Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 15-04-2011, n. 8775 Retribuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. S.V. ricorre, nei confronti dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato s.p.a, per la cassazione parziale della sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 7936/05 del 5 gennaio 2006. 2. La suddetta sentenza dichiarava il diritto del S. a tutti gli scatti di anzianità maturati presso lo Stato al momento del passaggio all’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (21.5.78), e sino all’inquadramento in livello B/1, con diritto al conseguente ricalcalo del t.f.r. ed al richiesto adeguamento della polizza INA, e condannava l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato spa al pagamento degli importi relativi agli scatti, con interessi legali sulle somme annualmente rivalutate in base agli indici Istat dal giorno della maturazione dei crediti al saldo. La Corte d’Appello riteneva che non potesse trovare accoglimento, per assoluta genericità, la domanda relativa agli scatti di merito, solo indicati nelle conclusioni e neppure menzionati in ricorso.

3. Occorre precisare che con ricorso al Pretore del lavoro di Roma, S.V. esponeva che in qualità di dipendente della Zecca dello Stato, era transitato, ai sensi della L. n. 154 del 1978, presso l’istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, con diritto all’anzianità ed al trattamento economico conseguito in precedenza;

che era stato inquadrato nel livello contrattuale B/1 solo in data 20 luglio 1978, pur avendone diritto già dal 21 maggio precedente. Ciò premesso chiedeva che venissero accertati gli importi dovuti per differenze retributive. La domanda veniva rigettata e la statuizione veniva confermata dal Tribunale di Roma.

3.1. Proponeva ricorso per cassazione il S..

3.2. La Corte, con la sentenza n. 8260/03, accoglieva il ricorso laddove si ascriveva alla sentenza di non avere considerato, in relazione al diritto agli scatti di anzianità già maturati, il disposto della L. n. 154 del 1978, art. 13 e designava, quindi, nella Corte d’appello di Roma il giudice del rinvio, al fine di riesaminare la questione del diritto agli scatti anche alla luce del suddetto L. n. 154 del 1978, art. 13. 4. La Corte d’Appello si pronunciava con la suddetta sentenza n. 7936/05. 5. Il S. ha formulato un motivo di impugnazione, articolato in due profili.

6. Resiste con controricorso l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato s.p.a..

7. Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione

1. Con un unico articolato motivo di ricorso il S. ha dedotto:

violazione e falsa applicazione di norme di legge ( L. n. 154 del 1978, art. 13; art. 3 Cost.), motivazione omessa insufficiente e contraddittoria ( art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

In primo luogo, il ricorrente afferma che erroneamente è stata ritenuta generica la domanda relativa al riconoscimento degli scatti di anzianità, in quanto la stessa era stata puntualmente e specificamente argomentata e richiesta negli atti dei precedenti giudizi; in secondo luogo espone che la pronuncia della Corte d’Appello avrebbe disatteso il principio stabilito dalla Corte di cassazione e sarebbe incorsa in vizi logici e giuridici, in quanto il mantenimento degli scatti di merito discende dalla L. 154 del 1978, art. 13 e la ratio ed i presupposti degli stessi sono analoghi a quelli di anzianità. 2. Occorre precisare che la Corte di cassazione con la sentenza n. 8260 del 2003, resa inter partes, riteneva fondato il ricorso solo "laddove si ascrive alla sentenza di non avere considerato, in relazione al diritto agli scatti di anzianità già maturati, il disposto della L. n. 154 del 1978, art. 13 il quale prevede, per il personale trasferito, il diritto – entro sessanta giorni – all’inquadramento tra il personale dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, "con anzianità pari a quella maturata alle dipendenze dello Stato, sia ai fini retributivi che previdenziali".

Il Tribunale invero, ha negato il diritto agli scatti fondandosi esclusivamente sulla predetta disposizione contrattuale, ossia sull’art. 20 del CCNL Aziende Grafiche ed Affini del 1977, confermata anche dalle parti speciali del medesimo contratto per operai ed impiegati, senza considerare una questione decisiva, e cioè il dettato della legge sulla conservazione ai fini retributivi dell’anzianità maturata prima del passaggio.

Nell’attribuire preminente rilievo alla disposizione della citata L. del 1978, la presente pronunzia si discosta da quella resa da questa Corte n. 2347 del 9 ottobre 2001 che, nel decidere su altra sentenza del Tribunale di Roma di contenuto analogo, ha rigettato il ricorso del lavoratore incentrando l’esame sull’interpretazione del citato art. 20 dei dipendenti aziende grafiche operata in sede di merito, ed escludendo l’esistenza di vizi ermeneutici. Spetterà dunque al Giudice del rinvio, che si designa nella Corte d’appello di Roma, di riesaminare la questione relativa al diritto agli scatti alla luce non solo della norma contrattuale, ma anche alla luce del citato L. n. 154 del 1978, art. 13".

Nè nella suddetta pronuncia n. 8260 del 2003, l’esposizione del motivo di ricorso, pone in evidenza la sottoposizione alla Corte della questione degli scatti di merito: "Il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 3 Cost., degli artt. 2095, 2103, 2112 c.c., dell’art. 1362 c.c. e seg., della L. n. 154 del 1978, art. 13 della L. n. 90 del 1961, della L. 157 del 1965, degli artt. 112, 116, 414, 437 cod. proc. civ. e difetto di motivazione.

Assume il ricorrente che con la L. 154 del 1978 si era verificata una fusione tra la Zecca ed il Poligrafico dello Stato, che configurerebbe un trasferimento d’azienda ex art. 2112 cod. civ., per cui avrebbe errato il Tribunale nell’affermare che l’inquadramento come capo reparto presso il Poligrafico non poteva prescindere da provvedimenti organizzativi dell’Istituto, senza considerare che il suo diritto al nuovo inquadramento doveva decorrere dalla stessa data del transito. Il Tribunale avrebbe errato altresì nel non ammettere la prova dedotta sul fatto che egli aveva svolto le medesime mansioni nel medesimo posto senza soluzione di continuità, di talchè non si era verificata alcuna promozione, ma la semplice continuazione delle medesime mansioni svolte in precedenza. Il Tribunale avrebbe anche violato la L. n. 154 del 1978, art. 13 recante garanzia di conservazione del trattamento giuridico ed economico maturato presso l’ente di provenienza.

Il Tribunale avrebbe poi omesso di considerare che egli espletava già mansioni di impiegato e che quindi era inapplicabile l’art. 20 del CCNL che prevede la diversa ipotesi del passaggio e quindi del mutamento di mansioni.

Il Tribunale avrebbe errato perchè l’art. 20 del CCNL avrebbe dovuto essere interpretato in armonia con quanto disposto dalla L. n. 154 del 1978, art. 13 e comunque l’interpretazione data dal Tribunale non avrebbe tenuto presente il canone interpretativo in claris non fit interpretatio". 2.1. Tanto precisato, il motivo d’impugnazione deve essere ritenuto inammissibile, in quanto, in ragione del tenore della citata sentenza n. 8260 del 2003, era precluso dal giudicato interno l’esame della domanda relativa agli scatti di merito.

Trova, infatti, applicazione il principio, di cui all’art. 384 c.p.c., dell’efficacia preclusiva della sentenza di cassazione con rinvio, efficacia preclusiva che riguarda non solo le questioni oggetto di esame nel giudizio di legittimità, ma anche quelle che costituiscono il necessario presupposto della sentenza (Cass. n. 17353 del 2010).

L’effetto preclusivo dell’anzidetta questione emerge dall’esame della sentenza di cassazione (che la Corte ha il potere di compiere direttamente: Cass. 25 marzo 2005, n. 6461), che accoglie il ricorso e cassa con rinvio con riguardo alla domanda relativa al riconoscimento degli scatti di anzianità.

Peraltro, il ricorrente, nel censurare la ritenuta genericità della domanda da parte del Giudice di appello, pur deducendo che la domanda relativa agli scatti di merito era specificamente argomentata e richiesta nei precedenti giudizi "sia nel giudizio di 1^ grado che del giudizio di appello, che nel ricorso per cassazione", fa un sommario riferimento, e nel ricorso e nella memoria ex art. 378 c.p.c., al contenuto dell’atto di appello, ma non si sofferma su quanto avrebbe dedotto, sul punto, nel ricorso di cassazione deciso con la citata sentenza n. 8260 del 2003, assunta a parametro dell’illegittimità della sentenza della Corte d’Appello di Roma, non offrendo, così, elementi volti a suffragare che le censure sottoposte alla Corte ed il relativo decisum attenessero anche a tale profilo, anche con riguardo a quanto stabilito dall’art. 366 c.p.c., n. 6. 3. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

4. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro 10,00 per esborsi, Euro 2500,00 per onorario oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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