Cons. Stato Sez. IV, Sent., 24-02-2011, n. 1224 Anzianità di servizio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente, nata da genitori italiani negli Stati Uniti d’America ed in possesso, dunque, sia della cittadina italiana che di quella statunitense, a decorrere dal 15.12.1984 veniva assunta dal Consolato d’Italia a Detroit (Michigan), secondo la legge locale, per l’espletamento di mansioni di concetto, con contratto rinnovato tacitamente alla scadenza triennale e protrattosi, di fatto, sino al 31.12.1991.

In data 9 febbraio 1990, la sig.ra P. chiedeva al Ministero degli Affari Esteri che il proprio contratto di lavoro venisse convertito in contratto regolato dalla legge italiana, ai sensi del primo comma dell’art. 154 del DPR 5.1.1967 n. 18, in quanto cittadina italiana dalla nascita.

La ricorrente sottoscriveva, quindi, in data 1.10.1991, un contratto a tempo indeterminato con il Consolato d’Italia a DETROIT secondo la legge italiana, il quale che prevedeva espressamente, all’art. 2, la decorrenza dal 1° gennaio 1992 e che "ai fini dell’anzianità e del trattamento economico il contratto stesso ha effetto dalla data di assunzione con mansioni di concetto avvenuta il 15.12.1984".

Lo stesso contratto prevedeva, inoltre (sempre al citato art. 2, ultimo comma), che "..ai fini del trattamento inerente alla cessazione dal servizio, esso ha effetto dal 1.1.1992…"

Con nota in data 10.6.1992, la sig.ra P. chiedeva al Ministero degli Affari Esteri che non le venisse corrisposta, al presente, la liquidazione per il periodo di servizio da lei prestato con mansioni di concetto dal 15.12.1984 al 31.12.1991 e che tale periodo venisse valutato ai fini del nuovo contratto regolato dalla legge italiana, da lei sottoscritto in data 1.X.1991.

In riscontro a tale istanza il Ministero degli Affari Esteri, con nota n. 14927 in data 16.7.1992 – pervenuta il giorno 27 successivo -, informava il Consolato d’Italia a DETROIT che gli Organi di controllo non avevano ritenuto legittima, in caso di conversione del regime giuridico del contratto d’impiego, la conservazione dell’anzianità pregressa e quindi il mantenimento degli scatti biennali maturati in precedenza e che, conseguentemente, nel caso della sig.ra P. non sembrava sussistere alcuna facoltà di opzione tra corresponsione della liquidazione e mantenimento degli scatti biennali.

Il Ministero rappresentava, altresì, allo stesso Consolato che restava salva la possibilità per l’Amministrazione di annullare il contratto regolato dalla legge italiana, a richiesta dell’interessata che avrebbe, in tal caso, continuato a prestare servizio sulla base del precedente contratto regolato dalla legge locale e sollecitava, infine, la restituzione della prima pagina (in cinque copie) del contratto d’impiego della P., "..debitamente rettificata".

Con successiva nota n. 19406 in data 29.9.1992 – pervenuta il 13 ottobre successivo – il M.A.E. informava il Consolato d’Italia a DETROIT di aver provveduto a rettificare, a seguito di rilievo degli organi di controllo, l’articolo del contratto, nel senso che anche ai fini dell’anzianità lo stesso avesse effetto dalla sua decorrenza e che, pertanto, l’impiegata avrebbe maturato il diritto all’aumento biennale soltanto alla scadenza del primo biennio di lodevole servizio prestato con contratto regolato dalla legge italiana.

Il Ministero invitava, infine, il Consolato a considerare nulla ogni eventuale comunicazione precedente, che disponesse in senso contrario.

In data 6.X.1992 veniva registrato alla Corte dei Conti (Reg. 20, fg. N. 1) il D.M. 4757 in data 28.X. 1991, con il quale veniva approvato il contratto di assunzione a tempo indeterminato stipulato – con decorrenza 1.1.1992 – tra il Consolato d’Italia in Detroit e la ricorrente.

Quest’ultima, assumendo di essere venuta a conoscenza, nel giugno 1992, che l’Amministrazione aveva unilateralmente modificato l’art. 2 del contratto sottoscritto il 1° ottobre 1991 e che, solo di recente, le erano state comunicate le richiamate note ministeriali nn. 14927/92 e 19406/92, si rivolgeva al TAR Campania, al quale chiedeva:

– l’annullamento dei provvedimenti, di cui alle note n°14927/92 e n° 19406/92, che respingono l’istanza della ricorrente diretta al riconoscimento ai fini dell’anzianità nel contratto di lavoro secondo la legge italiana, del precedente rapporto svoltosi dal 15.12.84 al 31.12.91;

– l’annullamento del provvedimento (di estremi ignoti) di annullamento "in parte qua" del contratto del 1.10.91 e fissa la decorrenza dell’anzianità dal 1.1.92 e di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali tra i quali i rilievi della corte dei Conti del 20.2.92 e per quanto di interesse D.M. n. 4757 del 28.10.91;

– la dichiarazione del diritto della ricorrente al riconoscimento del nuovo contratto di tutta l’anzianità pregressa.

A sostegno del gravame, l’interessata deduceva:

Violazione degli artt. 154 e segg. DPR n. 18/67; della L. n. 462/80, del parere n. 824/89 del 31.5.1989 della I Sez. del Consiglio di Stato;degli artt. 3, 35, 36 e 97 della Costituzione e principi generali; eccesso di potere per errato presupposto, illogicità, sviamento di potere, difetto di istruttoria, comportamento perplesso, contraddittorietà, omessa ed insufficiente motivazione, violazione delle norme e dei principi indicati in epigrafe.

I provvedimenti impugnati, disponendo sostanzialmente l’annullamento d’ufficio e la rettifica dell’art. 2 del contratto sottoscritto il 1.X.1991, sarebbero illegittimi in quanto:

A) il D.M. 4757 del 28.10.1991, di recepimento nella sua interezza del contratto sottoscritto il 1° ottobre 1991, non essendo stato annullato o modificato successivamente ai rilievi della Corte dei Conti del 20.2.1992, non potrebbe essere posto nel nulla da una semplice nota ministeriale o, addirittura, sostituendo surrettiziamente la prima pagina del contratto del 1 ottobre 1991;

B) avendo il contratto espletato i suoi effetti per un anno, il M.A.E. non avrebbe potuto disporre l’annullamento d’ufficio dell’art. 2 del contratto stesso né, tanto meno, affermare la necessità di adeguarsi ai rilievi della Corte dei Conti del 20.2.1992, dovendosi ritenere prevalente l’interesse concreto ed attuale della ricorrente al riconoscimento dell’anzianità pregressa: in ogni caso, l’Amministrazione avrebbe omesso di indicare le ragioni della scelta effettuata;

C) i rilievi della Corte dei Conti cui il Ministero avrebbe ritenuto di adeguarsi sarebbero contraddittori ed in pieno contrasto con il parere del Consiglio di Stato n. 814/89 in data 31.5.1989 (della I Sezione), che avrebbe affermato il diritto degli impiegati in possesso anche della cittadinanza italiana, di chiedere la "conversione" del contratto, con la conseguenza che gli effetti del precedente rapporto, ai fini dell’anzianità, non potrebbero essere disconosciuti.

Con la sentenza epigrafata il Tribunale amministrativo ha respinto il ricorso.

La P. ha tuttavia impugnato la sentenza del TAR, chiedendone l’annullamento alla stregua di mezzi ed argomentazioni riassunti nella sede della loro trattazione in diritto da parte della presente decisione.

Si è costituito nel giudizio il Ministero degli affari esteri, resistendo al gravame ed esponendo in successiva memoria (3.11.2010) le proprie argomentazioni difensive, che si hanno qui per riportate.

Alla pubblica udienza del 7 dicembre 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1.- La controversia introdotta dall’appello in esame, come già chiarito dalla stessa sentenza impugnata, inerisce la pretesa vantata dalla ricorrente al riconoscimento, ai fini dell’anzianità e del trattamento economico, dell’anzianità maturata durante la vigenza del precedente contratto di lavoro a tempo determinato stipulato con il Ministero degli Affari Esteri secondo la legge locale (statunitense), cui ha fatto seguito quello a tempo indeterminato regolato dalla legge italiana.

In funzione strumentale all’accertamento della fondatezza dell’indicata pretesa, la sig.ra P. aveva chiesto al Tribunale anche l’annullamento delle note ministeriali e dei rilievi della Corte dei Conti, indicati in premessa, approvativi del predetto contratto a tempo indeterminato stipulato tra il Consolato d’Italia in Detroit e la ricorrente, l’1.10 91 e con decorrenza 1.1.1992.

2. L’appellante avversa la pronunzia del TAR formulando diversi profili di censura, che ripropongono sostanzialmente le argomentazioni già avanzate nel precedente grado di giudizio. Il ricorso è però infondato.

2.1- In primo luogo si sostiene (punto B dell’appello) la validità e vigenza del contratto di lavoro stipulato il 1°ottobre 1991 nella sua formulazione originaria che,come già in fatto evidenziato prevedeva espressamente (all’art. 2) la decorrenza dal 1° gennaio 1992, che, ai fini dell’anzianità e del trattamento economico il contratto stesso avesse effetto dalla data di assunzione con mansioni di concetto avvenuta il 15.12.1984, e che, "..ai fini del trattamento inerente alla cessazione dal servizio" esso avesse effetto dal 1.1.1992…"; al riguardo l’appellante argomenta in particolare che:

– tale contratto è stato fatto proprio nella sua interezza dal Ministero col DM n. 4757/1991 e non è stato modificato o annullato;

– l’amministrazione avrebbe surrettiziamente modificato l’art. 2 del contratto eliminando la diversa decorrenza pattuita in tema di riconoscimento dell’anzianità dalla data di prima assunzione, illegittimamente trascurando l’efficacia già assunta dalla regolamentazione originariamente pattuita ed approvata rispettivamente dal Ministero, col citato decreto, e dalla Corte dei Conti (e che prevedeva l’anzianità richiesta dalla ricorrente).

Le censure in esame non possono essere accolte.

Risulta in atti che il contratto formalmente approvato dal DM n. 4757/28.10.1991, registrato alla Corte dei Conti il 6.10.1992, è unicamente quello datato 1.10.91 (e decorrente dall’1.1.1992) il cui art. 2 vede il depennamento della clausola, inserita nella stesura iniziale, che riconosceva ai fini dell’anzianità e del trattamento economico l’ effetto contrattuale dalla data di prima assunzione con mansioni di concetto avvenuta il 15.12.1984". Contrariamente a quanto sostenuto, perciò, l’iniziale formulazione del contratto sul punto, contestata dai rilievi della Corte dei Conti e che detta anzianità prevedeva, non ha assunto alcuna efficacia, tenendo conto del noto principio per il quale i contratti conseguono efficacia vincolante per la pubblica amministrazione solo con l’ intervento dell’approvazione da parte dell’organo di controllo.

2.2.- Col successivo mezzo d’appello (formulato al punto C) si investe un profilo sostanzialmente conseguenziale a quello testè trattato, sostenendo che l’amministrazione avrebbe dovuto fare applicazione delle conseguenze, riconosciute dalla giurisprudenza, nei casi di annullamento di un atto (nella specie del contratto originariamente sottoscritto) e che consistono nella conservazione di quegli effetti, prodotti dall’atto ritenuto illegittimo, che si presentavano meritevoli di maggior tutela rispetto all’interesse al mero ripristino della legalità violata; quest’ultima esigenza, in particolare, sarebbe stata privilegiata pur in totale assenza di valutazione dell’ effettivo pubblico interesse a sacrificare la posizione del privato, nel quale, inoltre, si era ingenerato affidamento sulla validità del contratto sottoscritto. Anche questa tesi non ha fondamento.

I principi richiamati dall’appellante operano indubbiamente nella ben nota figura dell’annullamento di ufficio, la quale presuppone però l’esistenza di un provvedimento amministrativo quale specifico oggetto dell’atto di autotutela. Ma, come già sopra chiarito, tale valenza non può assumere l’originaria stesura dell’art. 2 del contratto in parola, semplicemente perché essa non ha visto corrispondente trasfusione nel contratto poi formalmente sottoscritto dalla P. e solo in quella formulazione successivamente approvato.

In sostanza il contratto del quale la P. lamenta la arbitraria modificazione, e che conteneva il riconoscimento da essa richiesto, non aveva assunto alcuna efficacia e non poteva perciò essere suscettibile di alcun annullamento d’ufficio che in quanto tale dovesse rispettare i noti ed invocati principi giurisprudenziali.

2.3- L’ ulteriore gruppo di argomentazioni, introdotto dal punto D dell’appello, poggia unicamente sulla tesi per la quale il primo giudice avrebbe assunto un orientamento opposto a quello riservato ad altri precedenti (decisi dalla stessa Sezione giudicante) del tutto identici al caso in controversia. L’appellante, in particolare, fa riferimento, tra le altre, alla sentenza del TAR Lazio n. 1219/1998 la cui lettura, tuttavia, permette di smentire la fondatezza del motivo svolto. Ed invero in quella controversia, all’opposto di quanto accaduto nel caso in questione, emerge con chiarezza la diversità della fattispecie richiamata, nella quale il contratto era stato oggetto delle contestate modifiche successivamente al suo formale recepimento. Nella decisione si legge infatti che il contratto veniva successivamente recepito dal MAE con DM e poi modificato con nota ministeriale che – motiva il TAR – a quel punto non poteva certamente vanificare il precedente DM di recepimento del contratto. L’asserzione della sentenza impugnata sulla diversità della posizione della ricorrente, pertanto, è assolutamente fondata, poiché, come detto, la sovrapponibilità delle due fattispecie non sussiste.

2.4- L’ultima doglianza (svolta al punto E) chiede lo stralcio dalla decisione della motivazione con la quale il TAR ha disposto la compensazione delle spese processuali, "nonostante il comportamento processuale della ricorrente", la quale, secondo il procuratore dell’appellante, sembra far riferimento ad un improprio comportamento processuale della difesa, senza indicare peraltro alcun fatto concreto specificativo dell’osservazione svolta. Ad avviso del Collegio, tuttavia, la stessa genericità sottolineata dal motivo in esame palesa l’irrilevanza di una espressione che, peraltro, attiene all’ampia discrezionalità del giudice nel motivare la compensazione delle spese giudiziali.

3- Conclusivamente l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio, attesa la peculiarità della fattispecie.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, respinge l’appello.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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