Cons. Stato Sez. IV, Sent., 24-02-2011, n. 1237 Espropriazione per p.u.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

o e Giuseppe Polignano;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La sentenza impugnata dal Comune di Noci ha annullato gli atti da esso adottati, in variante al P.R.G, concernenti l’introduzione del vincolo espropriativo e l’approvazione del progetto definitivo, con l’effetto della dichiarazione implicita della loro pubblica utilità, delle opere e dei lavori per la realizzazione del collettamento differenziato per le acque piovane.

Il primo giudice, invero, ha ravvisato il vizio dell’omessa partecipazione procedimentale dell’interessato, nella persona della parte appellata, non avendo il Comune articolato il procedimento di variante al P.R.G. secondo le modalità garantistiche disciplinate dal d.p.r. n.327/2001.(artt.9101219), e senza addivenire, quindi, alla corretta introduzione del vincolo preordinato all’esproprio.

Il Comune appellante ha chiesto la riforma della sentenza impugnata ritenendo la decisione di primo grado ingiusta sotto il profilo dell’errata applicazione delle leggi regionali (in particolare, l.r. Puglia 3/2005) approvate per adeguamento della disciplina locale in tema di espropriazione per p.u. al citato d.p.r..

Parte appellata ha chiesto il rigetto del gravame, ed al tempo stesso ha articolato un rituale appello incidentale condizionato diretto alla declaratoria dell’illegittimità "per inesistenza, anziché per inefficacia come opinato dal Tar" del vincolo preordinato all’esproprio per cui è causa (pag.5 dell’atto di costituzione).

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

All’udienza del 25 gennaio 2011 la causa è stata chiamata e trattenuta in decisione.

Il Comune di Noci affida l’impugnazione ai seguenti motivi:

1) la delibera di Giunta Comunale n. 122/2004, impugnata dal ricorrente in primo grado ed odierna parte appellata, non ha alcuna attinenza con il procedimento espropriativo, essendo destinata unicamente a formalizzare una richiesta di finanziamento regionale ed un impegno di cofinanziamento, con eventuali effetti di variazioni di bilancio. Tanto è vero che il progetto approvato con questa delibera è stato alla fine sostituito da un altro, approvato con la delibera di Consiglio Comunale n. 50/2008; l’appellato,quindi, non aveva neppure, l’interesse ad impugnare la delibera di Giunta comunale (n.122/2004);

2) in via assorbente, la successiva delibera di c.c. 50 del 20.10.2008 costituiva un "nuovo provvedimento", avente ad oggetto un progetto definitivo stralcio, diverso dal precedente approvato ai soli fini anzidetti, rispetto al quale soltanto doveva essere verificata la sussistenza dei vizi denunciati dal ricorrente in primo grado ed odierno appellato;

3) l’impugnativa della delibera consiliare(n.50/2008) non è stata notificata alla ditta I.A. srl aggiudicataria dei lavori per la realizzazione del collettamento differenziato per le acque piovane;

4) il giudice di primo grado ha commesso errore nel ritenere applicabile alla fattispecie per cui è causa l’art. 16 della L.R. Puglia n. 13/2001.

Nella specie ha trovato, invero, applicazione l’art,12 della la L.R. 22.2.2005 n. 3, secondo il quale l’approvazione del progetto preliminare o definitivo, deliberata ai fini urbanistici, previa valutazione delle eventuali osservazioni prodotte da terzi interessati, costituisce variante allo strumento urbanistico senza necessità di approvazione regionale.

In proposito, precisa l’appellante, deve essere sottolineato che tale ultima disposizione ha "sostituito, abrogandola", quella applicata dal Tar.;

5) al contrario di quanto opinato dal primo giudice, il Comune di Noci ben avrebbe assolto al preventivo onere informativo dell’ espropriando, attraverso la nota del 19.3.2008, tanto che le osservazioni al progetto da quest’ultimo prodotte in data 8.4.2008 risultano confutate nel corpo della delibera consiliare n.50 del 20.10.2008.

Ciò posto, osserva preliminarmente il collegio che dagli atti di causa emerge come il Comune di Noci, dovendo procedere all’esecuzione dei lavori di collettamento anzidetti, con deliberazione di Giunta n.122 del 29 luglio 2004, adottata sulla base della determinazione del Responsabile del Servizio Gestione ed Assetto del Territorio, ha approvato il progetto definitivo delle opere in parola al fine di ottenere l’ammissione al finanziamento regionale, finalizzato a favorire l’esecuzione di interventi infrastrutturali, per un importo di euro 4.750.000,00.

La Regione Puglia ha accordato il finanziamento non subito, ma in un secondo momento, per le ragioni espresse nella nota regionale 13.02.2008, con la quale il predetto importo veniva, inoltre, ridotto del 25%, assegnandosi la somma di euro 3.636.125,00, ritenuta compatibile con la funzionalità delle opere progettate.

Per tale ragione è stato predisposto un nuovo progetto definitivo stralcio, finanziato con la somma da ultimo evidenziata, progetto che con delibera n.50 del 20 ottobre 2008 il Consiglio comunale ha approvato.

Il primo giudice ha ritenuto illegittima sia la deliberazione di Giunta n.122/2004, che la deliberazione consiliare n.50/2008, nella considerazione che in entrambe era stata omessa, ovvero non era stata ritualmente inserita, l’essenziale fase procedimentale dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, così richiedendolo il d.P.R. n.327 del 2001 (artt. 9101719) e la legge regionale n.13 del 2001 (art.16).

Il Comune appellante ha replicato opponendo che il progetto definitivo posto alla base del vincolo espropriativo e della dichiarata la pubblica utilità delle opere, è unicamente quello approvato nella deliberazione consiliare n.50/2008; e quest’ultima,essendo stata strutturata sul modello legale della c.d. "variante semplificata", a tenore dell’art.12 della legge regionale n.13 del 2005, sostitutivo dell’art.16 della legge regionale n.13 del 2001, si sottrae sia ai rilievi del primo giudice, che di tale ultima norma non ha tenuto affatto conto, sia a quelli di parte appellata, che valorizza esclusivamente la deliberazione n.122/2004.

Il motivo è fondato.

L’art.12 della legge regione Puglia n.3 del 2005, adeguandosi all’articolo 19 del d.p.r. 327/2001, prevede che "l’approvazione del progetto preliminare o definitivo, deliberata ai soli fini urbanistici dal competente Consiglio comunale, previa valutazione delle eventuali osservazioni prodotte da terzi interessati, costituisce variante allo strumento urbanistico, senza necessità di approvazione regionale".

Non vi sono dubbi, ad avviso del collegio, che tale disposizione, per l’incompatibiità che ne deriva, abbia sostituito il precedente art.16 delle legge regionale Puglia n.13 del 2001, con la conseguente eliminazione della struttura procedimentale bifasica dell’adozione -approvazione, all’interno della quale è collocata la presentazione delle osservazioni al progetto da parte di "chiunque".

E non ha pregio, conseguentemente, l’affermazione del primo giudice che ha ravvisato l’illegittimità della "variante semplificata" in esame a causa dell’inosservanza della predetta struttura procedimentale bifasica, abrogata dall’art.12 della l.r. n.3 del 2005, fermo restando l’esame delle osservazioni.

Si aggiunge, a conforto della tesi sviluppata dal Comune appellante, che la deliberazione n.122 del 2004 – a cui tanto il giudice di primo grado che parte appellata si sono riferiti per affermare l’illegittimità dell’approvazione di un progetto di opera pubblica in variante per assenza del corrispondente vincolo espropriativo – è in realtà una deliberazione di Giunta e non di Consiglio; sicché, mai, neppure a tenore dell’anzidetta norma abrogata, essa avrebbe potuto avere altra finalità che quella, puntualmente chiarita nel gravame, di consentire l’ammissione al finanziamento regionale del progetto definitivo con essa adottato, laddove il potere di approvazione delle varianti al P.R.G. (secondo il comma 3° dell’art.16 l.r. n.13/2001) rimaneva incluso nell’esclusiva competenza del supremo organo comunale, ossia del Consiglio comunale.

Allo scopo di negare che la deliberazione n.50/2008 (e non la deliberazione n.122/2004) doveva rappresentare l’unico riferimento ai fini dell’indagine circa la legittimità del procedimento espropriativo in esame, neppure può aver pregio rilevare che nella delibera del 2008 viene esplicitamente citato l’abrogato art. 16 della citata legge regionale n.13, ben potendosi replicare che ciò rappresenta un irrilevante errore commesso dal Consiglio comunale, non inficiante la sostanziale conformità della deliberazione da esso assunta all’art.12 della legge regionale n.13, di cui, invero, riproduce fedelmente il paradigma normativo.

La fondatezza del motivo sopra esaminato, non viene screditata dalle altre argomentazioni di parte appellata: prima fra tutte quella secondo la quale nella deliberazione n.50/2008 è stato omesso di "dare atto" del vincolo espropriativo, pretesamente eludendosi un formale adempimento obbligatorio imposto dal D.p.r. n.327/2001 (art.10).

A tal riguardo va chiarito che il dovere che ricade sull’amministrazione, in forza della norma del t.u. sulle espropriazioni invocata da parte appellata, ha, come ben spiegato dal primo giudice, la finalità di creare il necessario raccordo con la pianificazione urbanistica.

In tale ottica, il legislatore ha voluto che l’approvazione del progetto di un’opera pubblica in variante, fosse accompagnata dalla consapevolezza dell’ente espropriante circa gli effetti che tale tipo di approvazione determina sulla pianificazione urbanistica in vigore.

Invero, per tal via, viene ad incidersi su di una previsione urbanistica antecedente di tipo non espropriativo a favore di altra, sostitutiva della prima, di tipo espropriativo su determinati beni di proprietà altrui, in precedenza esclusi da tale effetto.

Non c’è bisogno di sottolineare che non risponde certamente al canone di buona amministrazione ( art. 97 Cost.) il fatto che l’ente espropriante non sia consapevole degli anzidetti effetti della variante urbanistica che intende adottare; a ciò va aggiunto che, se così non fosse, si determinerebbe un’infeconda svalutazione di previsioni programmatoriepianificatorie preesistenti, la cui funzione le rende invece tendenzialmente stabili.

In sostanza, il legislatore ha voluto evitare che l’effetto implicito originante dall’approvazione del progetto di un’opera pubblica in variate fosse circoscritto alla dichiarazione di p.u. e non si estendesse anche agli effetti urbanistici derivanti da tale approvazione.

Se quella sopra chiarita è la finalità dell’adempimento richiesto all’ente espropriante, non occorre certamente, come pretende parte appellata, che nell’introduzione del vincolo espropriativo sia fatto uso di un testo pedissequamente ripetitivo del contenuto della norma, ovvero di formule lessicali tipicizzate, di cui, invero, non si vede né la ragione né la necessità.

Quel che invece è necessario, ma anche sufficiente, è che l’ente non si limiti all’approvazione del progetto, ma estenda la propria determinazione alla difformità dell’opera pubblica rispetto alle vigenti previsioni urbanistiche sulle quali si produce l’effetto di variante.

Ciò, come emerge palesemente dalla sua interpretazione testuale, è quanto accaduto con la deliberazione n.50 in esame, dove, con riferimento al progetto in questione, si afferma che "il progetto stralcio interessa aree variamente tipizzate come da allegato stralcio del PRG e che, pertanto, occorre procedere all’approvazione dello stesso, ai sensi e per gli effetti delle.disposizioni di cui all’art.16 della L.R. 11.05.2001 n.13, con delibera consiliare che costituisce variante urbanistica senza obbligo del preventivo assenso da parte della Regione Puglia".

L’argomento di parte appellante sull’omissione del vincolo espropriativo non produce quindi alcun effetto.

Allo stesso modo, alcun effetto sulle deduzioni di parte appellante produce l’argomento dell’appellato, concernente l’omessa informazione in ordine al progetto in questione, di cui peraltro egli si lamenta nonostante abbia potuto proporre le sue osservazioni.

Dalla deliberazione n.50 si ricava che parte appellata ha ricevuto la nota del Comune del 19 marzo 2008 prot.n. 5461, nella veste di proprietario di aree assoggettate ad esproprio; e nulla potrebbe rilevare in contrario che all’epoca fosse stato approvato soltanto il progetto contemplato dalla deliberazione di Giunta n.122 del 2004 e non il progetto stralcio approvato prima nello stesso 2008, dovendosi osservare che il progetto, per quel che concerne tali aree, è identico in entrambi i casi; il che è confermato dal fatto che le osservazioni proposte sono state esaminate dal consiglio, con esito di rigetto, senza eccepirne pregiudizialmente l’estraneità al progetto stralcio approvato.

Non ostacolano il fondamento delle censure di parte appellante neppure le affermazioni appellata del resistente circa il passaggio in giudicato, per omessa impugnazione, di taluni profili di illegittimità emergenti dalla sentenza di primo grado.

L’argomento, in realtà, è totalmente privo di pregio, ove si consideri che le censure di parte appellante rivolte alla sentenza impugnata postulano l’irrilevanza, in particolare, della deliberazione n.122/2004 ai fini dell’indagine sul corretto svolgimento del procedimento espropriativo per cui è causa, ed alla quale parte appellata inutilmente insiste a riferirsi.

La conseguenza di ciò è che, per effetto della dianzi accertata insussistenza di profili di illegittimità a carico della deliberazione consiliare n.50/2008, si determina in ogni caso l’irrilevanza dei vizi, ammesso che ne esistano, che nella sentenza impugnata sono stati erroneamente individuati in ordine alla deliberazione n.122/2004, e dunque anche l’esclusione della possibilità che essi, in quanto non contestati in questa sede, possano influire sull’accoglimento delle censure di parte appellante.

Infine, va esaminato l’appello incidentale di parte appellata (pag.5 della memoria di costituzione).

Assume al riguardo l’appellato che la sentenza di primo grado sarebbe errata per aver affermato che i vizi del procedimento espropriativo accertati, peraltro come visto insussistenti, determinerebbero la sua inefficacia, mentre si tratterebbe invece di inesistenza, considerata l’assenza del vincolo che ne costituisce l’essenziale presupposto.

Senonché, a prescindere dalla ritualità del mezzo in esame, sulla quale, invero, la stessa deducente avanza saggiamente dubbi, appare sufficiente, per evidenziarne l’inconsistenza, ribadire l’insussistenza del profilo di illegittimità relativo all’omessa disposizione del vincolo ablatorio nel procedimento espropriativo esaminato.

In conclusione l’appello va accolto, mentre l’appello incidentale va respinto; e conseguentemente deve essere riformata la sentenza di primo grado.

Nel peculiare andamento del processo ed alla luce delle questioni dedotte in primo e secondo grado, il collegio ravvisa giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese dì ambedue i gradi di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,lo accoglie, respingendo anche l’appello incidentale dell’appellato, e,, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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