Cass. civ. Sez. II, Sent., 14-04-2011, n. 8499 Azioni a difesa della proprietà

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

del ricorso, con condanna alle spese.
Svolgimento del processo

Il 26 settembre 1990 G.A. e V.F. e S., odierni resistenti, agirono con denuncia di nuova opera, davanti al pretore di Caprino Veronese, nei confronti di D.B.F., che aveva demolito e ricostruito un manufatto senza rispettare le distanze legali tra fabbricati. La sentenza di accoglimento del pretore di Caprino venne annullata il 2 marzo 1995 dal tribunale di Verona, quale giudice d’appello, che rilevò la mancata integrazione del contraddittorio con B.M., moglie del D.B. e rimise le parti al primo giudice.

La causa fu riassunta con comparsa notificata il 2 febbraio 1996, ma il pretore di Caprino il 31 maggio 1999 rigettò la domanda, ritenendola improponibile per il superamento del termine temporale di un anno, da computare in relazione alla data di riassunzione (avvenuta il (OMISSIS)) e non a quella di deposito del primo ricorso. La Corte di appello di Venezia nel 2004 accolse l’appello, secondo il quale l’infrannalità dell’azione, tanto qualificandola come azione di reintegrazione, quanto configurandola ex art. 1171 c.c., doveva essere considerata in riferimento al deposito del primo ricorso, che la Corte riteneva fondato nel merito.

D.B. ricorre per cassazione, con unico motivo, relativo alla decadenza dall’azione. Resistono gli originari attori. E’ rimasta intimata la B.. Le parti costituite hanno depositato memoria.
Motivi della decisione

Il D.B. lamenta violazione dell’art. 1171 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e vizi di motivazione. Sostiene la sentenza d’appello aveva travolto l’intero giudizio e che la causa non proseguì davanti al pretore designato, ma fu reiterata. Afferma che l’annullamento per difetto di integrazione del contraddittorio comportava che la domanda proposta in sede di riassunzione necessitava del requisito della tempestività annuale. La sentenza infatti avrebbe comportato necessariamente la rinnovazione degli accertamenti compiuti nella pregressa fase processuale, per consentire al convenuto pretermesso di parteciparvi.

La censura denuncia nella sostanza un errore processuale, che sarebbe stato commesso dal giudice d’appello per avere considerato la riassunzione del giudizio come una prosecuzione del precedente e non come nuovo inizio, in relazione al quale computare il termine annuale per l’esercizio dell’azione possessoria. Ne risulta che è imprecisa nella rubrica, che avrebbe dovuto esporre una violazione processuale ex art. 360 c.p.c., n. 4 in relazione alle norme sulla nullità per difetto del contraddittorio e sulla conseguente riassunzione.

Tale censura si può ritenere sviluppata nel testo del motivo e va quindi esaminata, nei termini in cui è stata posta.

La sentenza del tribunale di Verona del 21 agosto 1995 rilevò inequivocabilmente un difetto di integrazione del contraddittorio;

dichiarò la nullità del giudizio e dispose la rimessione della causa al primo giudice ai sensi dell’art. 354 c.p.c. previa riassunzione nel termine di legge. La causa fu riassunta con comparsa di riassunzione notificata il 2 febbraio 1996. Tale atto conteneva la riproposizione del medesimo testo del precedente atto introduttivo, la narrazione delle vicende processuali svoltesi e la citazione dei signori D.B. – B. per ottenere la demolizione del manufatto, richiesta negli stessi termini che risultano dalle conclusioni riportate nella prima sentenza pretorile del 1991. Il ricorso è infondato.

La riassunzione non comporta la costituzione di un nuovo rapporto processuale (Cass. 1723/98) e l’atto con cui la causa viene riassunta in primo grado dopo che il giudice di appello, in applicazione degli artt. 353 e 354 cod. proc. civ., ne abbia disposto la rimessione, pur spiegando una funzione introduttiva, non è equiparabile all’atto di citazione, in quanto interviene in un procedimento già in precedenza istaurato.

Ne discendono, secondo la giurisprudenza, conseguenze che tengono conto della particolare situazione venutasi a creare. E’ stato pertanto affermato: – che l’atto dell’assunzione va notificato presso il procuratore della parte costituita in grado di appello, ai sensi dell’art. 125 disp. att. cod. proc. civ. e dell’art. 170 cod. proc. civ., e non alla parte personalmente Cass. 2562/07; 19467/0; Cass. 2562/07; 19467/05);

– che è irrilevante che, nelle more del giudizio, uno dei comproprietari del bene abbia acquisito le quote degli altri, ove l’acquisto sia avvenuto a titolo particolare, in quanto la partecipazione al giudizio dei litisconsorti necessari deve essere accertata con riguardo al momento della notifica dell’atto introduttivo dello stesso (Cass 1158/99).

– che qualora la citazione introduttiva sia stata validamente notificata ad uno soltanto dei litisconsorti necessari, e a seguito della pronuncia del giudice d’appello che abbia rimesso le parti, in primo grado a norma dell’art. 354 cod. proc. civ., il contraddittorio sia stato ritualmente integrato in modo tale da evitare l’estinzione del processo, la valida notifica del primo atto introduttivo è idonea ad interrompere la prescrizione nei confronti di tutti i litisconsorti necessari e fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio stesso (Cass. 11005/02). che la rituale e tempestiva riassunzione del processo vale ad impedire ogni decadenza, cioè a fare in modo che la domanda giudiziale, se soggetta ad un termine decadenziale non ancora scaduto al momento di quella citazione invalidamente notificata, debba considerarsi tempestivamente proposta (Cass. 3795/95).

Pacifico è inoltre che il termine di un anno per l’esercizio dell’azione di reintegrazione (6055/96; 5841/06) è termine di decadenza, al pari di quello previsto dall’art. 1171 c.c..

Si può dunque affermare che allorquando, dopo la sentenza di appello che abbia annullato la sentenza impugnata, la causa viene riassunta davanti al primo giudice la decorrenza dell’eventuale termine di decadenza cui sia soggetta la proposizione della azione va valutata con riguardo alla data in cui fu proposto l’atto introduttivo.

Segue da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna di parte soccombente alla refusione delle spese di lite, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido tra loro al pagamento delle spese di lite, liquidate in favore dei controricorrenti in solido in Euro 2.700,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

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