sarebbero e sono comunque pienamente utilizzabili gli elementi documentali forniti dal Comune alla predetta CTU, in quanto atti di parte prodotti nel termine, sui quali l’appellante ha ampiamente esercitato il suo diritto a controdedurre.

In conclusione, la relazione conclusiva dell’ing. G. non era affetta da nullità assoluta, e anche a voler prescindere dalle sue conclusioni, legittimamente la sentenza ha considerato le circostanze di fatto che emergono dai documenti ad essa allegati.

Tutti i profili su elencati, per come riassunti, devono dunque essere respinti sul punto.

– 3.Par.. Deve a questo punto essere affrontata la questione principale del presente contendere, che è oggetto di un gran numero di doglianze della prima rubrica (profili secondo, sesto, settimo, ottavo, e riportati mezzi del primo grado individuati come ottavo e nono mezzo), tutte più o meno ripetitive, sotto diverse angolazioni, delle stesse argomentazioni.

Il che consente alla Sezione una disamina unitaria.

– 3.1.1.Con il secondo profilo della prima rubrica la ricorrente assume che, del tutto erroneamente, il Tar avrebbe considerato che la strada di cui al n.18 della delibera di consiglio comunale 19/1965 fosse una vicinale di uso pubblico e coincidesse con il sedime della via di (accampata) "proprietà – disponibilità" esclusiva della ricorrente, che sarebbe stata erroneamente denominata, strada vicinale "della Todesca": errore che verrebbe affermato dal geometra della seconda C.T.U..

– 3.1.2. Comunque le conclusioni della prima C.T.U. sarebbero state del tutto errate, per la non coincidenza dei tracciati della strada della ricorrente con la strada vicinale n.18 (sesto profilo della prima rubrica).

– 3.1.3. Il C.T.U. della provincia di Sondrio avrebbe inventato letteralmente una strada, traendo spunto dal contenuto letterale della delibera C.C. n. 19/95, la quale al punto 19 fa riferimento (nell’ambito dell’elencazione delle strade vicinali) alla strada della Todesca: da via Roma presso Fontana "località Todesca"; mentre la strada indicata al punto 18 sarebbe quella che nella planimetria allegata alla predetta deliberazione conduce alla/alle "Cà di Tudesch". Nessuna delle planimetrie allegate dalla C.T.U. dell’ing. G. proverebbe le sue affermazioni, come peraltro ritenuto dallo stesso Tar Milano dell’ordinanza cautelare n. 1828/2004 (settimo profilo della prima rubrica).

– 3.1.4.1. Una strada non poteva esser qualificata come "pubblica" solamente per la triplice circostanza di essere collegata con la via Roma, di essere priva di ostacoli al transito e di avere un calibro adeguato al traffico di accesso ai fabbricati di fondi interclusi, in quanto la predetta strada vicinale non ha comunque sbocchi, consente l’accesso unicamente ad una serie di corpi di fabbrica appartenenti ai privati controinteressati (che sono oggi meglio serviti da una strada comunale parallela nel frattempo costruita) e non permette alcun collegamento diretto con le strutture pubbliche ad uso pubblico (ottavo profilo della prima rubrica, primo punto);

– 3.1.4.2. Pertanto sulla strada esistente sul terreno della famiglia T. non vi sarebbe mai stata una servitù di pubblico passaggio da parte di una collettività di persone qualificate dall’appartenenza ad una comunità territoriale, ma sempre e solo il passaggio da parte di una pluralità di privati che accedono ai propri terreni (decimo profilo primo punto ed ottavo profilo secondo punto della prima rubrica,);

– 3.1.4.3. Dalla perizia del secondo tecnico risulta che negli atti di acquisto dei confinanti, al 1971, "il prato era servito da una strada carrabile", che ora solo verrebbe qualificata come strada vicinale, mentre sarebbe stata solo una strada privata (ottavo profilo della prima rubrica, terzo punto).

– 3.1.5. Con una ulteriore doglianza che, seguendo la numerazione del giudizio di primo grado viene denominata "Ottavo Mezzo", si lamenta che il Comune avrebbe intenzionalmente reiterato il diniego, eludendo intenzionalmente l’affermazione delle ordinanze cautelari, per cui la strada sarebbe di natura privata. Al Comune, a seguito dei diversi provvedimenti cautelari, in sede di esame sarebbe stata preclusa una autonoma valutazione discrezionale dei fatti.

– 3.1.6. Con il nono mezzo del ricorso introduttivo, pure riportato dall’appellante, si lamenta che illegittimamente, ed in violazione di provvedimenti sospesi, il Comune ha affermato la natura pubblica della strada sulla base di una presunzione di un’usanza di uso pubblico di una strada a fondo cieco.

– 3.2. Tutti gli assunti sono complessivamente infondati.

– 3.2.1. In linea preliminare, se la strada in questione debba rientrare o meno nella categoria delle "vie vicinali pubbliche" — da non confondersi con le strade vicinali private formate "ex collatione privatorum agrorum" e quindi di proprietà dei conferenti — costituisce una questione pregiudiziale necessaria, ai sensi dell’art. 8 primo co. del c.p.a., per la verifica della eventuale erroneità della decisione.

– 3.2.2. Ciò posto, in considerazione dell’inequivocabilità della planimetria, delle espressioni contenute nella delibera c.c. n. 18/1965 e degli ulteriori elementi emersi in atti, deve ritenersi, ad avviso del Collegio qui decidente, che il Comune, ed in seguito il TAR, legittimamente abbiano stimato che la strada fosse pubblica.

Ai sensi dell’art. 20 della L. 20/03/1865, n. 2248, parte 2^, la classificazione ufficiale delle strade ha efficacia presuntiva e dichiarativa, ma non costitutiva della pubblicità o meno del passaggio.

Al riguardo deve ricordarsi come una strada può rientrare nella nozione di strada vicinale di uso pubblico quando sussistono alcuni elementi, quali:

– le condizioni effettive della via, atte a dimostrare la sussistenza dei requisiti del generale passaggio, direttamente collegato e non limitato da vincoli di proprietà o condominio, nonché esercitato "iure servitutis publicae" da una collettività indeterminata di persone in assenza di restrizioni all’accesso;

– la concreta idoneità della strada a soddisfare, attraverso il collegamento anche indiretto alla pubblica via, esigenze di interesse generale;

– la sussistenza di titoli validi ad affermare il diritto di uso pubblico, identificabili anche nella protrazione dell’uso stesso da tempo immemorabile;

– l’effettuazione di interventi di manutenzione della via o l’installazione sopra o sotto di essa di infrastrutture di servizio da parte dell’ente pubblico.

Nel caso di specie, come si vedrà, deve concludersi che sussistevano tutte le predette condizioni.

Al riguardo del tutto erroneamente con l’appello si assume che la strada non sarebbe mai esistita e che comunque l’asse viario, asseritamente inesistente, a tutto voler concedere sarebbe stato una strada vicinale ad uso privato.

In particolare, nessun sostegno alle tesi dell’appellante viene dalle stesse conclusioni finali – che sono quelle che rilevano ai fini del decidere — del geometra procedente della seconda CTU, vanamente più volte richiamate dall’appellante. Quel geometra, infatti, si limita ad affermare solo che non sarebbe " possibile stabilire con certezza se l’ampliamento denegato ricada sulla strada "Della Todesca", implicitamente ammettendo quindi l’esistenza della medesima via.

Parimenti di nessuna utilità sono le altre affermazioni del predetto perito.

In particolare, l’apodittica premessa per cui, dalla planimetria del 1965 e dal controllo delle mappe catastali sull’area in questione, "non sarebbe mai esistita una strada" è smentita sia dalla cartografia originale del 1965 (versata agli atti dal Comune nel giudizio di primo grado), sia dalle dichiarazioni dei controinteressati che, a domanda, hanno esplicitamente testimoniato che il prato (sul quale erano poi sorti i loro edifici) era servito "dalla strada carrabile, oggi vicinale, oggetto della contestazione".

Deve poi assolutamente dubitarsi dell’originalità, della reale rappresentatività degli stati di fatto e della validità delle diverse planimetrie su cui hanno lavorato il secondo perito di ufficio ed il perito di parte. E’ proprio il secondo CTU che non fornisce in sostanza nessun ulteriore elemento, neanche indiziario, di prova delle sue affermazioni.

Di fronte alla sinteticità degli accertamenti, alla palese incongruenza tra le premesse e le conclusioni della seconda CTU, all’assoluta contraddittorietà ed apoditticità delle affermazioni ed infine alla perplessità delle conclusioni della medesima seconda CTU rispetto agli elementi assunti, si deve giudicare che essa non offra elementi di reale conoscenza della situazione.

Al riguardo, la Sezione ritiene che, in base ai diversi dati appresi nei vari stati e gradi di giudizio, inclusi i relativi incidenti cautelari, siano comunque stati acquisiti sufficienti elementi di giudizio a favore delle tesi comunali.

In primo luogo, contrariamente a quanto vorrebbero la parte ricorrente ed il suo CTP, dalla planimetria originale del 1965 allegata alla delibera n. 19/1965 appare "ictu oculi" evidente l’esistenza della strada vicinale de qua agitur.

Al riguardo, però, siccome le indicazioni grafiche contenute nelle planimetria hanno carattere precettivo e classificatorio solo quando coincidono con il testo del provvedimento che le approva, deve rilevarsi come, per fugare ogni incertezza al riguardo, qui la rappresentazione grafica della strada trova speculare conferma nelle prescrizioni descrittive contenute nel provvedimento medesimo, che costituiscono un chiarimento ed un completamento della mappa.

La delibera del Consiglio comunale di Talamona n. 19/1965, coerentemente con i segni grafici della planimetria, descrive, infatti, la via in questione al "n. 18 Strada della Todesca: da v. Roma presso Fontana a Loc. Todesca".

Per evidenti ragioni di carattere "letterario" si deve arguire che, se è stata utilizzata l’espressione "Loc. Todesca", non vi è alcun appiglio né logico, né fattuale per sorreggere la pretesa della ricorrente, secondo la quale la predetta delibera si sarebbe voluta riferire, in realtà alle "Cà di Tudesch": se, infatti, il compilatore avesse voluto indicare le "Case dei Tedeschi", avrebbe indicato quest’ultimo toponimo! E, se non l’ha fatto è perché voleva proprio identificare il sito in contestazione con il suo vero toponimo, collegato in "cross reference" con la strada.

In verità, la descrizione, disinteressata e di epoca non sospetta, della via è confortata e direttamente confermata:

– dalla copia della nota del 31.2.1981 diretta a uno dei proprietari dei mappali 5859 del Fg. riguardante la zona, nota che, a richiesta, specificava come la strada in questione, di accesso ai medesimi, era classificata "vicinale";

– dall’ordinanza del Sindaco del 28.6.1984 di rimozione dei paletti di ferro e delle piantumazioni "in fregio alla strada classificata vicinale denominata della Todesca" apposti dai danti causa della parte ricorrente (A.T. e C.P.);

– dalla dichiarazione del 7.2.1985 dei medesimi "… di essere disponibili a realizzare un marciapiede in cls. in prosecuzione del muretto che il Comune ha intenzione di demolire per l’allargamento della strada… che dovrà essere di mt. 3,2";

– dalla nota del 4.6.2002 della sig.ra Renata Valtorta, che diffidava l’amministrazione comunale ad inibirle "il passaggio dalla strada vicinale della Todesca", unica via di accesso alla sua abitazione.

A fronte di ciò, nessun rilievo possono avere:

– il fatto che la strada successivamente fosse stata "dimenticata" dalle previsioni del Pd.F. del 1974 e della variante del 1977, perché, a parte la riflessione che non sarebbe questo il primo caso di cartografie di atti di pianificazione incompleti, l’area in questione non era interessata da particolari previsioni di sviluppo;

.- il dato che i privati avrebbero realizzato una nuova strada"Demetra" (dato del tutto ininfluente ai fini perseguiti);

– la circostanza, infine, che il Comune avesse venduto ai frontisti, e quindi anche alla parte ricorrente, alcune porzioni di terreno avute in permuta e ritenute non necessarie, in quanto, nell’atto di compravendita (cfr. All. H) al fascicolo di 1° grado, secondo cpv. pag. 3), l’appellante aveva dichiarato di"… essere a conoscenza della servitù di passo pedonale e carraio e per la realizzazione di reti tecnologiche…".

Inoltre, anche sotto il profilo propriamente strutturale, la via in questione si presenta con tutti i caratteri tipici per essere qualificata come via pubblica:

– è asfaltata con, al centro, i tombini del sistema fognario e, sul lato destro, i pali dei cavi telefonici (cfr. sia la foto n. 30 allegata dalla ricorrente al deposito del 14.12.2011, sia le fotografie scattate dall’ing. G.);

– è direttamente collegata con la strada comunale via Roma, senza ostacoli o barriere di accesso sbloccabili dai soli proprietari;

– si presenta priva di cartelli di restrizione al libero transito della generalità di coloro che volessero o avessero necessità di transitarvi per raggiungere i fabbricati e le officine;

– ha un calibro comunque adeguato al traffico di accesso.

Il fatto che la strada sia "a fondo cieco", poi, non preclude affatto la sua classificazione come "vicinale", qualora sussista il carattere pubblico del suo utilizzo.

Tali concordanti ed inequivoci elementi devono far concludere che la strada non poteva essere considerata di natura privata, ma aveva il carattere della "pubblicità" per effetto delle compresenti circostanze costituite: dall’antico pubblico passaggio, dalla classificazione ufficiale, dalle opere di urbanizzazione realizzate a proprie spese dal Comune e dal numero indeterminato dei possibili utenti.

– 3.3. In conseguenza, alla luce dell’univocità delle considerazioni che precedono, devono essere disattese le censure su raggruppate.

– 4.&.

4.1. Con la seconda rubrica, primo punto, si grava il passo della decisione che respinge i primi motivi aggiunti, diretti contro il secondo diniego, n. 4379/2003, emesso dal comune in esito all’ordinanza cautelare di riesame n. 2865/2003 del Consiglio di Stato, con cui si lamenta: la violazione della predetta ordinanza cautelare; l’indebita integrazione della motivazione del primo diniego; la sviatorietà dell’affermazione della natura pubblica della strada. Anche per effetto dello jus tollendi del proprietario non poteva verificarsi un implicito effetto espropriativo della proprietà privata.

La realizzazione dell’intervento edilizio oggetto del diniego non avrebbe impedito l’esercizio del pubblico transito sulla nuova strada comunale costruita parallelamente.

– 4.2. Con il secondo punto della seconda rubrica e con il decimo mezzo del ricorso introduttivo, riproposto nella ultima rubrica, si assume poi che la qualificazione della strada non poteva costituire legittimo impedimento al rilascio del permesso di costruire lungo la sede stradale, in quanto le opere edilizie non avrebbero impedito il transito ai soli quattro privati controinteressati.

– 4.3. Tutte le doglianze riportate ai paragrafi 4.1 e 4.2 vanno respinte.

In primo luogo, ad avviso del collegio, esattamente il TAR ha concluso che l’ordinanza d’appello imponesse, sì, un provvedimento, ma non ne obbligasse l’esito.

Il riesame di un’istanza effettuato dalla p.a. in esecuzione di un’ordinanza cautelare, che si sia sostanzialmente limitata ad imporlo, non può avere come conseguenza la totale privazione della facoltà, istituzionalmente spettante alla P.A., di valutare la situazione complessivamente risultante dagli atti al momento della relativa statuizione, e quindi di motivare alla luce delle complessive risultanze istruttorie in maniera anche più ampia, o difforme, rispetto al primo provvedimento. In tali casi, la dovuta ottemperanza ad un ordine giudiziale concerne esclusivamente l’obbligo di provvedere nei termini assegnati, ma non si può risolvere in una rinuncia forzata per l’amministrazione al proprio ruolo ed al proprio diritto di pronunciare una data ragionevole soluzione e, in ogni modo, di difendersi in tutti i gradi di giudizio fino al definitivo.

Di qui la legittimità, sotto questo punto di vista, degli atti impugnati con il secondo mezzo di motivi aggiunti.

In tale quadro, è dunque evidente che la qualificazione della strada come "vicinale ad uso pubblico" costituiva un legittimo impedimento al rilascio del permesso di costruire lungo la sede stradale.

Inoltre, a tutto voler concedere, in base alla comune esperienza, la relativa ristrettezza degli spazi in concreto disponibili implicava che l’ampliamento richiesto avrebbe finito per impedire o ridurre il transito sulla strada.

In conclusione, considerando che le strade comunali vicinali fanno parte del demanio comunale, legittimamente si è favorita la preesistente fruizione collettiva del bene e si è impedita la limitazione o la preclusione del pubblico passaggio da parte di una collettività di privati che assume il proprio diritto relativo a tale passaggio.

4.3. Di qui,, con la riscontrata preannunciata infondatezza delle argomentazioni appena affrontate, emerge in definitiva l’infondatezza di tutti i profili sostanziali di censura del ricorso.

– 5.Par.. Resta la terza rubrica dell’appello, impostata essenzialmente su aspetti formali, se non formalistici, con cui si lamenta la contraddittorietà e l’erroneità della sentenza gravata nella parte in cui:

– in relazione alla ritenuta mancanza di lesività del provvedimento, si sono dichiarati inammissibili i secondi motivi aggiunti diretti avverso l’atto di avvio del procedimento;

– non si è accolta la doglianza per cui la fissazione del termine di 120 giorni per la conclusione del procedimento avrebbe violato l’articolo 38, ottavo comma, della legge regionale n. 12/2005 (dove si prevede il termine di 120 gg. solamente per i comuni con popolazione superiore a 100.000 unità), con il conseguente preannuncio di inottemperanza, diretto ad evitare gli obblighi della corretta esecuzione dell’ordinanza, fissazione di termine, questa, che, come tale, renderebbe nullo lo stesso provvedimento ai sensi dell’articolo 21 septies della L. n. 241/1990 e ss.mm e ii.;

– in violazione dell’articolo 112 c.p. la sentenza non avrebbe fornito alcuna argomentazione per i vizi dei motivi aggiunti.

L’assunto così complessivamente articolato va respinto.

L’appellata sentenza sul primo punto è esatta, dato che la mera comunicazione di avvio del procedimento è atto endoprocedimentale senza carattere provvedimentale e, in quanto tale, non è autonomamente impugnabile. Pertanto gli originari secondi motivi aggiunti erano inammissibili.

Inoltre, non vi è alcuna illegittimità del nuovo diniego rispetto alla motivazione della precedente ordinanza del medesimo Tar n. 1828/2004, con cui si sottolineava la mancanza della prova della natura pubblica della strada (mentre il relativo appello del Comune era stato dichiarato inammissibile solo per tardività).

Non costituisce, in ogni modo, vizio di una sentenza di primo grado la circostanza che il suo contenuto sia diverso da quello di una precedente ordinanza cautelare (in primo grado o nella sua versione come riformata in appello), atteso che la tutela di natura interinale poggia su una cognizione sommaria. In relazione all’autonomia tra la fase cautelare e decisoria ed alla diversità dei rispettivi presupposti, l’eventuale difformità tra la decisione cautelare e quella di merito rientra nella fisiologia processuale e non dà luogo ad alcuna invalidità, essendo destinata a restare definitivamente assorbita dalla sentenza di merito (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 17 maggio 2010, n. 3129).

La fissazione di un termine di ottemperanza superiore a quelli indicati per i Comuni della "stazza" di quello di Talamona è una mera irregolarità, del tutto priva di rilievo nella circostanza.

Per ciò che concerne poi la reiterazione delle stesse argomentazioni di merito e sulla pretesa mancanza di risposta ad alcuni motivi originari si rinvia ai punti che precedono (in particolare al paragrafo 1)..

– 6.Par.. In conclusione l’appello è complessivamente infondato in tutti i suoi profili e deve essere respinto.

Deve tuttavia disporsi l’integrazione, nei sensi di cui sopra, della motivazione della sentenza impugnata per arricchirne e perfezionarne il relativo tessuto argomentativo sotto svariati prospetti (come ad esempio circa la scelta della tesi del primo verificatore, o comunque della documentazione da lui "visitata" e comunque sulle considerazioni di sostanza a proposito dell’identificazione della via della Todesca e del carattere di uso pubblico della stessa).

Le spese, ai sensi dell’art. 26 del c.p.a., seguono la soccombenza e sono equitativamente liquidate in favore dell’amministrazione comunale come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:

1. Respinge l’appello, come in epigrafe proposto, con l’integrazione della motivazione della pronuncia di prime cure nei sensi di cui sopra.

2. Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali del grado, che vengono liquidate in Euro 5.000, oltre gli accessori di legge, in favore dell’amministrazione comunale resistente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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